La seconda edizione dell’indagine Coface sul comportamento di pagamento mostra un allungamento dei tempi medi di pagamento: l’85% delle imprese in Francia ha registrato ritardi di pagamento, e la maggior parte di queste segnala che sono più lunghi e numerosi rispetto al 2023. Il deterioramento dei comportamenti di pagamento provoca un ulteriore aumento delle insolvenze, attestate ora su livelli molto più alti rispetto al 2019 e al 2023.

Nel 2024, come l’anno scorso, la concessione di termini di pagamento è una prassi diffusa in Francia: il 97% delle imprese intervistate concede termini di pagamento ai propri clienti, indipendentemente dal settore o dalle dimensioni dell’azienda. Questa percentuale è superiore al 90% in tutti i settori. Il termine medio di pagamento è aumentato: ora è di 51 giorni, rispetto ai 48,2 giorni dell’anno scorso, e resta decisamente più lungo dei termini concessi in Germania (32 giorni) e in Polonia (42 giorni), pur rimanendo ben al di sotto di quelli registrati in Cina (70 giorni) e nel resto dell’Asia (64 giorni).

Anche il 95% delle microimprese – relativamente meno propense ad accordare dilazioni – concede termini di pagamento, segno che la pratica è ampiamente consolidata. Tuttavia, stabiliscono termini di pagamento più brevi, con il 40% che offre termini inferiori a un mese (a fronte di meno del 20% per le aziende più grandi).

La situazione continua a peggiorare

L’85% delle imprese intervistate ha registrato ritardi di pagamento nel 2024, contro l’82% del 2023. Questi ritardi sono più frequenti rispetto a Germania (78% delle aziende), Polonia (49%), Cina (62%) e al resto dell’Asia (60%), dove – come lo scorso anno – i termini di pagamento concessi sono più lunghi ma i ritardi meno frequenti.

La maggior parte delle imprese oggetto dell’indagine afferma che i ritardi di pagamento sono più frequenti rispetto all’anno precedente: l’89% delle PMI dichiara di aver registrato ritardi (contro l’88% del 2023). Questa percentuale è molto alta anche per le imprese di maggiori dimensioni e per le microimprese, rispettivamente l’84% e l’80%, rispetto al 78% dello scorso anno.

La dimensione delle imprese resta un fattore determinante nella durata dei ritardi. Il 73% delle microimprese ha registrato un prolungamento dei ritardi, contro il 55% delle medie e delle grandi. Mentre la maggior parte delle imprese dichiara ritardi nei pagamenti inferiori a 30 giorni, il 46% segnala dilazioni superiori a un mese.

Sebbene nessun settore venga risparmiato, nel 2024 risultano particolarmente colpiti automotive, energia, farmaceutica, agroalimentare, servizi finanziari e costruzioni, con oltre il 25% delle imprese che dichiara ritardi superiori a due mesi.

Tra le imprese che dichiarano ritardi di pagamento, il 40% li attribuisce alle difficoltà finanziarie dei propri clienti, più che a problemi organizzativi (27%) egestione dei flussi di liquidità senza difficoltà finanziarie (20%).

Insolvenze d’impresa nettamente superiori al livello pre-COVID

Dopo aver mantenuto livelli particolarmente bassi fino alla metà del 2022, il numero di insolvenze d’impresa è aumentato rapidamente nel 2023, per attestarsi nettamente al di sopra dei livelli pre-COVID nella prima metà del 2024. Nei primi 7 mesi dell’anno sono state registrate 39.506 insolvenze, in aumento del 23% rispetto al 2023 e del 26% rispetto al 2019.

Questa dinamica interessa tutti i settori e le imprese di qualsiasi dimensione. Le imprese con fatturato inferiore a 250.000 euro sono le più colpite e rappresentano l’87% delle insolvenze.

La persistente pressione sui margini e sulla liquidità dovrebbe mantenere le insolvenze a un livello elevato nella seconda metà del 2024 e (almeno) nella prima parte del 2025.

Prospettive economiche in peggioramento e rischi molteplici

Come l’anno scorso, le prospettive negative del comportamento di pagamento dei clienti sono in linea con aspettative economiche relativamente pessimistiche. A prescindere dalle loro dimensioni, le imprese intervistate prevedono perlopiù un deterioramento dell’attività, o al massimo una relativa stabilità, sia in Francia che nel mondo.

Questo orientamento è comune alle imprese di qualsiasi dimensione, ma quelle esportatrici sono più ottimiste, in un ambito di relativa ripresa del commercio mondiale. Le prospettive sono più sfumate sulla liquidità, in un contesto in cui i costi di finanziamento e, in misura minore, i costi salariali restano elevati, mentre varie aziende dovranno continuare a ripagare i prestiti garantiti dallo Stato francese (PGE).

Anche se i principali rischi citati dalle aziende – ovvero le difficoltà di reperire personale, il costo delle materie prime e il rallentamento della domanda globale – rimangono sostanzialmente invariati rispetto allo scorso anno, emerge tra tutti un rischio: il contesto politico e sociale in Francia, segnalato dal 37% delle aziende.

“L’indagine evidenzia una tendenza negativa per la Francia, con ritardi di pagamento che si allungano e si intensificano, alimentando un’impennata delle insolvenze che supera i livelli pre-Covid” ha commentato Ernesto de Martinis, CEO di Coface per la Regione Africa e Mediterraneo.Nonostante il comportamento di pagamento si sia rivelato in linea con le aspettative economiche delle aziende, le prospettive rimangono pessimistiche, mettendo a dura prova la resilienza del tessuto imprenditoriale francese.”