L’ANNO SCORSO LA PRODUZIONE È SCESA DEL 24% PASSANDO DA 18,5 A 13,4 MILIONI DI VEICOLI
di Francesco Bertolino
La crisi pandemica ha sottratto 5 milioni di veicoli alle fabbriche europee. L’anno scorso, secondo l’associazione dei costruttori Acea, la produzione di auto nel continente è scesa del 27%, passando da 18,5 a 13,4 milioni di unità. Colpa da un lato delle difficoltà causate dai lockdown alle attività d’impresa, dall’altro della riduzione della domanda da parte dei consumatori, preoccupati per le conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria. Il crollo è stato verticale in Francia (-41%), Regno Unito (-33,2%) e persino in Germania (26,4%). Gli stabilimenti italiani hanno invece assorbito meglio l’impatto del coronavirus, nonostante le numerose ore di cassa integrazione. La produzione di veicoli nel Paese è calata soltanto del 9,4%, scendendo al di sotto della soglia delle 800 mila unità. Si tratta comunque di un dato poco incoraggiante. Negli anni, infatti, l’Italia ha perso centralità nella manifattura a quattro ruote, scivolando al settimo posto in Europa per volumi produttivi dopo la Slovacchia e bruciando di conseguenza un gran numero di posti di lavoro. Quanti? Difficile dirlo perché l’Acea non aggiorna i dati sull’occupazione nazionali dal 2018 quando l’auto impiegava direttamente all’incirca 180 mila persone in Italia. Nel complesso, ha sottolineato il direttore generale dell’associazione, Eric-Mark Huitema, l’ecosistema automotive europeo dà lavoro a 12,6 milioni di addetti, il 6,6% degli occupati in Ue. Nel 2018, tuttavia, erano 14,6 milioni gli impiegati nella filiera produttiva dei veicoli: in tre anni, dunque, si sono persi 2 milioni di posti, il 14% del totale.
Da questo punto di vista la transizione elettrica della mobilità rischia di peggiorare il saldo occupazionale, considerato che le auto a batteria richiedono meno componenti, buona parte dei quali non sono ancora prodotti in Europa. Qualche avvisaglia si è già avuta con i licenziamenti alla Gkn e alla Timken, nonché con i 1500 esuberi previsti a livello globale da Marelli. Per risollevare le sorti dell’industria governo e sindacati guardano a Stellantis che ha annunciato la costruzione di una gigafactory di batterie a Termoli. Il prossimo 11 ottobre rappresentanti dei lavoratori e della casa nata dalla fusione fra Fiat-Chrysler e Peugeot sono stati convocati al ministero dello Sviluppo economico per un tavolo di confronto da cui potrebbero emergere anticipazioni sul piano strategico del gruppo, atteso tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo. Nel frattempo, però, le fabbriche, non solo italiane, devono affrontare nuovi blocchi imposti dalla carenza di semiconduttori che minacciano di arrestare la ripresa dell’auto. Stando alle informazioni fornite dall’Anfia, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, nel primo semestre del 2021 nel Paese sono state prodotte 461mila autovetture, il 69,5% in più rispetto all’anno scorso. Un dato incoraggiante, benché del 9,8% inferiore al 2019, ma che rischia di rivelarsi effimero. Alla luce dei più recenti dati negativi sulle immatricolazioni, della perdurante crisi dei chip e del conseguente ritorno della cassa integrazione, infatti, è probabile che i numeri del secondo semestre mostrino una nuova brusca frenata della produzione italiana di auto. (riproduzione riservata)
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