MEDIOBANCA MENTRE PROSEGUE LA TREGUA CON LA DELFIN E CALTAGIRONE, IN ASSEMBLEA IL CEO NAGEL HA PROSPETTATO UN AUMENTO DEI DIVIDENDI UN’IPOTESI CHE PIACE AL MERCATO E CHE POTREBBE SMUSSARE LE TENSIONI
A un Carlo Pesenti particolarmente preoccupato dei ribassi borsistici Enrico Cuccia avrebbe risposto: «Lasci perdere, perché vuole arricchire i suoi azionisti?». È risaputo che il fondatore di Mediobanca anteponesse le logiche del capitalismo di relazione al consenso dei soci. I tempi però sono cambiati, al punto che l’annuncio più significativo fatto dal ceo Alberto Nagel all’assemblea di venerdì 28 ottobre è stato rivolto al mercato. Commentando i risultati annuali e del primo trimestre, il banchiere ha annunciato: «Se la dirittura di marcia si conferma come nel primo trimestre possiamo battere l’obiettivo di 1,9 miliardi di euro di distribuzione agli azionisti» in arco di piano. In termini finanziari la proposta è più che giustificata. Giovedì 27 ottobre Mediobanca ha annunciato il nuovo massimo storico dei ricavi, cresciuti del 7,2% a 757,1 milioni. Il contributo più significativo è arrivato dal margine di interesse che è salito dell’11% a 396 milioni grazie al contributo positivo di tutte le divisioni e in particolare del consumer (+8%) a seguito del miglioramento dei volumi, del riprezzamento degli attivi e dell’attenta gestione del costo della raccolta. Ci sono insomma tutte le premesse per aumentare la remunerazione degli azionisti che già oggi prevede un pay-out del 70%.
Della mossa beneficerebbero tutti gli stakeholder, a partire dagli investitori istituzionali che oggi hanno in mano il 45% del capitale. Ma un aumento dei dividendi sarà un test interessante soprattutto per i soci storici della merchant bank. Da sei mesi nella cosiddetta Galassia del Nord vige una tregua armata. Non solo perché la scomparsa di Leonardo Del Vecchio ha imposto un rimescolamento negli assetti di governo e nella strategia di Delfin, ma anche perché nuovi equilibri sono emersi dall’assemblea Generali che nell’aprile scorso ha confermato il ceo Philippe Donnet. Senza contare che prima dell’estate, la Bce ha imposto paletti stringenti alla famiglia Del Vecchio, precludendole un’ulteriore salita nel capitale di Mediobanca senza una licenza bancaria. L’assemblea di venerdì 28 ottobre ha riflesso questo clima di stallo alla messicana. Francesco Gaetano Caltagirone (salito al 5,6%, anche se si specula che la quota possa essere superiore) ha preferito disertare l’assise, mentre la Delfin presieduta da Francesco Milleri e guidata da Romolo Bardin si è limitata ad astenersi dal voto sulle politiche di remunerazione. Dopo la battaglia di Trieste invece sembra che la famiglia Benetton (azionista al 2% di Mediobanca) abbia scelto la linea della neutralità. D’altra parte oggi l’attenzione di molti di questi soggetti è concentrata su un obiettivo: stabilizzare la governance delle Generali attraverso un’operazione straordinaria. Se il negoziato è tutto da costruire, le parti sembrano disponibili a cercare una soluzione. Si vedrà se questa passerà attraverso un’acquisizione internazionale e la successiva vendita di Banca Generali (vedi altro articolo in pagina). C’è in ogni caso chi ritiene che una politica cedolare più generosa da parte di Mediobanca aiuterebbe a smussare le tensioni. Soprattutto in casa Del Vecchio dove al cambio di governance potrebbe corrispondere anche un graduale cambio di strategia, condiviso non solo da Milleri e Bardin ma anche da Nicoletta Zampillo e dai figli di Leonardo. Ipotesi troppo ambiziose? Si vedrà, ma di sicuro una soluzione andrà trovata entro i prossimi 12 mesi. Prima cioé che l’assemblea di Piazzetta Cuccia torni a riunirsi per nominare il nuovo board. (riproduzione riservata)
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