Già oggi è un problema, ma da qui a qualche anno sarà vera emergenza nazionale. In Italia ci sono più di 4 milioni di persone non autosufficienti, ovvero il 7% della popolazione, e una famiglia su dieci ha al suo interno persone che hanno bisogno di aiuto per svolgere le funzioni essenziali della vita, come lavarsi o camminare.
Una situazione che pesa fortemente sui bilanci familiari, già messi a dura prova dalla crisi, considerando che il costo mensile del ricovero in una casa di cura si aggira sui 2-3 mila euro e richiedere assistenza qualificata a domicilio può costare anche 40 euro l’ora. Lo scenario è destinato tra l’altro a peggiorare considerando che, a causa dei trend demografici, in base alle previsioni dell’Istat, la quota di coloro che supererà i 65 anni passerà da circa il 20% di oggi a oltre il 30% nel 2040, e si stima che l’incidenza dei non autosufficienti salirà all’11%. «Tenendo conto che l’assistenza ai non autosufficienti non fa parte dei servizi garantiti dal Servizio sanitario nazionale, oltre alle famiglie esistono altre tre fonti di finanziamento o di fornitori di servizi», sostiene Andrea Poggi, partner di Deloitte, responsabile StrategyConsulting. «Si tratta della pubblica amministrazione, attraverso i fondi sanitari o quelli territoriali, degli enti no profit e del settore privato, in particolare delle assicurazioni».
Anche qui, però, c’è da considerare un trend per niente rassicurante, innescato dai tagli ai fondi statali. La pubblica amministrazione sta infatti drasticamente riducendo le risorse dedicate a questi problemi. Dal 2008 al 2012 il Fondo per le politiche sociali, per esempio, si è visto ridurre le risorse da 929 a 44,6 milioni e quello per la non autosufficienza addirittura da 300 milioni a zero. Le Regioni, poi, hanno fortemente ridotto le disponibilità, considerando la profonda crisi economica. Anche gli enti no profit stanno attraversando un momento difficile: «I quasi 5 mila enti non profit che operano nell’area dell’assistenza sociale e sanitaria sono stati messi a dura prova dall’eliminazione, prevista dal recente decreto Stabilità, della possibilità di optare per il regime Iva più favorevole tra l’esenzione e l’aliquota Iva agevolata al 4% per le prestazioni socio-sanitarie», aggiunge Poggi. Gli aggravi stimati ammontano addirittura a 500 milioni, forse troppo per un’area di servizio che si sostiene con le donazioni, già in contrazione a causa della crisi.
Non resta quindi che la strada dei fondi sanitari, che offrono coperture collettive, o delle polizze assicurative, che invece prevedono soluzioni individuali. Ma si tratta di un mercato che in Italia è ancora praticamente inesistente e tranne qualche eccezione, come nel caso dalla francese Axa che sta puntando molto sulla sua polizza Ltc (long term care), Mia Autonomia, registrando tassi superiori addirittura alle previsioni, le compagnie non sembrano puntarci molto.
In campo, in verità ci sono un po’ tutti i gruppi, come Allianz o Unisalute, la compagnia del gruppoUnipol specializzata nella sanità. Come pure le Poste Italiane che hanno iniziato a distribuire Posta Persona Sempre Presente che prevede per tutta la vita il pagamento di una rendita mensile di importo predeterminato, scelto dall’assicurato al momento della firma del contratto, tra un minimo di 500 euro e un massimo di 2.500 euro. Oltre a una somma a forfait una tantum pari a 5 mensilità di rendita. Ma secondo i dati di Italian Protection Monitor, elaborato da Emf group, le Long term care ammontano complessivamente a circa 35 milioni, in crescita del 9% rispetto al 2011. Insomma, i tassi di crescita sono interessanti, ma si tratta di briciole del mercato. «È una cifra irrisoria se paragonata ai 70 miliardi di raccolta Vita totale in Italia», aggiunge Poggi, «e siamo molto lontani dallo sviluppo di altri Paesi europei. In Francia, per esempio, i premi Ltc sono dieci volte maggiori che in Italia». Ma quanto costano queste polizze? Ovviamente prima si comincia ad accantonare e meno si paga, a parità di rendita prevista. Per assicurarsi una rendita mensile di mille euro in caso di non autosufficienza, l’importo di un premio mensile per un uomo di 36 anni che si rivolgesse alle Poste Italiane sarebbe per esempio di 28,04 euro. Questi prodotti hanno poi sventato all’ultimo minuto il rischio di vedersi cancellati i benefici fiscali dal governo, impegnato a reperire risorse finanziarie per l’abolizione della seconda rata dell’Imu. L’esecutivo inizialmente li aveva messi nel calderone delle polizze Vita colpite, salvo poi tornare sui suoi passi una volta accortosi che si tratta di prodotti che hanno una valenza sociale, che anzi avrebbero bisogno di incentivi più consistenti. Almeno per ora, quindi, tutto è rimasto come prima: la garanzia Ltc inserita all’interno dei fondi gode della possibilità, per l’assistito, di dedurre dal reddito i contributi versati, fino a un massimo di 3615,2 euro. E tra l’altro proprio la garanzia Ltc è una di quelle prestazioni che, se rappresenta almeno il 20% rispetto al totale del contributo, consente al fondo stesso di godere dei benefici. Mentre per le polizze c’è la detrazione Irpef del 19% dei premi versati, fino a 1.291 euro. (riproduzione riservata)