di Domenico Lombardi
L’eredità che lasciano i governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio è particolarmente onerosa in termini macroeconomici, fiscali e socio-economici, confermando il crescente divario che si è consumato nel tenore di vita degli italiani rispetto alla media europea. Il rapporto debito pil è aumentato dal 2011 di oltre 30 punti percentuali. Nel 2019, prima della pandemia, era cresciuto di ben 14 punti. Sempre nel medesimo periodo, il deficit di bilancio è stato superiore alla media Ue nonostante l’elevata pressione fiscale, anch’essa sistematicamente eccedente la media europea. Lo sforzo fiscale, tuttavia, non è riuscito a migliorare gli indicatori socio-economici, che testimoniano un aumento della diseguaglianza e un indebolimento della classe media. Per quanto onerosa, tale eredità non è l’unica emergenza che il nuovo governo Meloni deve affrontare già nei giorni successivi al passaggio parlamentare dopo l’insediamento. All’emergenza economica e sociale si affianca la crisi demografica che, tuttavia, raramente affiora nel dibattito pubblico. L’Istat ne ha documentato puntualmente i termini, anche recentemente, senza purtroppo cogliere l’attenzione dei numerosi governi che si sono avvicendati.
Dalla metà dello scorso decennio quando la popolazione residente in Italia ha raggiunto il picco storico di 60,8 milioni, vi è stata una progressiva diminuzione sino a toccare i 59 milioni lo scorso anno, riportandoci indietro di tre lustri. La pandemia ha esaltato la dinamica avversa tramite un drammatico aumento della mortalità, la caduta dei matrimoni celebrati cui sono associati circa due terzi delle nascite, e, appunto, il calo dei nuovi nati che, sempre lo scorso anno, hanno registrato un nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia, portandosi al di sotto della soglia delle 400.000 unità. Tuttavia, il solo effetto strutturale legato alle dinamiche demografiche in atto da anni avrebbe comunque comportato un calo significativo che la pandemia ha certamente aggravato. Le implicazioni della crisi demografica sono evidenti e includono una diminuzione della forza lavoro con potenziali effetti avversi, nel lungo periodo, sulla stabilità macro-fiscale dell’economia e la sostenibilità del welfare – in sostanza, il futuro e la tenuta di un intero Paese. Se alla crisi economica sono state formulate delle risposte grazie alla cooperazione europea che ha messo in campo l’iniziativa straordinaria del NextGenEu e gli interventi non convenzionali di stabilizzazione della Bce, la crisi demografica rimane la grande assente nell’attuale dibattito sulle politiche economiche e sociali. Ne è testimone il Pnrr, che pur valorizzando elementi legati alla parità di genere e alla coesione sociale ha perso l’occasione di dare centralità alla famiglia, l’unica opzione in grado di fornire una risposta sostenibile all’emergenza demografica in atto da anni. (riproduzione riservata)
* analista demografico
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