L’indagine 2012 del Premio Assiteca, si è concentrata su un tema di considerevole interesse che riguarda la salvaguardia del valore aziendale a seguito di un evento dannoso – che generalmente rientra nella più ampia nozione di Business Continuity Management – e si è posta l’obiettivo di indagare le strategie, le procedure e gli strumenti che le aziende italiane utilizzano per gestire i rischi derivanti dall’interruzione dell’attività aziendale.
Quanto emerso dai 213 questionari raccolti è una considerevole attenzione da parte delle aziende alle tematiche di gestione della continuità operativa.
Tra le principali minacce è interessante notare come un livello di rischio medio alto è stato attribuito alla possibilità di default di un partner esterno (es. fornitori, terzisti, etc.) (46%), di guasti agli impianti (45%), di default del sistema informatico (44%) e di interruzione dei trasporti (41%).
Tali rischi sono affrontati dalle imprese sia attraverso la definizione di azioni preventive, volte a mitigare gli eventuali danni, sia mediante la programmazione di azioni ex-post di ripristino dell’attività. Tipicamente, tali attività sembrano coinvolgere l’area Amministrazione e Finanza, di cui fa parte la maggioranza dei rispondenti all’indagine, mentre figure appositamente dedicate alla gestione dei rischi sono per lo più presenti nelle aziende di maggiori dimensioni.
In maggior dettaglio, l’analisi si è concentrata sulla capacità delle aziende di identificare e quantificare l’impatto di potenziali scenari di rischio sui processi chiave e sulla presenza di adeguati strumenti che formalizzino i programmi e le azioni rivolte alla gestione della continuità operativa in una prospettiva strategica.
In tal senso i principali risultati evidenziano che non sono molte le imprese che sviluppano dei supporti formali o dei processi strutturati di Business Continuity, specialmente tra le piccole e medie imprese. Ciò vale sia per la fase di identificazione e quantificazione degli scenari di rischio (Business Impact Analysis), sia per la fase di pianificazione delle attività (Business Continuity Planning).
Dai dati emerge comunque che i piani redatti sono generalmente completi prevedendo non solo procedure, ruoli e responsabilità, ma anche elementi come la politica di comunicazione da adottare durante la crisi e lo stanziamento di risorse economiche dedicate. In conclusione, i risultati sottolineano la crescente attenzione rivolta alle tematiche di Business Continuity da parte delle aziende italiane: per una parte di queste la consapevolezza della rilevanza di questi temi sembra essersi trasformata in processi e strumenti concreti di identificazione e quantificazione degli scenari di rischio e di pianificazione delle azioni di ripristino.
Tuttavia, è da sottolineare come l’interesse riscontrato, soprattutto per le imprese di minori dimensioni, rimanga spesso legato ad attività di supporto informali e destrutturate senza un reale approccio olistico alla gestione dei rischi di interruzione del business. I risultati completi dell’indagine e i casi di studio delle aziende vincitrici (finaliste ABB; Barilla G. e R. F.lli; Nestlè Italiana; Prysmian; SEAT Pagine Gialle; SKF Industrie; Vestas Nacelles Italia) saranno presentati nell’ambito del Top Management Forum 2012, che si terrà a Milano i prossimi 21 e 22 novembre e che vedrà quale guest speaker Don Tapscott – uno dei maggiori esperti al mondo in materia di innovazione, media e dell’impatto economico e sociale della tecnologia.