LA FOTOGRAFIA POST PANDEMIA SCATTATA DALL’OSSERVATORIO DI GODADDY SULLE IMPRESE ITALIANE
di Matteo Rizzi
La pandemia ha spinto la digitalizzazione delle Pmi italiane, che sono tra le più tech in Europa. È quanto ha rilevato il nuovo Osservatorio Piccole Imprese di GoDaddy, il più grande provider al mondo di domini, attraverso l’elaborazione del GoDaddy Digital Index. Una fotografia rilevante, visto che le Pmi rappresentano il 97,7%1 delle unità produttive italiane, secondo il Censimento permanente delle imprese 2019.L’analisi, realizzata in collaborazione con la società di ricerca Kantar, evidenzia come le piccole imprese italiane abbiano raggiunto un livello di digitalizzazione di 44/100, meglio di quelle tedesche (42/100) e francesi (37/100), e seconde solo alle Pmi spagnole (45/100). La crisi causata dal COVID-19, sottolinea GoDaddy, è stata un grande passo avanti per la digitalizzazione in Italia, specialmente in quei settori che prima facevano affidamento solo sui canali di vendita fisici, come il retail, i negozi di alimentari, la piccola ristorazione o l’artigianato. In particolare, è stata rilevata un’accelerazione della penetrazione degli strumenti di marketing digitale.L’indice ha preso in esame circa 5.100 piccole e medie imprese con un numero di dipendenti compreso tra 1 e 49, e ha rilevato il grado di maturità digitale delle società in Italia, Spagna, Francia e Germania. Sono stati quindi analizzati una serie di parametri suddivisi in due categorie: da una parte l’attitudine delle piccole imprese a utilizzare un approccio innovativo e strumenti digitali, dall’altro l’effettivo utilizzo degli strumenti digitali nel business quotidiano.
Le Pmi italiane hanno in parte recuperato un gap digitale che permaneva da tempo. Il 54% delle aziende italiane intervistate ritiene di aver raggiunto un livello più alto di digitalizzazione durante la pandemia di Covid-19, stesso numero dalla Spagna (53%), rispetto al 41% delle francesi e il 40% delle tedesche.
A livello di business, le imprese italiane sono state duramente colpite dalla pandemia: il 51% ha dichiarato di aver subito perdite. Si è registrato però anche un buon livello di adattamento: il 46% delle piccole imprese italiane ha modificato il proprio modo di fare business. Nel 20% dei casi le Pmi sono riuscite a sviluppare nuove aree, con performance migliori rispetto a Germania (18%) e Francia (15%), e superate solo dalla Spagna (25%). Ben il 14% delle imprese italiane ha aperto o sviluppato ulteriormente il proprio e-commerce o i propri canali di vendita online, superando i cugini europei (7% in Germania, 8% in Francia e 12% in Spagna).
Procedendo nell’analisi dal punto di vista del commercio online, il 69% delle micro e piccole imprese italiane ha dichiarato di avere almeno un canale di vendita online, superando la Francia (63%) ma mostrando ancora un buon margine di miglioramento rispetto alle performance di Germania (77%) e Spagna (73%). Concentrandoci sull’Italia, il 49% delle attività ha affermato di utilizzare il sito web aziendale come canale di vendita, mentre il 34% utilizza i canali social per promuovere i propri prodotti o servizi, solo il 12% si affida ai marketplace. In Italia, il 55% delle imprese che usa canali di vendita sul Web ha iniziato a vendere online da 3 o più anni, mentre il 35% lo ha fatto negli ultimi due anni, dato che mostra un buon aumento nell’utilizzo dI Internet per vendere direttamente i propri prodotti o servizi.
Il 62% delle attività italiane ha dichiarato di avere un sito web, e il 71% di queste usa il sito e i social network per attività di marketing. La piattaforma social più amata è Facebook, utilizzata dall’86%: più di Francia (82%), Germania (81%) e Spagna (80%). Segue Instagram, usato dal 58% delle PMI italiane che utilizzano i social. Infine, tra le altre piattaforme utilizzate dalle PMI italiane a scopo di marketing troviamo LinkedIn (36%), YouTube (27%) e Twitter (18%).
Uno degli aspetti più peculiari emersi dalla ricerca è il ruolo di WhatsApp, indica GoDaddy, canale che ha giocato un ruolo strategico soprattutto durante la fase più complicata della pandemia, soprattutto per le attività da 1 a 9 dipendenti. Il 54% delle imprese italiane che usano i social ha dichiarato di aver utilizzato questa applicazione per restare in contatto con i clienti e promuovere prodotti e servizi.
Nel campo marketing, i business italiani mostrano un crescente interesse nell’utilizzo degli strumenti e canali digitali: il 71% delle imprese intervistate usa il proprio sito web o i social media per attività di marketing. Proseguendo nell’analisi delle iniziative di marketing, altri canali utilizzati dalle imprese italiane per farsi conoscere sono: l’invio di newsletter e email di marketing (25%), l’uso di un profilo Google My Business per gestire la propria presenza tra le ricerche e sulle mappe del motore di ricerca (15%), la gestione di un blog legato all’attività (11%), la creazione di un’app (7%).
L’83% delle Pmi italiane afferma che la digitalizzazione ha migliorato il livello di competitività e ha permesso di vendere con più successo sia online che offline (per il 78% del campione) e di lavorare in modo più flessibile (77%). In Italia, le Pmi spiccano anche per un maggior utilizzo dei pagamenti digitali (50%). Le carte o i bancomat sono preferiti solo dal 29% delle francesi, dal 37% delle tedesche, dal 45% delle spagnole.
Tuttavia, sottolinea GoDaddy, anche se il periodo della pandemia ha dato un’accelerazione verso l’impiego di strumenti e sistemi digitali per la gestione del proprio business e dei rapporti con i clienti, il margine di miglioramento è ancora ampio. Soprattutto in Italia, le piccole attività fanno ancora un utilizzo limitato delle strategie di marketing online e degli strumenti più recenti come i podcast e l’influencer marketing.
Le categorie. L’Osservatorio ha classificato le piccole imprese in quattro diverse categorie in base all’attitudine alla digitalizzazione e all’effettivo utilizzo di strumenti innovativi: Digital Innovators (caratterizzati da un forte approccio innovativo e al frequente utilizzo di strumenti digitali); Digital Settled (aziende ben equipaggiate con dispositivi tecnologici, ma con una visione scettica sull’evoluzione della digitalizzazione), Digital Starters (che sono convinte dei vantaggi della digitalizzazione, ma non dispongono ancora di strumenti innovativi) e Digital Sceptics (aziende che non hanno ancora investito in attrezzature tecniche e mostrano un basso impegno nel digitale).
Tra i mercati analizzati, l’Italia detiene la percentuale più alta, al pari con la Spagna, di Digital Starters (22%), ossia le Pmi giovani, sul mercato da non più di quattro anni, che sebbene abbiano un livello di digitalizzazione leggermente sotto la media, hanno una forte predisposizione all’innovazione, e credono fortemente che l’utilizzo di strumenti digitali sia un fattore fondamentale per la crescita. Si tratta di aziende che lavorano sia all’ingrosso che al dettaglio con un modello tradizionale, nei settori marketing, pubblicità, PR e design.
Altrettanto importante in Italia la percentuale di Digital Innovator (24%), quelle imprese che hanno già una grande affinità con gli strumenti digitali, come l’utilizzo dei social media per attività di marketing o l’e-commerce per la vendita dei prodotti. In questa categoria rientrano aziende che operano nel settore dell’ospitalità e della ristorazione, dei servizi finanziari, delle assicurazioni e dell’amministrazione.
Tuttavia, esiste un’alta percentuale, il 30%, di Pmi che rientrano nella categoria Digital Settled, con un buon livello di digitalizzazione, ma reticenti ad utilizzare strumenti di marketing digitale o ad utilizzare l’e-commerce. Rientrano in questa categoria aziende del settore dei servizi professionali, della consulenza manageriale, dei servizi di tecnologia e telecomunicazioni, immobiliare, noleggio e leasing.
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