Chiusa l’assemblea di Mediobanca, nella contesa per la Galassia del Nord ora l’attenzione è tornata su Generali. Giovedì 28 gli azionisti di Piazzetta Cuccia hanno dato il via libera alle modifiche statutarie che eliminano il vincolo di tre amministratori ex dirigenti di Mediobanca da almeno tre anni e aumentano la rappresentanza delle minoranze fino a tre consiglieri, di cui uno per gli istituzionali. Un accoglimento delle richieste avanzate da Leonardo Del Vecchio, che di Mediobanca detiene 18,9%. Di fatto un’azione distensiva che però non spegne la tensione intorno alla Galassia. Lo ha dimostrato il voto contrario del patron di EssilorLuxottica alle politiche di remunerazione del gruppo bancario, così come l’astensione sulla polizza assicurativa di responsabilità civile a favore dei consiglieri. A votare sì su tutta linea, un po’ a sorpresa, è stato invece Francesco Gaetano Caltagirone, che di Mediobanca detiene il 3%. Del resto l’imprenditore romano non ha mai nascosto che per lui la vera partita è Generali, che la prossima primavera dovrà rinnovare la governance. Caltagirone, assieme a Del Vecchio e Fondazione Crt, chiede con forza un nuovo amministratore delegato per il Leone nonostante gli ottimi risultati raggiunti dal group ceo Philippe Donnet: dalla presentazione del suo piano, il 23 novembre 2016, Generali ha fatto decisamente meglio delle altre compagnie europee, con un total shareholder ratio del 117% rispetto al 39% di Axa o al 66% di Allianz.

Intanto il patto di consultazione Del Vecchio-Caltagirone-Crt continua a rafforzarsi in vista dell’assemblea di primavera. Venerdì 29 Caltagirone ha comprato un altro 0,12% di Generali arrivando al 6,74% e portando il fronte al 13,6%. Dall’altra parte c’è Mediobanca, che dopo il prestito titoli sul 4,42% ha in mano il 17,22%. Probabile, salvo ricuciture dell’ultimo minuto, che le liste da presentare per il rinnovo saranno quindi due. Anzi tre, se si tiene conto di quella di Assogestioni oltre quelle degli azionisti riottosi e del consiglio di amministrazione. Su quest’ultimo fronte le procedure sono già state avviate con l’intento di arrivare ad una scelta quanto più possibile condivisa e apprezzata dal mercato. L’intenzione è replicare le migliori prassi, hanno sottolineato in più occasioni da Trieste, allineandosi alle evoluzioni in atto: il numero delle società quotate a Piazza Affari che hanno cda indicati dallo stesso consiglio è salito 10, tra cui Fineco, Banco Bpm e Tim. Il doppio di 4 anni fa e Generali è intenzionata ad aggiungersi alla lista rispondendo, con i fatti, all’accusa degli sfidanti, secondo i quali che il consiglio sarebbe espressione di Mediobanca e quindi anche la lista del cda sarebbe in qualche modo indebolita in partenza. Non a caso in queste settimane il dialogo con Consob è stato costante ed è stato rafforzato il tema dell’indipendenza dei consiglieri. Il comitato per le nomine e la remunerazione, che ha un ruolo centrale per la definizione della lista del cda perché ne supporta l’attività istruttoria con pareri motivati anche se non vincolanti, è stato ristretto e sarà composto solo da chi rispetta in maniera rafforzata i criteri di indipendenza, ovvero la presidente Diva Moriani (vicepresidente esecutiva di Intek), Alberta Figari (avvocato di Legance) e Simona Pucci (docente a RomaTre). Mentre saranno esclusi gli altri due membri del comitato attuale, ossia il vicepresidente Caltagirone (perché non indipendente) e Romolo Bardin (ad di Delfin), visto che la commissione di controllo avrebbe chiesto di non avere rappresentanti di azionisti nel comitato. In questi giorni il cda, con la consulenza di Egon Zehnder, sta completando la procedura di autovalutazione necessaria per arrivare al parere di orientamento che dovrà definire la composizione ottimale del prossimo board dal punto di vista qualitativo e quantitativo. In pratica, dovrà fissare i criteri in base ai quali verranno selezionati i futuri consiglieri. Per inizio 2022 è attesa invece la long-list (che dovrà contenere un numero di candidati superiore di almeno il 50% della lista finale), ma solo dopo che il presidente della compagnia Gabriele Galateri e la presidente del comitato Moriani avranno incontrato mercato, azionisti e proxy advisor per un parete. Una fase-2 che potrà essere seguita ancora da Egon Zehnder o da un altro consulente.

Si vedrà, e resta anche da capire che cosa decideranno di fare i rappresentanti degli azionisti riottosi, visto che le procedura approvata dal cda su questo punto è piuttosto complessa: «I componenti del cda azionisti o riconducibili ad azionisti valuteranno la doverosità o l’opportunità di astenersi ove non abbiano formalmente dichiarato che non presenteranno né concorreranno a presentare una lista di candidati concorrente alla lista del consiglio». Una doppia negazione che sembra lasciare nel limbo chi decidesse di presentare solo successivamente una lista alternativa. Ma al di là delle contese è evidente che a decidere se la lista del consiglio, Donnet compreso, sarà all’altezza delle prossime sfide di Generali saranno gli azionisti istituzionali, che oggi detengono poco meno 36% di Generali. Intanto Donnet venerdì 29 ha incassato il successo dell’opa su Cattolica (con Equita advisor), superando l’84% e continua a lavorare al nuovo piano che sarà presentato il 15 dicembre. Un cda è già stato fissato a metà novembre per illustrare le prime linee guida. (riproduzione riservata)
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