Nella precedente classificazione Istat Ateco 2002, le attività di riparazione e manutenzione e quelle di installazione di macchine ed apparecchiature industriali erano unite alle attività di fabbricazione dei corrispondenti beni.
La loro scissione, nella versione 2007, ha permesso non solo l’individuazione di un settore ben preciso
ma anche la possibilità di analizzare una serie di attività legate alla manutenzione, che nell’ultimo quinquennio 2008-2012, sono risultate più rischiose in termini di durata media e di grado medio di inabilità
permanente rispetto a quelle che nell’Ateco 2002 erano incorporate nei vari settori di fabbricazione (rispettivamente un giorno in più di assenza dal lavoro per inabilità temporanea e 1,5 gradi in più).
Anche in termini di rapporto di gravità, ossia il rapporto tra gli infortuni gravi (inabilità permanente e mortali) e il complesso degli infortuni indennizzati in occasione di lavoro, i dati dell’ultimo quinquennio
registrano un 7,0% per il nuovo settore della manutenzione contro il 5,8% dei settori della fabbricazione
Ateco 2002.
Sul versante infortunistico, la manutenzione è tutta al maschile (97%) e sviluppata principalmente al Nord (66%): il 17% degli infortuni indennizzati si concentra in Lombardia, il 14% in Emilia Romagna, il 10% sia in Liguria che in Veneto e il 9% in Piemonte.
La quasi totalità degli infortuni 2008-2012 (circa il 75%) coinvolge le mani (33%), le gambe (16%) la testa (15%), e la colonna vertebrale (10%), ed avviene per contusione (27%), ferita (26%), lussazione (22%) e frattura (14%).
I lavoratori, che si infortunano principalmente facendo dei gesti inopportuni, perdendo il controllo dell’oggetto lavorato, spostato e a causa di scivolamenti, entrano spesso in contatto con oggetti duri e abrasivi, cadono e sottopongono a sforzo fisico il sistema muscolo scheletrico.
Fonte: Dati INAIL