Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
Indirizzo di residenza, indirizzo di posta elettronica, numero di telefono, numero di carta di credito, password. Tutti dati personali sensibili che circolano sempre di più sul dark web, ossia tutti i siti internet nascosti, pronti per essere rubati e usati dai cyber criminali per mettere a segno frodi. Nel primo semestre 2024 è aumentata, infatti, l’esposizione di nuovi dati in circolazione. A livello globale, la crescita è stata del 10%, rispetto al semestre precedente. Il numero degli alert inviati relativi all’esposizione di dati sul dark web è aumentato a quota 978.957. È quanto emerge dall’Osservatorio Cyber di Crif
Imprese di grandi dimensioni e Pmi quotate devono dotarsi della figura del “responsabile della sostenibilità”, incaricato di guidare le aziende nella transizione verso modelli di business sostenibili e resilienti. È uno degli effetti del decreto legislativo 125/2024, con cui il governo italiano, recependo la direttiva europea sulla rendicontazione di sostenibilità, delinea un percorso obbligato per le imprese verso una maggiore trasparenza ambientale, sociale e di governance (Esg). Questa nuova normativa non è solo un passaggio formale, ma un cambiamento radicale nella governance delle aziende italiane.
Dal 1° gennaio prossimo le pensioni degli avvocati saranno erogate con il sistema di calcolo contributivo “pro rata”. Agli attuali iscritti alla Cassa forense il trattamento verrà calcolato con il metodo misto, ovvero retributivo fino al 31 dicembre 2024 e successivamente in base a quanto effettivamente versato. Pertanto agli avvocati che si iscriveranno dal 1 gennaio 2025, la pensione sarà calcolata esclusivamente in base a quanto versato (si veda ItaliaOggi del 3/10/2024).
Quanto costerà alle imprese l’obbligo di assicurarsi contro le catastrofi naturali che diverrà operativo dal gennaio 2025? Meno o più di quanto finora è stato pagato dalle società che hanno chiesto queste coperture? Gli occhi sono per ora tutti puntati sul decreto attuativo della legge sulle assicurazioni catastrofali in dirittura d’arrivo ai ministeri dell’Economia e delle Imprese. L’obbligo per le aziende industriali scatterà dal primo gennaio del 2025 ma già ora stanno emergendo alcuni nodi da sciogliere. Li ha segnalati l’Ivass, l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni, tramite Riccardo Cesari, l’autorevole membro del cda dell’istituto, in un convegno del 27 settembre scorso a Assiprovider (Unione industriali di Torino). L’Ivass collabora con i ministeri per la definizione delle norme attuative, ma ora la “penna” per la scrittura definitiva del provvedimento è in mano a questi ultimi, in particolare ai direttori generali Roberto Ciciani (Mef) e Gianfrancesco Romeo (Mimit).
Forti piogge e temporali in arrivo sui bilanci delle banche, con la possibilità di tempeste. Se la distruzione della natura e degli ecosistemi presenta un costo ambientale enorme, gli oneri finanziari appaiono altrettanto pesanti. Non soltanto per lo Stato, spesso chiamato a intervenire, e per il settore assicurativo, che proprio in questa fase si trova a fronteggiare l’obbligo delle polizze catastrofali alle imprese, ma anche per il comparto del credito. Si pensi ai danni provocati da un’alluvione o da una frana alle abitazioni acquistate dalle famiglie tramite un mutuo o, ancora, alla sede produttiva di un’azienda indebitata con le banche.
Come si approcciano le imprese italiane allo scenario con il quale si trovano – volenti o nolenti – a fare i conti? Non benissimo, a giudicare dai risultati dellostudio“Risk Management& Governance: lo stato dell’arte delle imprese italiane”, realizzato da PwC Italia in collaborazionecon Nedcommunitysu un campione di aziende non operanti nel settore finanziario. Emerge, infatti, che solo il 58% delle imprese tricolore si è dotata al proprio interno di una funzione di risk management. Questo sebbene l’esperienza degli ultimi anni abbia dimostrato che le realtà economiche più capaci di crescere in modo sostenibile sono non tanto quelle che si mostrano in grado di cavalcare il trenddel momento, piuttostole imprese capaci di adattarsi ai continui cambiamenti. Il che dovrebbe portare a un capovolgimento di prospettiva, con ilrisk management da vedere non tanto in ottica di riduzione dei pericoli, quanto di creazione di opportunità. Ad esempio, essere conformi ai requisiti legali e normativi pertinenti e alle norme internazionali permette di evitare contenziosi che assorbono denaro ed energie. Mettere a punto dei piani per gestire i venti contrari consente di adottare scelte razionali e non impulsive. Migliorare il processo decisionale e la pianificazione, nonché la gestione dei controlli aiuta ad aumentare la marginalità.
In origine utilizzate soprattutto nel Sudest asiatico e in Africa, in particolare per offrire alle aziende agricole strumenti finanziari per ridurre i rischi legati alle condizioni atmosferiche avverse, negli ultimi anni le polizze parametriche si sono fatte strada anche in altre aree del mondo. Un report di Allied Market Research evidenzia un trend di crescita a livello globale, con il settore che dovrebbe passare dai 18 miliardi di dollari generati nel 2023 ai 34,4 miliardi entro il 2033 (dai 18 miliardi del 2023), con un tasso di incremento annuo del 6,6%. Un paper congiunto realizzato da Generali e dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Undp), intitolato “L’assicurazione parametrica per costruire la resilienza finanziaria”, approfondisce le potenzialità di questo strumento per aiutare imprese, Governi e comunità a prepararsi finanziariamente nei confronti di rischi naturali sempre più frequenti e gravi come siccità, caldo estremo, cicloni tropicali, altezza delle onde, terremoti e altri eventi shock.
Secondo gli ultimi dati aggiornati di Covip, la Commissione che vigila sulle forme di previdenza integrativa, siamo ormai vicini alla soglia di 10 milioni di iscritti. A fine del giugno erano 9,79 milioni. Le posizioni aperte però risultavano essere molte di più: sfioravano gli 11 milioni, cresciute del 2,3% rispetto a fine 2023. Dall’esame degli ultimi dati Covip, emergono ancora più chiari due fenomeni sociali e culturali dei quali è opportuno occuparci. «Il primo è quello della partecipazione femminile — precisa Balzani — le donne erano alla fine dello scorso anno solo il 38,3% degli iscritti. Con differenze importanti. Nei fondi negoziali e chiusi, cioè legati ai contratti di lavoro, erano appena il 27,3%, a causa della ridotta occupazione femminile. Percentuale che saliva al 42,6 nei fondi aperti e al 46,6 nei considdetti Pip, prodotti assicurativi. Non si può dire che l’universo femminile non esprima, con queste ultime due scelte, una sua preoccupazione, non segnali una condizione di disagio. Il secondo aspetto è relativo alla scarsità dei giovani. La previdenza integrativa non è solo prettamente maschile ma anche, paradossalmente, troppo anziana. Il 47,8% degli iscritti ha un’età compresa tra 35 e i 54 anni. Sotto i 35 c’è solo il 19,3%. Cioè mancano quelli che ne avrebbero più bisogno».
A sorpresa, infatti, l’Italia figura tra i Paesi più colpiti dai cyberattacchi nel settore dell’istruzione. Lo indicano i dati di Check Point Research rilevati tra gennaio e luglio scorso. Le nostre strutture scolastiche, dalle primarie all’università, sono posizionate al terzo posto nel mondo con una media di 4 mila 730 attacchi settimanali, in aumento del 53,2% rispetto alla media mondiale e del 40% dall’anno precedente. Secondo la ricerca è proprio il settore education a essere preso di mira dai pirati informatici, un comparto che registra nel mondo la media di 3 mila 86 attacchi settimanali: ben superiore ai 2 mila 54 dei comparti governativi e ai 1.936 del settore salute. L’India si trova al primo posto in fatto di vulnerabilità via Internet del sistema scolastico, con 6 mila 874 attacchi settimanali (+97% in un anno). Il primo Paese per popolazione (1,4 miliardi di persone), che ha superato la Cina, conta in totale oltre 800 mila scuole. La maggior parte segue una didattica online, dunque un pubblico altamente vulnerabile.
Il 95% dei Comuni italiani è a rischio frana, alluvione o erosione costiera e il 40% delle case, secondo l’Ania, è situato in zona a rischio sismico medio o elevato. Il conto è presto fatto: sull’80% delle abitazioni civili italiane – come riporta una recente pubblicazione dell’associazione nazionale delle imprese assicuratrici – pende una spada di Damocle. Nonostante il pericolo, nel Belpaese le polizze a copertura dei danni causati da catastrofi naturali ed eventi atmosferici sono ancora poco diffuse. Anche considerando il recente incremento di interesse, solo il 6% delle abitazioni italiane è coperto contro i rischi catastrofici e solo il 5% delle imprese ha una polizza di questo tipo. Eiopa, l’autorità europea di vigilanza su assicurazioni e fondi pensione, ha di recente misurato il “protection gap” (rapporto tra esposizione al rischio e grado di copertura assicurativa) posizionando l’Italia, assieme alla Grecia, in cima alla classifica per mancata copertura: valutando tutti i principali cataclismi naturali che minacciano l’Europa (alluvioni, maremoti, terremoti, incendi e tempeste), l’ammontare assicurato risulta appena un dodicesimo del rischio.
Dopo un iter durato sei anni, il 21 dicembre 2023 il Governo Meloni ha approvato con il decreto n. 434 il Piano Nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc). Quasi un anno dopo, il Piano con cui l’Italia dovrebbe affrontare in modo omnicomprensivo gli impatti dei cambiamenti climatici è ancora su carta e non c’è una mappatura delle risorse. Non perché in questi mesi si sia rimasti immobili, o non si siano destinati fondi alla messa in sicurezza, ma perché manca una visione d’insieme.
Una fotografia che invece sgombera il campo da qualunque ambiguità e che rafforza questa mappa è quella che scatta il Rapporto Periodico sul Rischio posto alla Popolazione italiana da Frane e Inondazioni – Primo Semestre 2024, realizzato dall’Irpi-Cnr, quando riepiloga che tra il 1973 e il 2022 i morti sono stati 1616, i dispersi 40, i feriti 1.867 e gli sfollati 334.245. Se poi si considera il periodo compreso tra il 2019 e il 2022, gli sfollati sono stati 55.917 (91 i morti e 139 feriti). E più di recente da gennaio a luglio di quest’anno le persone allontanate dalla propria abitazione sono state 655 (sette i morti, cinque i feriti).
Da Vercelli a Isernia, la crisi della biodiversità in Italia viaggia a due velocità. Da un lato il capoluogo piemontese, dove l’indicatore che stima l’abbondanza media di specie viventi in base al tipo di utilizzo del suolo (Msa Land Use) si ferma sotto 0.3. Dall’altro il capoluogo molisano dove lo stesso parametro, elaborato su dati satellitari e protocolli certificati dall’Agenzia spaziale europea, supera 0.9. Una forbice che impatta in modo differente sul suolo italiano, con importanti conseguenze in caso di eventi climatici estremi.