Stefania Aoi
Milano N ovemilacentonovanta. È questo il numero dei pedoni morti in Italia negli ultimi undici anni, dal 2001 al 2012. Un numero enorme di persone, equivalente ad appena il 14,4% delle vittime della strada. Uomini e donne, che in un terzo dei casi stavano soltanto attraversando la carreggiata sulle strisce. Tanti gli anziani e i bambini. Troppi incidenti, causati spesso dall’alta velocità, ma anche dalle condizioni delle strade, non di rado buie e prive di segnaletica. Dal 2001 a oggi molte cose sono cambiate. E il numero delle vittime si è dimezzato, passando da mille a 564 di due anni fa. Restiamo comunque ancora uno dei paesi in Europa col numero più alto di pedoni morti, preceduti solo da Polonia e Romania secondo l’ultimo rapporto Care pubblicato nel 2012. E oltre al danno c’è la beffa. Oltre alle ferite insanabili delle famiglie delle vittime, questi drammi sono anche un costo per la società. In Svizzera, i conti se li sono fatti e secondo il rapporto Sinus pubblicato lo scorso ottobre dall’ufficio prevenzione infortuni elvetico (Upi), nel 2013 gli incidenti stradali sono costati 4,2 miliardi di franchi (oltre tre miliardi di euro). Il fatto più sconvolgente sono i motivi che causano queste tragedie, che hanno tra le principali vittime gli anziani. Una è la velocità. «Bisognerebbe riuscire a moderarla nei centri urbani», scrive Sergio Dondolini, direttore generale per la sicurezza stradale del ministero delle Infrastrutture, sul libretto “Siamo tutti pedoni 2014”. Un’iniziativa voluta da varie associazioni tra cui i pensionati di Cgil, Cisl e Uil. Dalla velocità di un’auto può dipendere la vita o la morte del pedone, che se investito a 60 chilometri orari ha solo il 10% delle probabilità di salvarsi. A 30 chilometri invece il 90%. Ma non di sola velocità muore l’uomo. «È anche una questione di manutenzione dei passaggi pedonali, spesso privi di illuminazione sufficiente, tanto che molti incidenti si verificano di sera o di mattina presto proprio perché l’automobilista non vede la persona sulla carreggiata», afferma Giorgio Durin, direttore generale della Detas per l’Italia. Una società che fattura circa dieci milioni di euro, e che ha una divisione la DLeds, che si occupa proprio di progettare e realizzare illuminazione a Led per le strade. Realtà che ha lavorato in Inghilterra, in Norvegia e anche sulle strade italiane. «Qui da noi i Comuni non fanno ancora abbastanza — spiega Durin — Mentre è necessario illuminare i passaggi per rendere le persone visibili. Ora ci sono ad esempio sistemi molto efficaci, che aumentano l’intensità della luce quando un pedone attraversa, richiamando l’attenzione dell’automobilista». Illuminare un passaggio pedonale con i led, secondo DLeds costa circa 1500 euro ad attraversamento. E soprattutto nelle città, le spese per illuminare in modo appropriato i punti più frequentati che portano a ospedali o scuole, non sarebbero enormi. Tanto più che la vulnerabilità del pedone si manifesta soprattutto nei centri urbani. Qui il tasso medio di mortalità è pari a 15,3 morti l’anno per ogni milione di abitanti, contro una media nazionale di 9,8. Le amministrazioni comunali nei casi più urgenti a volte chiedono l’aiuto ai privati. La vulnerabilità del pedone si manifesta nelle città. Il tasso medio di mortalità è pari a 15,3 morti l’anno per milione