Di Simona Cornaggia
L’universo del gestito tricolore è letteralmente in ginocchio. A settembre il sistema ha perso ben 6 miliardi di euro e da inizio anno il buco si allarga a 14,4 miliardi, se si sommano fondi e gestioni di portafogli. E sempre da inizio anno i soli fondi di diritto italiano hanno accusato riscatti per 20,8 miliardi, mentre quelli di diritto estero hanno resistito ai colpi della crisi mantenendosi in terreno positivo per 7 miliardi. Ma se l’intero sistema piange lacrime amare, il microcosmo delle reti di promotori è riuscito a tenere la barra abbastanza dritta. Da inizio anno la raccolta netta complessiva (risparmio gestito e amministrato) delle imprese aderenti ad Assoreti è stata pari a 7,8 miliardi (di cui 3,1 appannaggio del gestito), con la sola pecca del mese di settembre, in cui il gestito è andato in negativo per 452 milioni (+160 ad agosto). Come si spiega questa disparità tra un sistema dominato dalle banche e il più ristretto mondo delle reti di promotori finanziari? «I trend di raccolta non credo andranno a modificarsi a breve – sostiene Marco Tofanelli, segretario generale di Assoreti – Le banche tradizionali svolgono un mestiere fondamentale: erogare mezzi al sistema Paese. La raccolta bancaria è quindi concentrata su questo meritevole scopo ma, in tale contesto, assume rilievo fondamentale il costo del denaro, il funding finalizzato all’erogazione e, quindi, lo spread tra le due attività in cui consiste, per la parte fondamentale, la complessiva attività bancaria. In questo periodo congiunturale – aggiunge Tofanelli – la raccolta bancaria, per i noti motivi, si indirizza a quella diretta. È corretto che avvenga così, è necessario alla luce dei costi del denaro, della scarsa liquidità, degli obblighi di patrimonio». E le reti di promotori invece? «Le banche reti svolgono un mestiere diverso – risponde Tofanelli – La raccolta infatti è raccolta di risparmio finalizzato alla valorizzazione del portafoglio del cliente che fornisce le disponibilità. In questo contesto non c’è un problema di costo, ma solo di adeguatezza di un prodotto al profilo del cliente, e quindi la raccolta, in realtà la prestazione del servizio di consulenza, ben può indirizzarsi anche verso le forme di raccolta indiretta, ossia i fondi. E i fondi – prosegue – sono prodotti che non vanno peggio di altri e che offrono ancora oggi una buona diversificazione del portafoglio». Secondo Tofanelli sono queste le motivazioni per cui, a fronte di consistenti riscatti del sistema bancario tradizionale anche nei primi nove mesi del 2011 (flussi di denaro convogliati verso le obbligazioni dirette), le reti hanno una raccolta positiva di quasi 4 miliardi in fondi, «nonostante il mese di settembre abbia segnato un dato di raccolta negativa per 384,5 milioni». A settembre comunque le reti rappresentano circa il 31% del patrimonio complessivo dei fondi, a fronte di un 30% nello stesso periodo dello scorso anno, «nonostante una contrazione degli stock dovuta all’andamento dei mercati e che ha portato il patrimonio in fondi nello stesso periodo da 137 a 132 miliardi di euro (collocamento diretto e indiretto, ndr). In definitiva – conclude Tofanelli – se guardiamo all’attività di raccolta dalla parte del cliente, ossia se riconosciamo che la raccomandazione di un prodotto è funzionale al miglior interesse del cliente, non si può a mio avviso non riconoscere che le reti hanno e avranno sempre più un ruolo fondamentale nello svolgimento del servizio di consulenza, che tenderà a divenire un’attività sempre più specialistica».