di Francesco Ninfole
Via al fondo volontario delle banche per salvare istituti in crisi. L’assemblea del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd) ha approvato ieri all’unanimità l’introduzione nello statuto dello schema volontario. È questo il primo passaggio necessario per dare una veste giuridica al nuovo fondo, che permetterà di andare oltre le obiezioni Ue in materia di aiuti di Stato.
Ora serve l’adesione formale delle banche, che dovrebbe essere ampia e non richiederà un versamento immediato di denaro. I contributi saranno invece ex post, nel caso si verificasse una nuova crisi bancaria (dopo quelle di Banca Marche, Etruria, Carife e Carichieti, che hanno esaurito le risorse del fondo di risoluzione versate dalle banche per quest’anno e per i prossimi tre). Il tetto massimo dell’impegno, secondo lo statuto, è di 500 milioni. Il fondo volontario avrà un consiglio di gestione separato rispetto al Fitd: sarà composto da 11 membri, di cui 6 di provenienza bancaria, 4 dalle associazioni di categoria e uno dal Fitd.
La possibilità di istituire meccanismi volontari, assieme a quello obbligatorio del Fitd, sarà messa nero su bianco anche dal decreto legislativo che attuerà la direttiva Ue sui sistemi di garanzia dei depositi (2014/49), in arrivo prima di fine anno. Il decreto introdurrà nella legislazione italiana anche la facoltà per i fondi obbligatori di interventi preventivi e alternativi, diversi dalla semplice garanzia dei depositi: così di fatto la normativa italiana ed europea consentiranno (secondo l’articolo 11, comma 3, della direttiva Dgs) quello che la Commissione Ue impedisce applicando un’interpretazione restrittiva delle norme sugli aiuti di Stato. Un paradosso che non dà certezza normativa: osservatori fanno notare che sarebbe utile un pronunciamento di Bruxelles in forma scritta, assente nel caso delle quattro banche in dissesto. Per il momento l’unica strada praticabile, in caso di nuovi dissesti, sarebbe quella del fondo volontario, che però richiederebbe contributi aggiuntivi alle banche rispetto a quelli versati per il fondo di risoluzione e per quello sui depositi. Riguardo ai costi per quest’ultimo (0,8% dei depositi protetti, entro il 2024), in attesa del recepimento in Italia della direttiva, l’assemblea del Fitd ha deciso di far partire comunque i versamenti ex ante per il secondo semestre 2015. Le banche perciò accantoneranno quest’anno fondi per circa 225 milioni (i contributi annuali sono attorno ai 450 milioni). Alcuni istituti hanno già iniziato a farlo. Così si eviterà uno sforzo troppo gravoso nei prossimi anni, considerando che i contributi devono comunque essere tutti pagati entro il 2024.
Il fondo volontario sarà una protezione in più che gli istituti metteranno in piedi per le crisi bancarie. L’unico caso da sbrigare per il momento potrebbe essere quello di Tercas, come spiegato mercoledì alla Camera dal presidente del Fitd Salvatore Maccarone. Se la Commissione condannerà l’Italia per aiuti di Stato, il ministero delle Finanze chiederà alla banca la restituzione del denaro ricevuto al Fitd (circa 300 milioni), che lo girerà alle banche. Gli istituti poi però verserebbero quel denaro al fondo volontario, che lo girerebbe a Tercas. In sostanza, non cambierebbe nulla. Ma si sta lavorando perché nei vari passaggi sia garantita la neutralità contabile e fiscale. Per evitare nuove beffe da Bruxelles. (riproduzione riservata)