di Paola Valentini
«L’Italia è il posto preferito per gli stranieri dove andare a morire». L’affermazione di un private banker potrebbe in un futuro non troppo lontano non essere più vera. L’Italia oggi è un paradiso fiscale per le successioni (almeno per l’imposta presa a sé stante, non nell’ambito della fiscalità complessiva del contribuente assai più penalizzante che in altri Paesi), dal momento che le imposte pagate nelle eredità sono tra le più basse in Europa. Da più parti si è paventato un intervento sull’attuale regime previsto per le successioni e donazioni diretto a ridurre notevolmente, se non abolire, le attuali franchigie previste e ad innalzare contestualmente le aliquote corrispondenti (vedere tabella in pagina).
«Indipendentemente da come saranno realizzati gli interventi, è ragionevole ritenere che le misure incideranno maggiormente sui parenti in linea retta, vale a dire coloro che beneficiano maggiormente dell’attuale sistema impositivo», spiega Roberto Lenzi, senior partner dello studio legale Lenzi e Associati di Milano.
Questo possibile inasprimento pesa oggi come una spada di Damocle sulla testa di chi ha il problema della trasmissione del patrimonio familiare, come testimoniano alcuni studi professionali che confermano come questa situazione di incertezza sia molto sentita. Tanto che sono numerosi i soggetti che, nel cercare di anticipare questa possibile manovra, richiedono atti tra vivi in grado di presentare connotati di maggiore economicità rispetto alla tassazione che potrebbe un domani presentarsi di fronte all’evento morte. Tra le varie opzioni utilizzate, le più ricercate sono la donazione di quote societarie (prevalentemente nella formula della nuda proprietà con riserva di usufrutto), la donazione di denaro o strumenti finanziari e la donazione di immobili.
«Indubbiamente queste formule consentono oggi di potere contare su un sistema di aliquote e franchigie più favorevoli rispetto a quelle che da più parti si sono paventate. Addirittura è possibile, nella fattispecie della donazione di quote societarie, ricorrere all’opzione del meccanismo dell’affrancamento, opzione riaperta dal cosiddetto Disegno di legge sulla stabilità con affrancamento possibile dal 1° gennaio 2015 e con riferimento ai valori del 2014, che consente di rivalutare le partecipazioni con un aliquota del 2% o 4%, a seconda che si tratti di partecipazioni minoritarie o maggioritarie, e successivamente donarle consentendo al donatario di riceverle a un valore più alto. Si anticipa l’imposta di donazione, se dovuta, ma si trasmette il valore affrancato, riducendo l’incidenza fiscale in seguito a successiva rivendita», dice Lenzi. In caso di successione, invece, il valore di riferimento sarebbe quello riferito al patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio approvato. «Resta inteso che, in caso di donazione, occorrerà procedere a effettuare le perizie del caso, soprattutto in presenza di cespiti immobiliari, onde evitare possibili future contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria», spiega Lenzi.
Anche la formula della donazione, però, non è esente da rischi. «Particolare attenzione deve essere posta in presenza di case donate ma il principio vale anche per altri cespiti, in quanto sorgerebbero problemi laddove si volessero successivamente rivendere», spiega Lenzi. Un eventuale acquirente, del tutto estraneo alle vicende familiari del cedente (già donatario), «si potrebbe trovare coinvolto in azioni di restituzione da parte di altri eredi legittimari) che in un qualche modo possano vantare pretese ereditarie connesse alla quota di eredità loro spettante», sottolinea il legale. Infatti, qualora il patrimonio del donatario, in un contenzioso, non fosse sufficiente a soddisfare le loro ragioni, «il terzo acquirente potrebbe subire l’azione di restituzione dell’immobile già acquistato, sempre che non siano trascorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione e i legittimari non abbiano esperito un atto di opposizione alla donazione», afferma Lenzi. Ulteriori problemi, poi, potrebbero sorgere qualora si volesse accendere un mutuo si di un immobile donato, in considerazione del fatto che gli istituti di credito sono assai restii a concedere ipoteca per le ragioni sopra esposte. «Infine, occorre anche considerare che all’apertura della successione i beni oggetto di asse ereditario saranno non solo quelli presenti al momento dell’apertura delle successione stessa, ma anche quelli oggetto di donazione in vita. Pertanto, eventuali eredi legittimari che si ritenessero lesi nella loro quota di legittima potrebbero ricorrere all’azione di riduzione verso quei soggetti che avessero beneficiato delle attribuzioni lesive della quota di legittima», conclude Lenzi. (riproduzione riservata)