La recente revisione del software messo a punto da Risk Management Solutions per la previsione degli uragani negli Stati Uniti ha messo in discussione l’uso, ritenuto da molti eccessivo, dei modelli predittivi nell’ambito delle scelte assicurative operate dalle compagnie.
Nonostante tali software siano un valido strumento per dirigere le scelte degli assicuratori, questi non possono essere visti come l’unica fonte di analisi del rischio, avvertono gli esperti. L’aggiornamento di RiskLink V11 U.S. Hurricane Model, il software di analisi degli uragani negli Stati Uniti realizzato da RMS, ha scosso i mercati assicurativi in quanto ha rivisto radicalmente l’esposizione del Paese a questi fenomeni. Fra i cambiamenti adottati figurano la velocità dei venti nell’entroterra, l’aumento della vulnerabilità degli edifici, l’aggiornamento dei materiali e dei dati relativi alla costruzione dei fabbricati.
Un assicuratore primario che sottoscriva polizze property contro i danni da catastrofe naturale nella regione medio atlantica potrebbe vedere le stime delle perdite massime aumentare del 150-200% in seguito all’aggiornamento del software, segnala John DeMartini, responsabile della divisione catastrophe risk management di Towers Watson & Co.
“Queste compagnie verranno schiacciate dalle modifiche al modello predittivo”, ha detto DeMartini. “Spesso dipendono troppo dai modelli, e troppo spesso si affidano solamente ad un modello”.
RMS 11.0, lanciato lo scorso febbraio, è il quarto modello predittivo realizzato dal 2003. RMS aggiorna i suoi software ogni cinque, sei anni, ha aggiunto Robert Muir-Wood, responsabile del reparto di ricerca di RMS, con sede a Londra.
Bill Kennedy, ceo della divisione di analisi e consulenza globale di Guy Carpenter & Co. L.L.C. di New York, suggerisce ai propri clienti di adottare un approccio flessibile, che quindi tenga conto dei limiti dei modelli predittivi. “La nostra opinione è che i software predittivi esercitino anche troppa influenza sul mercato”, ha detto Kennedy.
Anche se gli elementi che vanno a comporre i modelli predittivi sono complessi, i software sono strumenti che forniscono stime, ha aggiunto Jayanta Guin, vicepresidente presso AIR Worldwide Corp., a Boston. “Gli utenti dei software devono fare anch’essi le analisi di due diligence sui modelli utilizzati e verificare quali siano gli elementi che vanno a comporre quel determinato modello”, ha detto Guin. “Le compagnie devono, per quanto possibile, appropriarsi dei modelli che utilizzano”.
Tom Larsen, architetto presso EQECAT Inc., sostiene che i modelli non siano una risposta assoluta all’analisi del rischio. “Ricordiamo sempre ai nostri clienti che i modelli realizzati a computer sono un strumento che permette alle compagnie di prendere decisioni informate, ma non possono sostituirsi interamente al processo decisionale”.
Swiss Re, ad esempio, utilizza dei modelli personalizzati. “Noi abbiamo sviluppato i nostri modelli interni”, ha detto Andrew Castaldi, responsabile della divisione catastrofi per le Americhe del riassicuratore elvetico. “Abbiamo sempre ritenuto che i modelli disponibili sul mercato non fossero accurati nella stima di determinate perdite”.
Di conseguenza, Swiss Re ha sviluppato un modello sulla base degli studi effettuati da una task force internazionale di oltre cinquanta individui, fra cui scienziati, ingegneri, matematici e studiosi di statistica.
Nonostante i modelli predittivi considerino una vasta quantità di informazioni, ci sono elementi a disposizione dell’assicuratore che tuttavia non sono accessibili ai software. Pertanto “è importante che i modelli non vengano usati in un contesto vuoto”, ha aggiutno Carl Hedde, vicepresidente e responsabile dell’accumulazione dei rischi presso Munich Reinsurance America. “Occorre testare la validità dei modelli e dei suoi componenti scientifici e non dimenticare che la capacità di giudizio è un elemento essenziale delle scelte prese in materia assicurativa”.
Fonte: Business Insurance