Nell’ultima versione della legge di Stabilità approvata dal Senato è prevista una sperimentazione sul reddito minimo garantito attraverso una stretta sul contributo di solidarietà per le pensioni d’oro. Torna in questo modo in primo piano il tema dell’equità tra generazioni, sollevato anche dall’ultimo rapporto Ocse sui sistemi pensionistici. C’è infatti una forte differenza tra gli assegni frutto del vecchio sistema retributivo e quelli a cui invece avranno diritto i lavoratori che hanno iniziato a versare contributi dopo il 1996, assegni determinati da un puro contributivo. Uno squilibrio che all’interno delle famiglie sta innescando una redistribuzione volontaria.
Sempre più spesso i nonni, in epoca di precarizzazione dei rapporti di lavoro e di deflagrazione del ricorso agli ammortizzatori sociali, aiutano anche in termini economici figli e nipoti. Il nonno rappresenta cioè di fatto il pater familias in senso economico e reddituale con la propria pensione. Anche il mondo della previdenza integrativa guarda con crescente attenzione, in una visione concreta e al contempo lungimirante, al possibile ruolo previdenziale dei nonni. Nell’ultima relazione annuale dell’Ania infatti vi è la proposta di estendere la possibilità di usufruire dei benefici fiscali anche nel caso in cui venga attivato un piano previdenziale per un nipote. Giova rammentare infatti che al momento la legislazione consente la deducibilità fiscale solo a beneficio dei familiari fiscalmente a carico che, secondo la nomenclatura del Testo Unito delle Imposte sui Redditi, sono (se non dispongono di un reddito proprio superiore a 2840,51 euro al lordo degli oneri deducibili): il coniuge non legalmente ed effettivamente separato; i figli, compresi quelli naturali riconosciuti, gli adottivi, gli affidati e affiliati; altri familiari (genitori, generi, nuore, suoceri, fratelli e sorelle), a condizione che siano conviventi o che ricevano dallo stesso un assegno alimentare non risultante da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Se l’idea venisse recepita in norma, potrebbe fornire un sensibile propellente allo sviluppo della previdenza complementare per le giovani generazioni, oggi ancora poco sviluppata. Secondo i dati contenuti nella relazione della Covip infatti soltanto il 18% dei lavoratori con meno di 35 anni è iscritto a una forma pensionistica complementare. Nel complesso l’età media degli aderenti è di 44,6 anni, rispetto ai 42 degli occupati. Il dato, comprensibile in considerazione della elevata disoccupazione e precarietà, risulta comunque allarmante alla luce della considerazione che la platea giovanile rientra nel metodo di calcolo contributivo. I vuoti contributivi dovuti alla precarietà, il forte rallentamento della economia, le retribuzioni mediamente più basse rispetto a quelle delle generazioni precedenti rischiano di produrre nel tempo livelli di copertura del sistema obbligatorio particolarmente ridotti. Sarebbe quindi necessario ancor più per i giovani accedere a strumenti di integrazione pensionistica. E proprio il nonno, al di là del mero significato economico della contribuzione, potrebbe interpretare un importantissimo ruolo educativo attraverso l’esempio. Come sottolineato infatti in un interessante Quaderno di previdenza comportamentale pubblicato dal Mefop, in cui si lancia l’idea innovativa di sviluppare l’educazione previdenziale attraverso il linguaggio delle favole, uno degli errori cognitivi spesso commesso dai giovani è quello del backward looking o aspettativa adattiva. Adattano cioè il proprio comportamento a quello delle generazioni precedenti senza sufficiente cognizione di causa. Ma la pensione dei genitori-nonni è stata calcolata con il metodo retributivo, quella dei figli-nipoti rientrerà invece nell’applicazione del contributivo con una forte esigenza di integrazione pensionistica. Per completezza di esposizione giova anche rammentare che nel sistema di previdenza pubblica il nipote può essere beneficiario della pensione di reversibilità del nonno, proprio a rimarcare la possibilità di un legame previdenziale intergenerazionale. La possibilità è logicamente circoscritta nella fattispecie; i nipoti, che la Corte Costituzionale ha equiparato ai figli legittimati includendoli tra i destinatari della pensione di reversibilità, devono avere età inferiore ai 18 anni ed essere a carico del dante causa, anche se non formalmente affidati ad esso. (riproduzione riservata)