di Anna Messia
Dal Vietnam alla Papua Nuova Guinea. Dall’Oman alla Bulgaria. Grazie all’intervento di Sace, l’assicuratore del credito che nel 2012 è passato dal Tesoro alla Cassa Depositi e Prestiti, le imprese italiane riescono ad aggiudicarsi forniture nei diversi Paesi del mondo. Una delle più importanti operazioni chiuse quest’anno da Sace ha riguardato, per esempio, la realizzazione di una raffineria e di un impianto petrolchimico greenfield in Vietnam, che nascerà a 200 chilometri a sud di Hanoi.
Un maxi progetto che vale complessivamente 9 miliardi di dollari, tecnologicamente all’avanguardia, che punta a ridurre la dipendenza energetica del Vietnam dall’estero. L’intervento di Sace è indispensabile per consentire alle imprese italiane, grandi ma anche pmi, di entrare a far parte di operazioni come queste. Lo schema, generalmente, è sempre lo stesso: il gruppo assicurativo guidato da Alessandro Castellano garantisce il finanziamento che le imprese costruttrici ottengono dalle banche, il più delle volte un pool di istituti internazionali. Nel caso del progetto vietnamita, per esempio, Sace ha garantito 200 milioni di euro di finanziamento. L’esistenza di una protezione assicurativa non solo consente ai costruttori (nel caso del Vietnam una joint venture tra le società energetiche giapponesi Idemitsu Kosan, Mitsui Chemicals e le compagnie petrolifere di Stato del Kuwait e del Vietnam) di avere un più facile accesso al finanziamento bancario, ma allo stesso tempo mette in sicurezza il pagamento delle forniture delle aziende italiane coinvolte nel progetto.
Con iniziative come quella del Vietnam, Sace ha dato sostegno alle imprese del Paese anche negli anni peggiori della crisi. Dal 2008 al 2013 la sola capogruppo ha garantito finanziamenti e assicurato transazioni a sostegno di export e investimenti (in gran parte a medio-lungo termine) per oltre 57 miliardi. Importo che lievita a 200 miliardi se vengono considerate anche le operazioni a breve termine, assicurate dalla controllata Sace Bt, o finanziate dalla società di factoring del gruppo, Sace Fct, nata nel 2010, che in quattro anni ha smobilizzato 6,5 miliardi a favore di imprese fornitrici della Pubblica amministrazione, contribuendo al pagamento dei debiti arretrati di quest’ultima. Anni difficili, in cui Sace ha visto anche lievitare i sinistri. Nei nove mesi di quest’anno sono stati pagati 278 milioni di euro, più dei 196 milioni di premi lordi incassati, a causa in particolare degli indennizzi corrisposti alle aziende italiane per esportazioni in Iran. E nel 2013 era stato raggiunto il picco dei 402 milioni di sinistri. Anche questa liquidità ovviamente ha consentito alle imprese italiane di attenuare gli effetti della crisi, mentre Sace, grazie alla sua solidità patrimoniale, è riuscita comunque a parare il colpo e a chiudere con un utile medio annuo di 400 milioni. Anzi, l’anno scorso ha anche pagato un maxi dividendo straordinario alla Cassa Depositi e Prestiti di 1 miliardo di euro.
Per contribuire alla crescita del sistema Italia Sace potrebbe poi avere presto un nuovo strumento a disposizione, previsto dal decreto competitività dello scorso giugno: la possibilità per le compagnie di assicurazione di concedere direttamente credito alle imprese. Il regolamento Ivass, l’authority assicurativa, pubblicato il mese scorso, ha stabilito le modalità di questo intervento (invogliando per esempio la cooperazione e la condivisione del rischio dell’assicurazione con un istituto bancario). Di fatto, però, Sace, nonostante sia una compagnia, non viene vigilata dall’Ivass (se non per la partecipata Sace Bt). Per cui quel regolamento non la riguarda direttamente, benché possa essere preso come un riferimento. Nodo che nei prossimi mesi dovrà essere sciolto, con Castellano che in passato non ha mancato di sottolineare l’urgenza dell’intervento per consentire all’Italia di competere ad armi pari con altri Paesi, come gli Stati Uniti. Nel 2008 il presidente Usa, Barack Obama, lanciò per esempio la National Export Initiative con l’obiettivo di raddoppiare export americano in pochi anni, dando a US Exim Bank (la Sace Usa) la possibilità di erogare finanziamenti diretti, e non solo di garantirli, come aveva fatto fino a quel momento, per compensare la scarsa capacità del canale bancario privato. Tra il 2009 e il 2012 US Exim Bank ha erogato oltre 20 miliardi di dollari di finanziamenti a medio-lungo termine destinati a clienti esteri per l’acquisto di beni made in Usa, oltre a una novantina di miliardi di garanzie. In ballo per Sace c’è poi anche la ridefinizione dei rapporti con lo Stato italiano, già oggi garante di ultima istanza. In pratica se l’assicuratore fallisse a prendersi carico operazioni sarebbe il ministero dell’Economia. Rapporti che vanno ora risistemati in una nuova convenzione in vista anche dell’annunciato processo di privatizzazione di Sace del governo. L’intenzione sarebbe di richiedere la riassicurazione dello Stato per le operazioni «non a mercato» realizzate da Sace. In pratica, se per un interesse del Paese, la compagnia fosse chiamata a garantire operazioni in settori o aree geografiche in cui ha già raggiunto un’esposizione elevata entrerebbe in gioco lo Stato Italiano, come riassicuratore. La firma è attesa a breve. (riproduzione riservata)