Iniziano le grandi manovre per Generali che da un lato guarda alla crescita all’estero e contestualmente è pronta a rivisitare la propria presenza in Italia, riaprendo il dossier Banca Generali. È probabile che questa intraprendenza derivi dalla spinta arrivata nei mesi scorsi da parte dei due grandi azionisti di Generali, la famiglia Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone, affinché il Leone fosse più attivo sul fronte delle grandi operazioni a livello internazionale. Il presunto immobilismo da parte del management e dell’amministratore delegato Philippe Donnet era stato uno dei motivi di aspra critica da parte dei due azionisti, che insieme controllano ufficialmente poco più del 16% della compagnia assicurativa. In realtà, secondo quanto risulta, l’imprenditore capitolino starebbe considerando la possibilità di avviare una fase di nuovi acquisti sul titolo (che secondo qualcuno sarebbe già iniziata), con l’obiettivo di tornare intorno al 9%.
Al di là delle mosse dei soci, Generali ha confermato che sta guardando a Guggenheim Partners per crescere nell’asset management. Tra le opzioni sul tavolo ci sarebbe sia la possibile acquisizione, sia una partnership strategica con la società statunitense che ha asset in gestione per 228 miliardi di dollari rispetto ai 449 miliardi del gruppo di Trieste. Si tratterebbe quindi di un’operazione di rilevanza, capace di accelerare la crescita della compagnia nel settore.
Se, in risposta alla Consob, Trieste ha usato toni cauti per commentare le indiscrezioni («ad oggi non è stata presa nessuna decisione sulle operazioni», ha spiegato un portavoce venerdì 30 settembre), va ricordato che più volte in passato Donnet aveva ribadito l’intenzione di potenziare il risparmio gestito. Dal 2017 Generali ha infatti rilevato diverse boutique di investimento fra le quali la francese Sycomore Asset Management, per ampliare l’offerta dei fondi Esg legati alla responsabilità ambientale e al rispetto della dignità umana e del lavoro, e l’inglese Lumyna, la controllata di Bank of America negli investimenti alternativi. Le prime reazioni del mercato parlano di quello che potenzialmente sarebbe «un buon deal da un punto di vista industriale, con l’integrazione delle reti ed il consolidamento dell’asset management». Nelle scorse settimane era stato Carlo Trabattoni, l’ad del wealth management di Generali, a sottolineare in un’intervista a Bloomberg come Generali Investments, l’asset manager delle Assicurazioni Generali, avesse come obiettivo l’acquisto di società di investimento specializzate nei mercati del debito Usa e delle energie rinnovabili. «Stiamo cercando di aumentare le nostre capacità di investimento attraverso l’acquisizione di partecipazioni di controllo in piccole e medie imprese con esperienza in questi segmenti», aveva spiegato Trabattoni.
Operazione fatta quindi? Non proprio. Il dossier dovrà transitare sul tavolo del cda di Generali, dove i rappresentanti nominati dalla famiglia Del Vecchio e da Caltagirone non faranno sconti. Una delle prime valutazioni sarà quella sul target, visto che gli attuali corsi di euro e dollaro abbassano il rendimento implicito del business americano. Al vaglio del board potrebbe inoltre passare un’altra operazione: la vendita di Banca Generali, di cui Trieste controlla il 50,17%. Già nel 2020 il dossier era finito nel mirino di Mediobanca che è da tempo alla ricerca di una preda nel settore del wealth management e che indirizzò due lettere d’intenti al board delle Generali. La proposta si scontrò però con la dura opposizione di Delfin (in particolare del suo rappresentante Romolo Bardin) e di Caltagirone. Il progetto non è mai stato accantonato e, si specula in borsa, potrebbe tornare di attualità nelle prossime settimane. Il mercato si aspetta che lo schema del deal rimanga lo stesso del 2020: Mediobanca pagherebbe la preda con il suo 12,77% di Generali che, agli attuali corsi azionari, vale poco meno di 2,8 miliardi. Il prezzo è quasi allineato alla capitalizzazione di Banca Generali e forse anche per questo, dopo il 24,62% perso dalla possibile preda nell’ultimo anno, oggi il momento è favorevole a un blitz di Piazzetta Cuccia.
La famiglia Del Vecchio e Caltagirone attendono informative ufficiali prima di esprimersi sul possibile deal. Secondo fonti di mercato però una trattativa privata tra le due società sarebbe quasi certamente oggetto di polemiche nel comitato parti correlate presieduto da Flavio Cattaneo. Anche perché, dalle informazioni che filtrano, il prezzo messo sul piatto nel 2020 oggi non sarebbe più ritenuto congruo. Per appianare i contrasti Donnet potrebbe aprire una gara competitiva e invitare, oltre a Mediobanca, investitori italiani e internazionali. In questo caso però l’esito del processo non sarebbe scontato e qualche osservatore evoca la cessione di Finanza & Futuro, la rete di promotori di Deutsche Bank che nel 2021 Zurich soffiò a Piazzetta Cuccia in un’asta.
Per il momento, comunque, fonti vicine a Mediobanca smentiscono contatti in corso su Banca Generali. In queste settimane la merchant bank guidata da Alberto Nagel è concentrata sull’assemblea a cui, il prossimo 28 ottobre, potrebbero partecipare anche Delfin (19,8%) e Caltagirone (5,6%). L’appuntamento riserverà sorprese? Difficile escluderlo, specie alla luce delle ultime speculazioni. (riproduzione riservata)
Fonte: