di Angelo De Mattia
Su due importanti casi finanziari nettamente diversi innanzitutto per importanza uno fondato su indiscrezioni, limitate ammissioni ma anche mancate conferme, l’altro su decisioni rese pubbliche, è calato il silenzio. Si tratta, in particolare, delle notizie su ipotetiche mosse delle Generali, che pure ha confermato – come è stato riportato nel settimanale Milano Finanza in edicola – che sta guardando a Guggenheim Partners per sviluppare l’asset management; l’altro riguarda la proroga al 17 ottobre ( dal 10 originariamente previsto) del decollo dell’aumento di capitale per 2,5 miliardi del Monte dei Paschi di Siena. Il primo caso interesserebbe l’espansione dell’attività in questione, considerato il ruolo che sta avendo per la tutela del risparmio, ma il modo con il quale conseguire l’obiettivo potrebbe produrre innovazioni nell’assetto azionario di Mediobanca e delle stesse Generali o in altri intermediari finanziari muovendo dal presupposto che, per effettuare l’operazione con la società americana, il Leone venderebbe il ” gioiello” Banca Generali. E a chi? Ecco, comparire Mediobanca in passato già interessata a una tale acquisizione. Dunque, da un’importante operazione si passerebbe al rapporto con i rispettivi azionisti. Prima ancora vi sarà da valutare il profilo che assume l’Assicurazione Generali proiettandosi ancor di più nel campo dell’intermediazione finanziaria che porta a interrogarsi sugli sviluppi di una tale strategia, sull’esistenza o no di un progetto in proposito di ampio respiro e che sia condiviso da tutte le componenti della società. Non si tratta, insomma, di un colpo di fulmine se ci si incammina verso un obiettivo del genere o, almeno, così dovrebbe essere.
Quanto, poi, all’eventuale attuazione dell’operazione in questione – ammesso che abbia un effettivo fondamento del quale, come si è detto, fin qui non si hanno, però, formali ed esaustive conferme – su di essa graverebbero potenziali conflitti di interesse e problematiche di parti correlate, considerato l’azionariato di Mediobanca ( con Delfin vicina al 20%) e quello delle Generali ( dove Mediobanca detiene quasi il 13%) mentre le partecipazioni di Delfin e di Caltagirone insieme superano nettamente la quota di Mediobanca. Vi è, poi, il mercato e, con esso, vi sono gli obblighi di correttezza e trasparenza.Già da questi accenni si può rilevare la complessità, sotto il profilo giuridico e tecnico, dell’operazione in questione. Alla fin fine, potrebbe diventare, se fosse varata, un caso di scuola. E’ immaginabile il ruolo che vi avrebbero giuristi ed esperti di finanza. Ma, data una tale complessità, sarebbe mai possibile che il progetto, del quale, come si è detto, vanno definiti i presupposti strategici, si realizzasse senza la generale condivisione di tutte le componenti dell’azionariato con le loro stesse espressioni nel consiglio di amministrazione? Se, come qualcuno scrive, si guarda a Guggenheim, ma anche a quest’ultimo problema (da cui comunque non si potrebbe prescindere), allora saremmo solo ai preliminari di una vicenda che non potrà non avere, se fondata, altri fondamentali passaggi. Staremo a vedere.
Quanto al Montepaschi, il rinvio troverebbe la motivazione nell’esigenza di meglio definire i rapporti con Axa e con Anima, che parteciperebbero alla ricapitalizzazione, e con lo stesso Consorzio di garanzia. Avevamo espresso dubbi sull’opportunità di una proroga, ma, alla fine, se è stata decisa, è immaginabile che ciò sia avvenuto perché non si sarebbe potuto fare diversamente. Ora, però, non dovrebbero essere ammessi eventuali ulteriori rinvii, a meno che non si faccia il punto su questa vicenda, si indichino le prospettive a breve e a medio termine e il Tesoro, che ha il 64% circa dell’Istituto, si assuma le responsabilità. Si è fatta la scelta di procedere all’aumento nonostante il contesto economico, finanziario, geopolitico non propriamente favorevole, ora bisogna essere coerenti nell’attuazione. A tutti i passaggi singolari che questa vicenda ci ha portato a guardare, non si potrebbe aggiungere adesso un eventuale tentennamento in zona Cesarini, mentre l’unica misura lineare, trasparente e attuabile resta quella dell’esodo volontario dei dipendenti che il sindacato ha negoziato con grande responsabilità. Pari livello di responsabilità si richiedono ora a tutte le altre parti coinvolte. E’ sperabile che vi siano risposte adeguate. (riproduzione riservata)
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