Fabrizio Massaro
Di fronte alla crisi, all’inflazione che corre e alle famiglie che si impoveriscono tocca alle imprese innanzitutto fare la propria parte: «È il momento della responsabilità sociale delle imprese», dice Carlo Messina, consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, che devono utilizzare gli utili accumulati a favore dei propri dipendenti, anche per evitare «tensioni sociali» nel Paese. Intesa Sanpaolo ha deciso di donare 500 euro una tantum agli 85 mila dipendenti del gruppo, una mossa da 50 milioni di euro. E il banchiere è pronto anche ad altre azioni, annuncia dal palco del congresso nazionale della Uilca a Roma, al quale è intervenuto. «Io non escludo ulteriori iniziative se la situazione dovesse ulteriormente peggiorare». Mentre ha escluso in maniera categorica di andare al governo come ministro: «Faccio l’amministratore delegato, voglio completare questo mandato e farne un altro, se i miei azionisti lo vorranno. Se verrò richiesto di consigli – come mi è capitato con molti governi, tutti inascoltati – continuerò a darli. Ma certamente non esiste che io faccia un mestiere diverso da quello dell’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo». Ecco, divisi per temi, ampi stralci del suo pensiero, illustrato a colloquio con Milano Finanza.
Domanda. Che quadro post-elettorale vede, e come giudica la reazione dei mercati?
Risposta. Noi stiamo sopravvalutando la visione che i mercati possono portare nei confronti di un governo democraticamente eletto. I governi – se hanno un consenso democratico e possono garantire stabilità e fanno delle azioni in un contesto di creare maggiore sostenibilità – non possono non essere apprezzati dai mercati. Poi ci possono essere atteggiamenti di carattere speculativo, come è accaduto in alcune fasi nel nostro Paese, ma in questo contesto la reazione non mi sembra esagerata proprio perché c’è la consapevolezza che il governo è stato voluto dalla maggioranza degli italiani e che comunque ragionevolmente farà delle cose che possono rafforzare la sostenibilità del nostro Paese.
D. Qual è la sua analisi sullo spread e il debito pubblico italiano?
R. È chiaro che un Paese come il nostro non può avere un rapporto Btp/Bund che è superiore a quello della Grecia: è inimmaginabile. Peraltro ci eravamo avvicinati a questi livelli anche con governi precedenti, quindi non è certo accaduto con le elezioni. Ma i fondamentali del nostro Paese sono molto più vicini a quelli della Francia più che della Spagna, del Portogallo o della Grecia.
D. Voi avete dato 500 euro a ogni dipendente, una tantum. Perché? Quali sono le priorità che il governo dovrà affrontare?
R. Le priorità sulle quali lavorare in primis, come in tutti i paesi del mondo, sono la povertà, l’inclusione sociale e le disuguaglianze sociali: perché questo è un elemento che tocca non soltanto i poveri veri ma anche i working poors, le tante persone che lavorano, anche nelle banche, ma che in una fase come questa sono toccati da un effetto inflazionistico che è per definizione ingiusto, perché impatta di più su chi meno disponibilità finanziarie. Ed è per questo che ho ritenuto di fare questo intervento; 85 mila persone della banca saranno contente di aver ricevuto 500 euro, un contributo di 50 milioni di euro messo a disposizione dal gruppo.
D. L’inclusione sociale, dunque è la priorità?
R. Sì, lavorare sulla povertà e l’inclusione sociale credo debbano essere la priorità numero uno di qualunque governo. In Italia poi l’altro elemento di priorità assoluta è lavorare sul Sud, perché dobbiamo dotarlo di tutte quelle cose che in questi anni, incredibilmente, non sono ancora state fatte, cioè i porti, l’energia solare.. È assurdo che in tutti questi anni non si siano realizzate. E poi continuare con la realizzazione del Pnrr. Non vedo come un chissà quale sacrilegio immaginare che ci possano essere delle modifiche al Pnrr, entro dei binari stabiliti, purché rafforzino la crescita del Paese. Poi bisogna essere sicuri di non deteriorare la situazione del debito pubblico: dobbiamo raggiungere un grado di indipendenza finanziaria dalla Bce e non rimanere agganciati al bocchettone della Bce. Un Paese che ha oltre dieci trilioni di ricchezza è inimmaginabile che possa trovarsi nella condizione di dipendere da altri per sostenere il proprio debito pubblico. Non bisogna farlo crescere e anzi ragionevolmente ridurlo, anche attraverso la disponibilità di tutti gli immobili pubblici – ne avete parlato voi a lungo nel vostro giornale; un Paese che ha un patrimonio di immobili pubblici di oltre 400 miliardi di euro in mano allo Stato, che non è il miglior detentore di immobili, è uno spreco. Credo comunque che l’Italia abbia dei fondamentali talmente forti che è inimmaginabile che possa trovarsi in una condizione di difficoltà nel prossimo futuro. Ma è importante lavorare su queste priorità. L’ho detto a tutti i governi, e non mi ha mai ascoltato nessuno».
D. Come si fa a sostenere il potere d’acquisto delle famiglie contro l’inflazione? Alzando i salari?
R. È il momento in cui tutte le imprese devono dimostrare di avere responsabilità sociale, perché è vero che le aziende – e ce ne sono molte – saranno impattate da questo rialzo del costo dell’energia, è anche vero che molte aziende hanno realizzato molti utili, anche nell’anno passato. Quindi immaginare che un’azienda che è andata bene l’anno scorso ma non riesce a fare molti utili quest’anno non voglia usare l’autofinanziamento che ha messo da parte per sostenere la situazione di disagio che sta crescendo nel paese, lo considero contro la responsabilità sociale. Sappiamo che ci sono imprese che hanno disponibilità tali da non dover richiedere aiuti, o comunque da riceverne in misura minore, e che devono cercare piuttosto di fare per conto proprio. Questo è il momento in cui tutti dobbiamo rimboccarci le maniche.
D. Può dirlo perché Intesa Sanpaolo fa tanti utili…
R. È vero che Intesa Sanpaolo fa utili, ma non è che noi non stiamo subendo: abbiamo anche noi le rettifiche sui crediti della Russia, abbiamo anche noi gli shock che nascono da condizioni esogene e l’effetto dei tassi di interesse ancora non lo vediamo sui conti economici delle banche.
Credo che questo sia il momento in cui tutti quelli che guidano o sono proprietari di aziende debbano dimostrare di tenere a questo Paese. Poi, di centomila aziende ce ne saranno diecimila in grande difficoltà e vanno aiutate, ma le altre novantamila facessero la loro parte per cercare di fare in modo che questo Paese possa superare quest’anno. Perché parliamo di un anno, è da qui al 2023 la fase complicata. È questa la responsabilità sociale dell’impresa, che noi in Intesa Sanpaolo consideriamo una delle cose più importanti. Fermo restando che dobbiamo generare quegli utili minimi per remunerare gli azionisti, non è che ogni anno dobbiamo realizzare gli utili massimi e ci deve pure aiutare lo Stato per realizzarli! Credo che come in tutte le cose vada cercato un giusto equilibrio. Si fa un diagnostico di chi sta realmente soffrendo, chi è più impattato, e su questi si interviene. Ci sono molte iniziative che il governo Draghi ha preso e secondo me vanno in questa direzione, immagino che ce ne saranno altre. Ma io credo che ognuno di noi prima di tutto debba cercare di non pesare sulle casse dello Stato ma di fare in modo che una parte del margine dell’anno scorso possa usarla a favore del capitale umano, che è la cosa più importante che abbiamo in azienda. C’è un tema di coesione sociale, di povertà, di disuguaglianze. Parliamo di numeri veramente significativi, la tenuta sociale del paese che è una priorità assoluta.
D. È favorevole quindi al mantenimento del reddito di cittadinanza per evitare tensioni sociali?
R. Se il nome non piace si può chiamare in un altro modo; ma io sono sempre stato a favore di una formula che – pur con le correzioni per evitare non correttezze nell’utilizzo – lavori al contrasto della povertà. Poi che per portare verso il lavoro possano servire altre modalità, questo sì. Ma prima trovate lo strumento, mettetelo in atto e poi togliete quello che c’è. Questo è un momento in cui non si può scherzare con queste situazioni. Il disagio sociale è un elemento importantissimo nel nostro Paese.
D. Che cosa teme per il 2023?
R. Dai tempi di Lehman Brothers, quando ero cfo di Intesa, di crisi ne ho viste molte e penso di averle gestite portando ogni volta la banca fuori dalla crisi più forte di come vi era entraì. Oggi abbiamo di fronte uno scenario indubbiamente complesso; per le banche ha un elemento mitigante rappresentato dalla crescita dei tassi di interesse perché ci restituisce quello che ci ha tolto negli anni passati. Come sistema bancario, per anni abbiamo lavorato con i tassi negativi: significa che ogni volta che noi reinvestivamo i soldi che prendevamo dai nostri clienti ci trovavamo nella condizione di avere ricavi negativi, non positivi. Quindi l’andamento esogeno ci sta restituendo quello che abbiamo perso negli anni passati. Ce lo sta restituendo però in un momento di ulteriore potenziale deterioramento delle condizioni dell’economia reale del nostro paese, che dalle nostre stime dovrebbe rimanere con un pil positivo ancorché in contrazione rispetto al 2022, con un rimbalzo possibile e importante nel 2024. Ma il 2023 è un anno in cui tutti dobbiamo porre attenzione all’economia reale affinché il Paese non vada in recessione. Quindi è fondamentale che ognuno si attivi per migliorare le condizioni della propria azienda, e poi che il governo faccia i giusti interventi per accelerare la crescita e non per determinare elementi che la riducano.
D. Come giudica le mosse della Bce sui tassi?
R. La Bce ovviamente sta accelerando nella crescita dei tassi di interesse ma ha fatto un esame diagnostico non corretto nel momento in cui è nata la crisi: da molti mesi parlano di rialzo dei tassi, e poi partono adesso con un rialzo significativo. E tutti dai paesi del nord parlano della necessità di farli crescere ancora. Io credo che questo andava bilanciato meglio alcuni mesi fa. Bisogna bilanciare correttamente il rialzo dei tassi di interesse per non esagerare e non mandare in recessione i diversi Paesi. In Italia abbiamo comunque un vantaggio: siamo molto meno dipendenti dalla Cina e da altre situazioni di complessità. Per le nostre aziende che esportano l’unico punto di debolezza che vedo è il legame con la Germania, perché è il vero Paese che potrà avere nel 2023 un rallentamento superiore a quello dell’Italia. Però, se verranno fatti i giusti interventi, se le aziende usufruiranno per la liquidità delle iniziative che il governo Draghi ha approvato nell’ultimo Consiglio dei ministri come le garanzie Sace per consentire alle banche di finanziare le imprese superando questa fase difficile, vedo un orizzonte che possa portare a un 2024 di ulteriore crescita.
D. Che tipo di interventi porta avanti Intesa Sanpaolo in questa fase?
R. Noi siamo il pilastro dell’economia reale di questo Paese, abbiamo 500 miliardi di impieghi, un terzo del Pil del Paese, e oltre un trilione di masse in gestione. In qualunque condizione di mercato continueremo a erogare credito significativo: abbiamo erogato fino a questo momento 40 miliardi, arriveremo per fine anno a 70 miliardi, abbiamo messo a disposizione delle imprese 20 miliardi per superare questa fase della crisi energetica e ne metteremo altri 8 miliardi a favore delle famiglie per superare questo momento difficile. Vogliamo continuare ad essere un pilastro dell’economia reale. E da questo osservatorio posso dire che il Paese è solido, ha tutta la forza per arrivare al 2024 in condizioni positive e di superare la fase di difficoltà legata alla crisi energetica. Ma ognuno di noi deve fare la propria parte. (riproduzione riservata)
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