Il domicilio non è «luogo di lavoro» ai fini delle misure di sicurezza sul lavoro (T. u. approvato dal dlgs n. 81/2008); pertanto non rientra nella valutazione dei rischi. Ai lavoratori a domicilio, inoltre, il datore di lavoro deve fornire un’adeguata informazione e formazione, ma non quella specifica per primo soccorso e antincendio. Lo precisa la commissione per gli interpelli sulla sicurezza del lavoro nell’interpello n. 13/2013 del Consiglio nazionale degli ingegneri. Nell’interpello n. 11/2013 inoltre, in risposta a Federambiente, la commissione precisa che la formazione dei lavoratori, che ai sensi dell’accordo stato-regioni deve essere sufficiente e adeguata, va riferita all’effettiva mansione svolta dal lavoratore, per cui la durata del relativo corso può prescindere dal codice Ateco dell’azienda.
Interpello n. 13/2013. Con il primo interpello il consiglio nazionale degli ingegneri ha chiesto di sapere se per i lavoratori a domicilio, che risultano dipendenti di un’azienda, ma che hanno come luogo di lavoro la propria abitazione, il datore di lavoro debba fornire a proprie spese tutta l’informazione, la formazione e l’addestramento previsto dal T.u. sicurezza, in particolare la formazione prevista dagli accordi stato-regioni (21 dicembre 2011), nonché la formazione per addetto al primo soccorso e per addetto all’antincendio. Inoltre, ha chiesto di sapere anche se l’abitazione del lavoratore sia da considerarsi a tutti gli effetti un «luogo di lavoro» così come definito dal T.u. sicurezza e, pertanto, debba essere oggetto di valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro.
Il lavoro a domicilio, spiega la commissione, può essere svolto sia in forma subordinata sia in forma autonoma. Il primo caso si verifica quando il lavoratore è tenuto a osservare le direttive impartite dall’imprenditore circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti del lavoro che deve essere svolto; il vincolo di subordinazione, invece, non sussiste qualora il lavoratore a domicilio organizzi e conduca il lavoro in maniera autonoma. Dal punto di vista della tutela della sicurezza sul lavoro, aggiunge la commissione, il T.u. stabilisce che «ai lavoratori a domicilio e ai lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati, trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione». A tali lavoratori inoltre «devono essere forniti i necessari dispositivi protezione individuali in relazione alle effettive mansioni assegnate».
Alla luce di tanto, la commissione precisa che il datore di lavoro è tenuto a fornire un’adeguata informazione e formazione nel rispetto di quanto previsto dal citato accordo stato-regioni del 21 dicembre 2011 e non anche quella specifica per il primo soccorso e antincendio; e che il domicilio non è considerato luogo di lavoro, ai sensi della disciplina della sicurezza sul lavoro.
Interpello n. 11/2013. Con altro interpello la Federambiente ha chiesto di sapere se la durata e i contenuti della formazione dei lavoratori, prevista dall’accordo del 21 dicembre 2011, possano prescindere dall’appartenenza a uno specifico settore Ateco e possano essere tarati sull’effettiva condizione di rischio che si rileva, per ciascuna attività lavorativa, a valle del processo di valutazione. La risposta della commissione è affermativa: la formazione deve essere «sufficiente e adeguata» e riferita all’effettiva mansione svolta dal lavoratore, considerata in sede di valutazione dei rischi. Pertanto la durata del corso può prescindere dal codice Ateco di appartenenza dell’azienda e, di conseguenza, anche i relativi contenuti.