TRIDICO ILLUSTRA L’IPOTESI DI PENSIONE A 62 ANNI PER USCIRE DA QUOTA 100. IN MANOVRA 5 MLD
di Andrea Pira
Vale circa 5 miliardi di euro il capitolo sulla previdenza della manovra che il governo varerà nelle prossime settimane. Risorse destinate in primo luogo alla gestione della scadenza a fine anno di Quota 100 e in parte alla rivalutazione degli assegni. Assieme agli interventi sul reddito di cittadinanza e alla proroga al 2023 del Superbonus 110% gli interventi sulle pensioni rappresenteranno il cuore della prossima legge di Bilancio. Tra le opzioni allo studio c’è il rafforzamento dell’Ape sociale, l’indennità garantita dallo Stato ed erogata dall’Inps a lavoratori in stato di difficoltà che chiedono di andare in pensione a 63 anni. La proroga della misura al 2026, con l’ampliamento delle categorie ammesse, comporterebbe nel 2022 maggiori oneri per 126,7 milioni. A fare i conti è stato ieri in audizione alla Camera il presidente dell’Inps Pasquale Tridico, che ha passato in rassegna gli effetti delle diverse proposte avanzate dai partiti. L’analisi tiene conto degli esiti della commissione tecnica sui lavori gravosi, che ha proposto tra l’altro la riduzione da 36 a 30 anni del requisito di anzianità contributiva per i lavori gravosi nel settore edile. La cifra salirà quindi a 331,1 milioni nel 2023 per arrivare a oltre 805 milioni nel 2026. Seconda gamba dell’Ape sociale potrebbe essere l’anticipazione con quota contributiva a 63-64 anni, rilasciando la quota retributiva una volta raggiunti i 67 anni. «È un’ipotesi pienamente sostenibile dal punto di vista finanziario», ha detto Tridico ipotizzando un periodo di contribuzione minimo di 20 anni e un requisito che prevede di aver maturato una quota contributiva della pensione pari a 1,2 volte l’assegno sociale. Le simulazioni Inps a partire dal 2022 calcolano circa 50 uscite il primo anno, 66 mila il secondo e 87 mila il terzo con un costo che arriverò a 1,1 miliardi nel terzo anno. I risparmi arriverebbero dal 2028. Diverso il discorso per la pensione a quota 41 (indipendente dall’età anagrafica), che avrebbe un costo a regime di oltre 9 miliardi l’anno. Ieri intanto la commissione Finanze della Camera ha approvato la relazione per chiedere al governo una profonda revisione della riscossione. I deputati hanno esortato il governo ad abolire l’aggio; a rivedere la governance dell’Agenzia delle Entrate favorendo maggiore integrazione con la riscossione; a equiparare gli interessi dovuti dai contribuenti a quelli riconosciuti dalla pubblica amministrazione. Il testo prende inoltre di punta il nodo del magazzino fiscale, costituito al 78% da 178 milioni di crediti sotto i mille euro (per complessivi 56 miliardi), rendendo necessario un alleggerimento e una revisione del meccanismo dell’inesigibilità. Possibile anche più tempo per pagare le cartelle del periodo Covid.

Infine prendono forma anche le misure per la verifica del green pass nei luoghi di lavoro. I datori non potranno richiederlo più di 48 prima, è prevista un’app per la verifica e lo smart working non potrà essere un modo per eludere l’obbligo. Nella pubblica amministrazione è prevista la possibilità di una riorganizzazione interna per scongiurare il blocco di servizi essenziali per via di dipendenti sprovvisti della certificazione. (riproduzione riservata)

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