Stime al ribasso anche secondo l’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio Crif Pulse. Se, da un lato, i fatturati delle imprese saranno al rialzo, spinti dall’inflazione, e si attesteranno sul +9% rispetto al 2021; dall’altro lato, si ridurranno i margini operativi, sia rispetto al 2021 (-40 punti base), sia al 2019 (-50 punti base). E oltre il 40% delle imprese italiane sarà caratterizzato da un rischio creditizio medio-alto.
Quali le cause? Impennata dei costi dell’energia, difficoltà nel trovare materie prime, conflitto in Ucraina con relativo stop all’export e sanzioni: sono alcuni dei fattori principali a cui si aggiunge il costo del denaro in progressivo aumento e un’inflazione nettamente superiore al livello giudicato ottimale dalle banche centrali. Tutto ciò ha portato a una significativa crescita dei costi di produzione per le imprese e una contrazione dei consumi, riducendo i margini di redditività. In questo scenario di incertezza, salgono al 42,5%, nel primo semestre 2022, le aziende considerate a rischio medio sulla base delle prospettive creditizie future (middle). Ciononostante, si riducono quelle a rischio creditizio prospettico più elevato (bottom), vista la situazione pandemica maggiormente sotto controllo. Di cosa stiamo parlando, in dettaglio? I cosiddetti settori “middle” sono caratterizzati da: ciclicità e volatilità della domanda; conseguenze anche di medio termine derivanti dall’impatto Covid e dal contesto geopolitico; pressione su profittabilità operativa e strutture finanziarie già relativamente deboli; segnali di early-warning sul merito creditizio; lieve allungamento dei tempi di pagamento ai fornitori. Mentre i cosiddetti settori “bottom” sono caratterizzati da: domanda molto volatile e con previsione di riduzione dei consumi; elevato impatto, anche di medio lungo termine, derivante dalla pandemia e dal contesto geopolitico; stress su margini e generazione di cassa; basso livello di merito creditizio; peggioramento dell’incidenza dei gravi ritardi e allungamento dei tempi di pagamento ai fornitori.
«A livello di impatto finanziario, l’equilibrio fonti-impieghi delle aziende italiane resta delicato. La pressione sui margini operativi e il fabbisogno di capitale circolante saranno difficilmente compensabili nel breve termine in termini di capacità di generazione di cassa. Tuttavia, le aziende che hanno effettuato un’adeguata provvista finanziaria nel biennio 2020-2021, anche grazie agli strumenti messi in campo dal governo italiano per contenere la crisi causata dalla pandemia, dispongono di un vitale polmone di liquidità», spiega Simone Mirani, general manager di Crif Ratings.
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