IL NETWORK DI CONSULENZA GRANT THORNTON RILEVA LE STIME ECONOMICHE NEL PRIMO SEMESTRE
di Roxy Tomasicchio
L’ottimismo degli imprenditori italiani subisce un tonfo: oltre la metà delle aziende (56%) prevede un calo dei propri ricavi, mentre il restante 44% stima ci sarà un aumento. Un rapporto completamente ribaltato rispetto al 2021, quando, nei primi sei mesi dell’anno, si era registrato un deciso aumento dell’ottimismo da parte delle aziende italiane (+20% rispetto ai sei mesi precedenti) per quel che riguarda le aspettative economiche, con il 53% delle aziende fiduciose sulla ripresa.

A rivelarlo è l’ultimo International business report (Ibr) di Grant Thornton, analisi condotta dal network di consulenza a livello globale, interpellando i dirigenti di oltre 2.500 imprese del mid-market

Nei primi sei mesi dell’anno in corso, c’è stato, un calo dell’ottimismo pari al 6% anche a livello globale (dal 70% al 64%). Quote pur sempre elevate ma che, tuttavia, iniziano a mostrare come le aziende siano consapevoli delle sfide che devono affrontare in questo particolare momento storico. Infatti, il 63% cita l’incertezza economica come vincolo principale alla crescita, seguono i costi dell’energia (62%) e il costo del lavoro (57%). Ancor più pesante il quadro italiano: l’ottimismo economico è sceso di 15 punti percentuali, più del doppio del calo globale, passando dal 63% del 2021 al 48% nel 2022.

Malgrado ciò, il desiderio delle imprese del mid market di espandersi a livello internazionale sembra inalterato. Le previsioni sulle esportazioni, infatti, rimangono forti in un contesto di indebolimento del commercio globale: il 34% delle aziende italiane si aspetta una crescita dell’esportazione, che a livello globale si attesta al 44%.

Allo stesso modo, il 42% prevede di aumentare sia le proprie entrate internazionali sia il numero di Paesi in cui estendere i propri affari, dato che in Italia rimane invariato al 2021 con il 33%. Sempre a livello globale il 58% delle aziende intervistate prevede un aumento delle entrate totali nei prossimi 12 mesi, mentre in Italia si arriva al 44% scendendo di 12 punti percentuali rispetto allo scorso anno (era al 56%).

«In un contesto sempre più globalizzato, mai come oggi le imprese italiane, per far fronte all’attuale scenario nazionale, caratterizzato da molteplici fattori penalizzanti per le imprese, tra cui l’elevata pressione fiscale, la scarsità di domanda, relativamente alla quale è probabile immaginare una ulteriore contrazione in conseguenza dell’impatto dell’inflazione sulle disponibilità delle famiglie, e un’economia stagnante, guardano all’espansione del proprio business sui mercati internazionali non solo come una scelta strategica, ma come un passo determinante e necessario alla crescita, allo sviluppo e all’incremento della propria competitività», spiega Gabriele Labombarda, partner & International business center director di Bernoni Grant Thornton. «Per un’impresa Italiana, avviare un percorso di internazionalizzazione offre molteplici aspetti positivi tra cui: la crescita culturale e manageriale, l’incremento di appeal verso le risorse umane, la diversificazione del rischio (evidentissima in un periodo post-Covid, ove è venuto a evidenza il valore fondamentale di operare in diverse giurisdizioni), lo sfruttamento dei differenziali di costo e delle economie di scala, l’apertura di diversi canali di approvvigionamento, solo per citarne alcuni. Tuttavia», prosegue l’Ibc director, «per raggiungere i benefici attesi, è necessario per l’azienda essere in grado di affrontare un tale rinnovamento forte di una strategia aziendale pianificata e solida, che tenga conto anche delle peculiarità culturali ed economiche dei mercati esteri più favorevoli che, a differenza dei mercati locali, mostrano un crescente interesse verso i prodotti a marchio made in Italy. Infatti, la capacità di adattarsi alle dinamiche socio-culturali dell’interlocutore e quella di far fronte alle difficoltà legate alle differenze legislative e fiscali, tipiche delle operazioni cross-border, giocherà un ruolo determinante nei rapporti con i mercati esteri».

Il periodo di incertezza generale, tuttavia, stando al report di Grant Thornton, riflette un clima di pessimismo sulle aspettative future delle imprese verso i fattori chiave della crescita economica quali fatturato, redditività e occupazione. Ma ciò non frena neanche gli investimenti in tecnologia, ancora una volta in cima alla lista con il 60% delle aziende che prevede di aumentare gli impegni in quest’area nei prossimi 12 mesi, eguagliando il record stabilito lo scorso anno. Seguono gli investimenti in ricerca e sviluppo (55%) e competenze del personale (55%). In Italia in cima alla classifica degli investimenti troviamo il 44% nella Cybersecurity seguiti dal 41% nell’It strategy.

A livello settoriale, tra i più ottimisti i comparti technology, media (il 71% degli operatori intervistati si è detto fiducioso sui prossimi 12 mesi), seguiti dal settore banking con il 69% e dal financial services con il 68%. All’opposto, tra i meno ottimisti i settori di fornitura/utenze di elettricità, gas e acqua (39% del comparto).

«La situazione geopolitica di incertezza che stiamo attraversando, il caro energia, la morsa dell’inflazione in aumento, incidono negativamente sull’ottimismo aziendale degli operatori, che ha visto un peggioramento su scala globale», conclude Labombarda. «Questo contesto mutato e mutevole impone alle imprese una approfondita revisione delle proprie strategie aziendali, che devono modernizzarsi (di qui il crescente investimento in tecnologia) e rendersi flessibili, onde reagire tempestivamente alla volatilità dei fattori esterni».
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