di Valerio Bignami
In un periodo in cui si invocano riforme strutturali al sistema economico e sociale; in un momento storico dove più che mai le certezze che ci hanno sostenuto vengono meno e minano la fiducia degli individui, non possiamo non riflettere sulla necessità di precorrere un nuovo modo di gestire e concepire la previdenza dei liberi professionisti che rappresentiamo.
La pandemia ha provocato tante sofferenze e soprattutto tanti decessi, ma di per sé non ha fatto altro che evidenziare “patologie” già presenti.
La previdenza è sempre stata concepita come un percorso lineare: il lavoro genera risorse che permettono un risparmio; se ben gestito, questo maturerà quel reddito che ci sosterrà nel periodo di quiescenza. Un paradigma molto chiaro, semplice e scontato. Oggi tutto ciò non è più sufficiente, basti pensare alle risorse che tutti gli enti hanno dovuto mettere a disposizione per contrastare gli effetti sanitari, economici e sociali provocati dall’emergenza sanitaria.
In questo contesto, le funzioni che una cassa professionale deve assolvere sono:
– previdenziale: creare una pensione dignitosa per garantire un sereno periodo in quiescenza;
– assistenziale: sostenere coloro che, scongiurando forme di assistenzialismo, loro malgrado si trovano in difficoltà soprattutto dal punto di vista sanitario;
– di sostegno al lavoro: il cosiddetto welfare attivo che dovrà sempre più sostenere l’iscritto in attività nel momento dell’avvio e del consolidamento dell’attività professionale.
È evidente che tutto ciò prefigura una visione circolare dell’attività della cassa e comporta risorse ingenti e costanti per la stabilità del sistema.
Dove intervenire quindi? Ecco una proposta.
– Avviare una campagna di formazione a tutti gli iscritti, al fine di educare alla previdenza e alla consapevolezza che questa non è un’imposizione fiscale, bensì una gestione dei propri risparmi.
– Istituire una sorta di separazione dei contributi soggettivi previdenziali da quelli per l’assistenza e il sostegno al lavoro. Sarebbe pericoloso continuare a confondere le varie funzioni ed economicamente attingere da un unico serbatoio.
– Rivendicare una riforma fiscale che consideri l’attività previdenziale di sostegno sociale, superando la concezione che le casse siano al pari di attori speculativi, sottoponendole a tassazioni doppie e triple.
– Razionalizzare le attività gestionali degli enti, mettendo a fattor comune funzioni e soluzioni. Ciò non deve andare a detrimento dell’autonomia delle singole casse, ma l’obiettivo è generare risparmi di scala.
– Ridefinire la natura privatistica delle casse professionali, con una conseguente rivisitazione delle funzioni di controllo e vigilanza, nell’ottica dell’essenzialità, efficacia e sburocratizzazione.
Credo che l’atteggiamento di grande responsabilità che le casse previdenziali hanno assunto nel contrasto alla pandemia abbia dimostrato quanto sia indispensabile il loro ruolo di sussidiarietà, di supporto alle persone e all’attività professionale.
Quest’anno gli enti del 103 celebrano il 25ennale dalla fondazione, ed il 22 ottobre si terranno inoltre gli “Stati generali della previdenza dei liberi professionisti” dell’Adepp. Sono occasioni propizie per formulare una proposta complessiva di rivisitazione del sistema. E’ un’occasione per confrontarsi affinché assieme si costruisca un nuovo progetto capace di genare un futuro solido e adeguato.
*presidente Eppi
Fonte: