Carlo Giuro
Pensione fa sempre più rima con inflazione. Tra le diverse misure contenute nel decreto Aiuti bis si prevede un importante intervento in ambito previdenziale con l’anticipo della rivalutazione delle pensioni all’ultimo trimestre 2022 proprio per contrastare gli effetti negativi dell’inflazione per l’anno in corso e sostenere il potere di acquisto delle prestazioni pensionistiche. Si introduce in primo luogo l’anticipo dal 1° gennaio 2023 al 1° novembre prossimo della decorrenza del conguaglio concernente il calcolo della perequazione (che è il meccanismo di recupero del potere d’acquisto delle pensioni) relativa al 2021, conguaglio, pari a due decimi di punto percentuale, rispetto alla perequazione già riconosciuta dal 1° gennaio 2022 e che comprende il ricalcolo, in via retroattiva, dei ratei di pensione decorrenti dalla stessa data.
Viene anche stabilito un incremento provvisorio, pari nella misura massima a due punti percentuali, subordinato alla condizione che i trattamenti pensionistici del soggetto non superino un determinato importo (e riconosciuto con esclusivo riferimento alle mensilità di ottobre, novembre e dicembre 2022 e alla tredicesima mensilità spettante nel trimestre in oggetto). Resta ferma l’applicazione, dal 1° gennaio 2023, dell’ordinaria disciplina della perequazione automatica.
Va ricordato come si applicano le modalità ordinarie di applicazione della perequazione automatica in base alle quali la misura dell’incremento provvisorio è riconosciuta nella misura intera di due punti percentuali per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici del soggetto fino a quattro volte il trattamento minimo Inps (per il 2022 è pari, come valore provvisorio, a 6.809,79 euro) nella misura del 90% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti pensionistici compresa tra 4 e 5 volte il predetto minimo, nella misura del 75% per la fascia di importo complessivo dei trattamenti superiore a 5 volte il medesimo minimo. L’incremento è riconosciuto se il trattamento pensionistico mensile sia complessivamente pari o inferiore all’importo di 2.692 euro; qualora sia superiore al predetto importo e inferiore a tale limite aumentato dell’incremento, l’incremento è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato. Tale aumento è poi scomputato dal trattamento pensionistico complessivo di riferimento ai fini della rivalutazione delle pensioni per l’anno 2022. Al di là dell’intervento operato con il Decreto aiuti bis il peso dell’inflazione appare come un elemento prospettico di consistente onerosità per il sistema previdenziale italiano che dovrà essere affrontato dal nuovo Governo e che potrebbe avere un impatto non banale sulle risorse a disposizione per la prossima Legge di Bilancio.
La Ragioneria generale dello Stato aveva osservato nel proprio Rapporto annuale su previdenza, sanità e non autosufficienza pubblicato a fine luglio come il deterioramento del quadro macroeconomico e l’impatto dello shock sui prezzi delle materie prime produce effetti non trascurabili sulla spesa per pensioni in rapporto al pil. Difatti, a parità di quadro demografico, il confronto tra la previsione dello scenario Def 2022 coincidente con lo scenario nazionale base e quella immediatamente precedente della Nadef 2021, aggiornata lo scorso dicembre con i nuovi dati della popolazione Istat 2020, evidenzia che, a seguito del meccanismo di indicizzazione ai prezzi dei trattamenti pensionistici, la spesa per pensioni, nel biennio 2023-2024, aumenta di oltre 0,7 punti percentuali di pil rispetto alla precedente previsione. Gli effetti sulla spesa pensionistica di tale shock inflazionistico vengono solo lentamente riassorbiti in un ventennio, generando un incremento degli oneri che, nel periodo 2022-2045, è pari in media a 0,4 punti percentuali di pil.
L’Ufficio parlamentare di bilancio ha poi recentemente inviato alla Commissione Bilancio del Senato una memoria in cui analizza gli effetti della prolungata fase di incremento dell’inflazione e delle difficoltà determinate dalla situazione internazionale corrente, in cui tra i diversi profili , sottolinea come per il triennio 2023-25 eventuali rischi emergono con riferimento alla dinamica di alcune spese primarie quali, per esempio, proprio la spesa pensionistica che è indicizzata al tasso di inflazione oltre che della spesa per interessi.(riproduzione riservata)
Fonte: