Meno art. 18 sui contratti a tutela crescente. Scompare, infatti, sui licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo oggettivo, mentre sopravvive limitatamente a specifici casi di licenziamento disciplinare che verranno individuati dalla legge, assieme alla conferma della disciplina di nullità per i licenziamenti discriminatori.
A prevederlo il ddl sul Jobs Act approvato ieri dalla camera che, tra l’altro, a distanza di 15 anni dalla loro estensione a ogni attività (professionale e manuale), ha in programma il «superamento» definitivo delle collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co. e lavoro a progetto). Intanto, i collaboratori conquisteranno il diritto pieno all’Aspi.
Le principali novità. Diverse le novità introdotte rispetto al testo originario di ddl. Quelle più significative concernono i principi di delega su ammortizzatori sociali, forme contrattuali flessibili, contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e pari opportunità. Sul capitolo ammortizzatori viene precisato che la cassa integrazione non sarà accessibile da parte delle imprese solamente nell’ipotesi di cessazione «definitiva» dell’attività aziendale (oppure di un ramo di essa). In merito ai rapporti di lavoro flessibili viene previsto, nell’ambito del riordino dei relativi contratti, il superamento delle collaborazioni coordinate e continuative. Che significa, in altre parole, l’abrogazione di co.co.co. e del lavoro a progetto. Per quanto riguarda i controlli a distanza sui lavoratori si specifica che la revisione di disciplina toccherà unicamente i controlli su impianti e strumenti di lavoro. Infine, in materia di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro viene prevista l’introduzione di congedi a favore delle donne inserite in percorsi di protezione relativi alla violenza di genere.
Addio art. 18. La novità di rilievo è certamente quella che riguarda le regole sui licenziamenti illegittimi, con la revisione del campo di applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970). Novità che si applicherà esclusivamente ai nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. La disciplina vigente, quindi, resterà immutata per i lavoratori già in forza alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione del ddl sul Jobs Act. Pertanto, sulle nuove assunzioni l’art. 18 si applicherà in una sola ipotesi: quella d’illegittimo licenziamento disciplinare, perché intimato in uno dei casi vietati dalla legge (casi che verranno individuati con apposito decreto). Per quanto piccolo, si tratta di un passo indietro rispetto alla prima versione del ddl delega scaturita dal maxiemendamento del governo (si veda ItaliaOggi dell’8 ottobre). Si evidenziava, infatti, un’originaria volontà di completa abrogazione dell’art. 18 che ora, invece, risulta ridimensionata. Nei dettagli, i principi di delega prevedono che l’art. 18 non si applicherà ai licenziamenti illegittimi per giusta causa e per giustificato motivo oggettivo, mentre resterà in vita nei casi specifici di licenziamento disciplinare illegittimi individuati per decreto. Nulla di nuovo per i licenziamenti discriminatori i quali, proprio perché nulli, presuppongono sempre e comunque la reintegrazione (infatti è come se il licenziamento non fosse mai esistito). In tabella è riportato un confronto tra regole vigenti e quelle future per il contratto a tutele crescenti.