di Angelo De Mattia
Come anticipato dal presidente dell’Ivass e direttore generale di Bankitalia Luigi Federico Signorini, anche quest’ultima disporrà dello strumento del «mystery shopping», cioè della possibilità di entrare in contatto in incognito con gli intermediari o in presenza o da remoto con l’ausilio della tecnologia per verificare i loro comportamenti. Si tratterà di lanciare, inizialmente, un progetto-pilota, come ha scritto ieri questo giornale, alla stregua di quello promosso dall’Eiopa, l’authority europea delle assicurazioni di concerto con l’Ivass, che dovrà estendersi oltre le operazioni cross-border come ora previsto. E’ un’iniziativa che risponde all’esigenza di ampliare le modalità per accertare la correttezza dei comportamenti dei soggetti vigilati e per rafforzare la tutela del consumatore. Fa parte di quegli strumenti integrativi e di portata circoscritta, ma utili innanzitutto agli organi di supervisione, come il whistleblowing, l’attività di segnalazione di illeciti e irregolarità in un soggetto pubblico o privato.
Ma è ovvio che, per l’introduzione del mystery shopping dovrebbe essere necessaria una normativa europea e una nazionale, soprattutto se la verifica in incognito mira, come dovrebbe essere logico, a trarre poi specifiche conseguenze, anche sotto il profilo sanzionatorio e di iniziative nel versante penale, nei confronti dell’intermediario visitato. In sostanza, se nel contatto emergono profili che possono portare alle predette conseguenze, è necessario che tale eventualità sia puntualmente disciplinata con riferimento al momento in cui cessa l’incognito e si assume la veste del controllore nel corso dello stesso contatto o successivamente con un intervento non più nascosto dell’organo di vigilanza. Ciò non per prospettare problemi che frenino l’innovazione in questione, ma per evitare che quest’ultima, introdotta superficialmente, dia la stura a controversie e finisca per confliggere con il diritto di chi è controllato di sapere di esserlo, a meno che non sia sottoposto a indagini dell’Autorità giudiziaria, con le garanzie e i limiti che le caratterizzano.
Prima di immaginare, dunque, una normativa secondaria che sarebbe opera della Vigilanza (nel nostro caso, della Banca d’Italia) occorre pensare alla solidità e inattaccabilità di una normativa primaria, la secondaria dovendo essere, per i problemi accennati, meramente attuativa. Questo argomento si collega, in via generale, a quello degli strumenti a disposizione della Vigilanza, in particolare nella funzione ispettiva, per gli accertamenti nei confronti degli intermediari controllati e ripropone l’esigenza di una valorizzazione del carattere di prossimità proprio della Vigilanza stessa. Su questa materia sarebbe auspicabile un’ulteriore riflessione, a cominciare da oggi in occasione della celebrazione della novantasettesima Giornata del Risparmio, come da tradizione promossa dall’Acri. I poteri della Supervisione sono nettamente aumentati, se solo si pensa a quelli, nettamente minori, vigenti negli anni ‘70, ‘80 e ‘90. Da tempo si è aggiunta la previsione del reato di ostacolo all’attività di Vigilanza, che avrebbe bisogno però di una netta configurazione (che quantomeno si spera avvenga in via giurisprudenziale) per definire meglio ciò che è vero e proprio ostacolo e ciò che, invece, non viene visto da chi controlla, anche per evitare l’assurdo che un’amplissima dilatazione dell’ipotesi di reato possa arrivare a una sorta di atteggiamento, in base al quale si possa dire al controllato «dimmi le irregolarità che hai compiuto e le ipotesi di reato che hai commesso, diversamente scatta l’ostacolo all’attività di Vigilanza»: ovviamente, questa è un’estremizzazione; tuttavia la necessità di precisazioni e completo chiarimento per ora resta insoddisfatta. Ma vi è di più: precisati i fini diversi della funzione di supervisione da quelli della magistratura o della polizia e ribadito che la funzione non può sempre e comunque prevenire crisi e casi di mala gestio, occorrerebbe esplicitare di quali ulteriori poteri e mezzi giuridici la Vigilanza ha bisogno per chiudere definitivamente il tema dell’incompletezza delle attribuzioni e non farvi più riferimento al verificarsi di casi concreti di difficoltà o dissesti bancari che comunque ci si augura non si ripetano. E ciò tenendo anche conto di un adeguamento alle dinamiche dei mercati e degli intermediari.
Anche questo tema fa parte, eccome, della tutela del risparmio che oggi si celebra, insieme, s’intende, con molti altri tra i quali si spera un qualche riscontro abbia la proposta avanzata e rilanciata dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli. Si tratta di un progetto per indirizzare, con il sostegno fiscale, una parte dell’abbondantissima massa di depositi che giace negli Istituti per molteplici ragioni (a cominciare dall’atteggiamento precauzionale dei risparmiatori dovuto agli effetti della pandemia) verso impieghi direttamente produttivi. Non un’asettica celebrazione, dunque, ma una Giornata di concretezza e di impegni. (riproduzione riservata)
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