Roberto Sommella
Storia di una patrimoniale annunciata. Rispetto al 1992, quando Giuliano Amato prelevò retroattivamente dai depositi degli italiani il 6 per mille annunciando che i cittadini si sarebbero dovuti «mettere una mano sul cuore e una sul portafogli», salvo averli già alleggeriti, nel 2013 la manovra straordinaria sulle grandi ricchezze non arriverà inaspettata. Tutti l’attendono come un uragano inevitabile. Tributaristi, analisti finanziari e cittadini benestanti sono già stati messi in guardia. Prima è andato avanti il premier Mario Monti. Con la nota scaltrezza british ha gettato un sasso nello stagno del Fiscal park italiano dichiarando alla platea del Financial Times che una tassazione straordinaria sulle grandi rendite arriverà «solo quando ci sarà uno strumento adeguato che non faccia fuggire i capitali» (si tenga bene a mente questa battuta). Gli ha fatto subito eco Pierluigi Bersani, il principale candidato, se vincerà le primarie del Pd, a guidare una coalizione elettorale che lo porti a Palazzo Chigi. «Mi accontento della tracciabilità e della riduzione dell’uso del contante», ha annunciato il giovedì 15 novembre all’assise della Cna. «Mi accontento di una patrimoniale sui valori mobiliari e di quello che l’Agenzia delle entrate farà contro l’evasione tracciando i movimenti finanziari». Bersani ha il partito con sé. Rosy Bindi, persona molto lontana dalle posizioni oltranziste di Rifondazione Comunista che nel 2006 minacciò i ricconi italiani a colpi di manifesti, non ha dubbi. «Non siamo innamorati della patrimoniale, ma non capiamo in quale altro modo si possa sollevare famiglie e imprese da una pressione fiscale così», ha affermato il presidente cattolico del Pd, che potrebbe trovarsi di fianco colui che della patrimoniale ha fatto un credo e una cambiale da escutere: Nichi Vendola. Anche l’amico di Massimo D’Alema, il moderato Nicola Latorre, ammette: «Qualcosa su questo tema occorrerà fare». Insomma, se nel 2013 il centrosinistra vincerà le elezioni da solo, ma anche se dovesse costituire una componente fondamentale di un nuovo gabinetto Monti, la prima mossa sarà tassare i patrimoni. Lo declamano in pubblico i politici, lo ammettono in privato gli stessi tecnici avvicinati da MF-Milano Finanza. Il problema è capire tre cose: con quale strumento si rintracceranno i capitali da tassare, con quale aliquota verranno spremuti e quanto incasserà l’Erario. Inoltre occorrerà verificare se il gioco varrà la candela o contribuirà a far volare via decine di miliardi verso Svizzera o Germania, dove nel primo trimestre del 2012 sono finiti quasi 300 miliardi a causa dello spread. Difficile dirlo. Perché sulla carta, esclusa l’arma della tassazione immobiliare che ha colpito con l’Imu soprattutto le fasce medie della popolazione, i veri super-ricchi italiani riempirebbero a stento un palazzetto dello sport. Gli uomini di Attilio Befera e del ministero hanno già nomi e cognomi. Sono 2.336 gli italiani che dichiarano più di 1 milione di reddito complessivo. Per l’esattezza Dipartimento delle finanze, 1.768 dichiarano tra 1 e 2 milioni, 318 tra 2 e 3 milioni, 115 tra 3 e 4 milioni e 29 superano la soglia dei 10 milioni. Se la patrimoniale dovesse colpire solo costoro, magari con una tassazione alla Hollande, cioè del 75%, si racimolerebbero noccioline. Qualcuno nel centrosinistra si accontenterebbe anche di questo, come ha fatto, sbagliando, con la Tobin tax, copia mal riuscita della tassazione della speculazione adottata in Francia. Ma è da escludere che l’arma finale sia questa. La verità la racconta, inevitabilmente sotto anonimato, un dirigente dell’amministrazione fiscale. «Con il Redditest, il nuovo strumento per permettere ai contribuenti di calcolare se sono congrue le loro dichiarazioni dei redditi, abbiamo mandato un messaggio da ultima chiamata. Dopo», rivela a MF-Milano Finanza, «grazie all’archivio dei conti correnti appena approvato dal Garante della privacy, si passerà a fare sul serio e chi verrà convocato dovrà rispondere dei guadagni eventualmente sottratti al Fisco». Il passaggio cruciale è questo. Con il nuovo Grande Fratello del Fisco, che sarà operativo da gennaio, gli 007 delle Entrate potranno guardare nei conti correnti e in tutte le operazioni di movimentazione di 41 milioni di contribuenti («sa quanta gente preleva soldi al bancomat e li mette nelle cassette di sicurezza per i pagamenti in nero?», aggiunge ancora la fonte) e grazie a un algoritmo potranno «profilare» nominativi da inserire in una speciale black list di potenziali evasori. In quel momento verranno convocati e il discorso sarà brutale: lei ha dichiarato 1 milione ma ha movimenti per 3, dunque ci deve, con sanzioni e interessi, un altro milione. Prendere o lasciare, il messaggio sarà più o meno questo. E la mappatura della ricchezza finanziaria italiana, a esclusione ovviamente delle società offshore e di quei trust internazionali che non finiscono sotto la lente del Fisco (si veda altro articolo in pagina), sarà completa. Il super-cervellone messo a punto da Entrate e Sogei consegnerà al nuovo inquilino di Palazzo Chigi la mappa geografica dei 7 mila miliardi che Bankitalia annovera come reale tesoro custodito nei risparmi, mobiliari e immobiliari, degli italiani. Ecco perché Monti ha parlato di azione in due tempi: prima la costruzione dello strumento (l’archivio dei conti correnti), poi l’eventuale azione (patrimoniale). Non parlava a vanvera. C’è qualcuno poi, per rispondere ancora all’interrogativo su come effettuare il prelievo straordinario, che pensa anche a una botta «secca »» all’americana, dove le tasse evase vengono prelevate direttamente dai conti correnti. Altri invece preferiscono una soluzione all’italiana che possa, con una tassazione straordinaria, ridurre anche il debito pubblico. È il caso dell’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Nel suo manifesto delle tre L (Lista, Lavoro e Libertà per la Patria) ha inserito un capitolo che, c’è da scommetterci, resterà nascosto in qualche cassetto anche a Via XX Settembre. E magari verrà tirato fuori al momento opportuno, per esempio quando il prossimo governo dovrà cominciare a reperire i 45 miliardi necessari per rispettare il primo anno di applicazione del Fiscal compact. Il progetto si chiama «Compra-Italia»: offrire titoli pubblici esenti da ogni imposta presente e futura, particolarmente appetibili per gli imprenditori che non vogliono farsi tassare gli utili. Tremonti propone un’operazione volontaria, a qualcuno potrebbe venire in mente di trasformarla in forzosa. Perché i sacrifici, come ha detto il suo successore Vittorio Grilli a Class Cnbc (l’intervista è su milanofinanza.it), «sono importanti e inevitabili per avere un futuro migliore». Il problema è che non sono finiti. (riproduzione riservata)