Secondo il Climate Reality Barometer di Epson, giunto alla terza edizione, il cambiamento climatico è oggi considerato a livello mondiale il problema più importante e la tecnologia è vista come un fattore chiave per risolvere la crisi.
Mentre ci avviciniamo alla COP 28 negli Emirati Arabi Uniti, Epson si concentra anche sulle prospettive di coloro che sono nati dopo la prima COP del 1995, la cosiddetta generazione COP, esplorando le loro esperienze ed esigenze nel contrastare il cambiamento climatico.
Gli eventi sempre più negativi spiegano probabilmente perché ben il 55% degli intervistati cita il cambiamento climatico quale problema più importante, davanti all’aumento dei prezzi (53%), alla povertà (37%) e ai conflitti (23%).
A meno di 50 giorni dalla 28°COP, Epson mette in luce gli atteggiamenti delle persone nate dopo la prima COP del 1995 (generazione COP), che attualmente hanno meno di 29 anni. Sono i nativi del cambiamento climatico, che hanno vissuto tutta la loro vita all’ombra di eventi meteorologici sempre più avversi: le loro esperienze e intuizioni devono essere al centro di soluzioni efficaci.
Sebbene possano esserci differenze regionali, il Climate Reality Barometer rivela che a livello globale la generazione COP è la fascia di età più ottimista (a pari merito con la fascia 35-44 anni), con quasi la metà (49%) che crede che la crisi climatica si risolverà entro l’aspettativa di vita. Questo dato contrasta con le fasce d’età 45-54 e 55+, che registrano l’ottimismo più basso, rispettivamente al 42% e al 32%. Le fasce d’età che investono nei prossimi decenni, per se stessi o per i propri figli, mostrano i più alti livelli di ottimismo sulla nostra capacità di risolvere la crisi. Non solo: mentre la generazione COP è la fascia di età più ottimista, il gruppo più fiducioso di tutti (55%) è costituito da genitori di figli di età inferiore ai 18 anni, ovvero il gruppo “Padri e Madri” di tutto il mondo.
Estendendo il confronto, tuttavia, è evidente che l’ottimismo porta a risultati diversi. Alla domanda su quali azioni positive sul clima hanno già intrapreso, la generazione COP registra livelli di azione inferiori rispetto alla media globale in 9 delle 14 categorie e livelli di azione inferiori rispetto a quelli dei genitori in 12 delle 14 categorie (vedere in fondo la tabella delle azioni per il clima). Probabilmente vi sono diverse motivazioni: la generazione COP è cresciuta con i cambiamenti climatici e la crescente attenzione all’ambiente, mentre i gruppi di età più avanzata potrebbero riconoscere una crescente volatilità nel tempo. È inoltre interessante notare che la generazione COP considera “l’aumento dei prezzi” un problema maggiore rispetto al “cambiamento climatico” (51% rispetto al 47%), pertanto anche l’accessibilità economica delle scelte sostenibili, spesso più costose, è una probabile causa.
Sebbene le azioni positive per il clima siano molto diffuse, alcuni gruppi di intervistati dichiarano che non agiranno mai nelle aree chiave.
Ad esempio, a livello globale, il 38% dichiara di aver già ridotto i viaggi internazionali di lavoro e di piacere, mentre un ulteriore 30% prevede di farlo. Rimane quasi una persona su sei che afferma: “non lo farò mai” (17%). Sotto questo punto di vista, la riluttanza ad agire sui viaggi internazionali è notevolmente più elevata in mercati come Singapore, Spagna e Regno Unito (21%), Giappone e Paesi Bassi (22%), Canada e Germania (23%), Australia e Serbia (26%) e Israele (31%). Mentre appare minore per persone provenienti da Paesi come Corea del Sud (9%), Cina (10%), Egitto e Turchia (11%), e Marocco ed Emirati Arabi Uniti (12%). A livello globale, la risposta “non lo farò mai” è particolarmente evidente anche in aree come “Ridurre il consumo di prodotti animali” (18%), “Boicottare i marchi non sostenibili” (15%) e “Incoraggiare amici e familiari a informarsi sulla crisi climatica” (10%).
La tecnologia come fattore abilitante
Gli intervistati del Barometer considerano la tecnologia l’arma più importante nella lotta contro i cambiamenti climatici. Alla domanda su quale sia l’aspetto che ritiene più importante che un’azienda possa fare per affrontare il problema, il 48% ha citato gli investimenti in tecnologie ambientali. Seguono a ruota il miglioramento nel riciclo e nel riutilizzo dei prodotti (45%) e la riduzione dell’utilizzo delle risorse (28%), la partecipazione dei dipendenti alle attività ambientali (21%) e la compensazione dell’impatto di anidride carbonica e plastica (21%).