Poche settimane dopo il Rendez-Vous de Septembre (RVS), tenutosi a Montecarlo in settembre, gli operatori del settore riassicurativo e assicurativo di tutto il mondo si riuniranno nuovamente a Baden-Baden dal 22 al 26 ottobre per definire il rinnovo dei contratti di riassicurazione il 1° gennaio 2024.
Dopo il caos e il ritardo storico che hanno caratterizzato la campagna 2023, il rinnovo dei trattati di riassicurazione il 1° gennaio 2024 promette di essere più ordinato e, soprattutto, molto più anticipato. Sono stati apportati adeguamenti permanenti sia ai prezzi che alle condizioni. Il rinnovo è ora un processo continuo, che prevede un dialogo con gli assicuratori durante tutto l’anno, in modo da avere una migliore comprensione dei rischi e della loro evoluzione, per poter mantenere la partnership a lungo termine, ma anche per poter anticipare e mettere in atto alternative quando necessario.
La guerra tra Hamas e Israele cambierà la situazione da qui al 1° gennaio? È ancora presto per dirlo. A meno che non si verifichi un evento importante da qui alla fine dell’anno.
A Monte Carlo i riassicuratori avevano già evidenziato cinque aree di preoccupazione.
1. Riassicurazione in cerca di capitale
I riassicuratori sperano di beneficiare di un contesto riassicurativo più favorevole rispetto agli anni precedenti, grazie a un aumento generale dei tassi sull’intero portafoglio rischi. Tuttavia, come sottolinea Apref (l’Association des professionnels de la réassurance en France), i combined ratio dei riassicuratori sono ancora intorno al 100% quest’anno, come dal 2016, a testimonianza della bassa redditività. Inoltre, il capitale disponibile per la riassicurazione si ridurrà drasticamente quest’anno, del 15% tra il 2021 e il 2022, per la prima volta in dieci anni. Nonostante le misure di recupero adottate negli ultimi due anni, alla fine del 2022 i risultati di sottoscrizione dei vari operatori erano ancora deludenti e la loro redditività insufficiente rispetto al costo del capitale investito.
2. Capacità molto insufficienti sul rischio informatico
Ogni anno il mercato delle assicurazioni informatiche registra una crescita a due cifre. Nel 2022 rappresentava 13,5 miliardi di dollari di premi. Nel 2023 potrebbe raggiungere i 16 miliardi di dollari. “La quota ceduta al settore riassicurativo rappresenterà dal 45 al 50% dei premi complessivi delle assicurazioni cyber nel 2023”, sottolinea Fabian Willi, responsabile Cyber EMEA presso Swiss Re. Si tratta di una cifra molto maggiore che in altri settori dell’assicurazione contro i danni e la responsabilità. Ciò riflette una certa immaturità degli assicuratori di fronte al rischio informatico. E anche questo costituirà un problema nel prossimo futuro, perché la capacità riassicurativa non è illimitata. Stiamo già sperimentando limiti di capacità in questo mercato”. Nel mondo in evoluzione del cyber, comprendere, quantificare e modellare l’accumulo dei rischi costituisce una vera sfida per gli assicuratori, e ancor più per i riassicuratori, che gestiscono diversi portafogli. Il compito è reso ancora più complicato dall’assenza di definizioni e linguaggio comuni. I riassicuratori coprono questo rischio, ma con cautela. “Si tratta, al di là di una certa soglia, di un rischio sistemico che il mercato non può sopportare”, spiega un riassicuratore francese.
3. Aumento dell’inflazione, perdite immediate
Il tema dell’inflazione è riapparso sul tavolo di discussione lo scorso anno. «Il costo del denaro è molto diverso rispetto a qualche mese fa», sottolinea un riassicuratore. L’inflazione ci costringe a rivalutare le esposizioni, a verificare che i nostri rischi assicurati siano ai giusti valori, tenendo conto del costo dei sinistri, delle riparazioni, delle ricostruzioni… “Ma l’inflazione produce effetti immediati sul settore assicurativo e riassicurativo.
«Il ciclo di produzione inverso degli assicuratori e dei riassicuratori presenta un certo numero di vantaggi», sottolinea Bertrand Labilloy. In particolare, consente di sfuggire alle difficoltà di liquidità. Ma quando c’è un’inflazione aggiuntiva rispetto a quanto previsto in termini di prezzi e accantonamenti, ciò si traduce in una perdita immediata».
4. Catastrofi naturali: aumento dei pericoli secondari
Nel 2022, i rischi “tempesta di grandine” (TGN) rappresentavano due terzi della sinistralità, ovvero 7 miliardi di euro. Le inondazioni e le grandinate di quest’estate in Italia costituiscono un disastro climatico mai visto prima nel Paese, in termini di entità dei danni. “Dobbiamo chiederci oggi fino a che punto la grandine sia ancora un pericolo secondario, quando rappresenta il 50% del tasso di perdita climatica stimato per il 2022, e un costo di 5,1 miliardi di euro”, sottolinea Bertrand Labilloy. Per quanto riguarda la copertura climatica, il mercato ha già apportato importanti aggiustamenti nel 2023, in particolare un aumento dell’85% della franchigia per il primo evento per la garanzia “grandine e tempesta di neve”.
5. Le rivolte, “oggetto di attenzione”
Gli assicuratori hanno registrato 15.600 sinistri relativi ai disordini seguiti alla morte di Nahel a Nanterre il 27 giugno, per un costo totale di 730 milioni di euro. Una valutazione dei danni che conferma il pesante prezzo pagato dalle autorità locali e dai loro assicuratori per queste rivolte. I disordini hanno gravato notevolmente sui conti della storica mutua di enti locali, la Smacl, che ha dovuto ricapitalizzarsi urgentemente a fine settembre.
Gli avvenimenti francesi hanno messo sul tavolo il tema della copertura delle rivolte, dei movimenti civili e delle rivolte popolari da parte degli assicuratori e dei riassicuratori. Non si tratta di un evento isolato, ma di una tendenza che deve diventare oggetto di attenzione da parte degli assicuratori e dei riassicuratori.
Fonte: L’Argus de l’assurance