di Raffaele Rovati
Nella notte di mercoledì i governi di Francia e Belgio hanno raggiunto l’accordo per quella che è solo l’ultima puntata del salvataggio infinito di Dexia. Parigi e Bruxelles, in questa tornata, inietteranno ulteriori 5,5 miliardi di euro nell’istituto che giusto un anno fa era satato salvato per la seconda volta. Ma secondo Karel De Boeck, chief executive di Dexia, l’incubo è tutt’altro che finito. Bisognerà infatti aspettare fino al 2099 per liquidare tutti gli asset tossici della banca franco-belga. Dichiarazione che è arrivata insieme all’annuncio di una perdita di 2,4 miliardi di euro nei primi nove mesi dell’anno. (
Pierre Moscovici, ministro francese delle Finanze, e il collega belga Steven Vanackere, hanno preso la decisione di ricapitalizzare di nuovo Dexia, ancora sprofondata nel rosso dopo la dismissione di diversi suoi asset in seguito al salvataggio resosi necessario dopo la crisi finanziaria legata ai mutui subprime. «Belgio e Francia si ono impegnate nel sottoscrivere a pieno questo aumento di capitale», ha spiegato Vanackere, che però anche sottolineato di non poter garantire che questa sarà l’iniezione finale di liquidità. Per ora questa andrà inserita negli obiettivi di deficit di bilancio dello Stato belga. Il nuovo piano, in dettaglio, prevede che siamo emesse nuove azioni privilegiate per Francia e Belgio in cambio della nuova iniezione, il che significa che i profitti che Dexia riuscirà a generare (anche se forse converrebbe usare il condizionale) ritornerebbero in parte ai due Stati coinvolti.
Questo nuovo bailout, notava il Financial Times, verosimilmente genererà polemiche. In primis perché, banalmente, metterà ulteriormente sotto pressione il bilancio di due Stati che già hanno molto da fare nella riduzione della loro spesa pubblica cercando al tempo stesso di rilanciare la crescita ecominca nel tentativo di reagire ai colpi inferti dalla crisi dei debiti sovrani nell’Eurozona.
Parigi e Bruxelles hanno intanto raggiunto anche l’accordo per la revisione dei pesi nelle garanzie sui prestiti di Dexia e nel limitare la loro esposizione da 90 a 85 miliardi di euro. Il Belgio coprirà il 51,4% di queste garanzie, contro il 60,5% in precedenza stipulato. Di conseguenza la Francia passerà dal 36,5% al 45,59% mentre il 3% resterà a carico del Lussemburgo. Questa nuova iniezione va comunque ancora approvata da parte della Commissione europea, che dovrà decidere se il piano di ricapitalizzazione sia compatibile con le normative Ue sugli aiuti di Stato. E giù passato ci sono state non poche tensioni tra l’istituto franco-belga e la Commissioene Ue sulla liceità del salvataggio. Lo spezzatino cui viene sottoposta Dexia fa parte delle condizioni per il suo secondo salvataggio. La dismissione di asset ha contribuito in gran parte alle perdite nette per 11,6 miliardi nel 2011 dopo la vendita a sconto di divisioni. Dexia ha ceduto la turca DenizBank a Sberbank in giugno per tre miliardi di euro. Una complessa partita che ha il suo impatto anche in Italia, con Dexia Crediop, ufficialmente in vendita da ormai tre anni. «Speriamo che negli incontri tra i rappresentanti di Dexia e la Commissione Ue emergano decisioni che facilitino una soluzione anche sul Crediop» ha dichiarato ieri il presidente Mario Sarcinelli. Che riguardo alle perdite del terzo trimestre del gruppo ha sottolineato come si continui «a pagare costi di scelte fatte negli anni passati». «Noi non siamo implicati nella gestione del gruppo che ci dà un minimo di assistenza», ha concluso Sarcinelli.