di Anna Messia
Quest’anno l’anticipo sul dividendo che Mediolanum pagherà ai suoi azionisti sarà di 15 centesimi, per un totale di 110 milioni. Il 50% in più di quanto pagato di questi tempi un anno fa, quando l’acconto era stato di 10 centesimi. E non perché il risultato dei nove mesi della banca della famiglia Doris sia stato più alto dello stesso periodo del 2013.
Anzi. L’utile netto consolidato del gruppo Mediolanum, nel periodo tra gennaio e settembre, è stato di 246,9 milioni, in flessione del 18% rispetto al settembre dell’anno scorso, risentendo in particolare dei forti investimenti del gruppo in nuove tecnologie, con una spesa stimata a fine anno di 80 milioni: «Vogliamo essere all’avanguardia», dice Massimo Doris, vicepresidente di Mediolanum e amministratore delegato di BancaMediolanum. La banca, però, si è resta conto di potersi permettere una politica dei dividendi più generosa alla luce della solidità patrimoniale dimostrata in questi mesi. «Il common ratio Tier 1 della banca è del 18,08%. Abbiamo spazio a sufficienza per aumentare la politica dei dividendi che, proprio per incrementare gli indicatori patrimoniali, era stata fissata al 50%», aggiunge. A oggi non sono stati ancora fissati nuovi ratio, ma «siamo decisi ad aumentare la cedola», continua Doris, che per quanto riguarda gli obiettivi di fine anno di Mediolanum dice che «sarà difficile battere il risultato dell’anno scorso quando l’ultimo trimestre era andato oltre le previsioni», e c’è da mettere in conto l’effetto volatilità delle commissioni di performance, che potrebbero far variare considerevolmente il risultato, in positivo ma anche in negativo.
Per quanto riguarda la raccolta netta, invece, che a fine ottobre si attestava a 3,3 miliardi, in crescita del 51% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, l’asticella per dicembre è stata fissata a 4 miliardi, che rappresenterebbero una crescita di oltre il 20%% rispetto ai 3,3 miliardi di raccolta netta raggiunta l’anno scorso. Per quanto riguarda, invece, il riassetto azionario dopo che la Banca d’Italia ha imposto a Silvio Berlusconi la dismissione di circa il 20% del capitale, il patto di sindacato che lega oggi la famiglia Doris e l’ex premier sarà sciolto automaticamente appena Fininvest creerà il suo trust. E nel caso in cui, in seguito alla riorganizzazione, finissero sul mercato quote oggi in mano alla famiglia Berlusconi, Doris conferma la disponibilità a comprare, anche se «piccole quantità». (riproduzione riservata)