RCA
Autore: Marco Rossetti
ASSINEWS 335 – novembre 2021
Si apre una nuova frontiera di contenzioso bagatellare?
1. Pretese fantasiose
“L’immaginazione al potere” fu uno dei più seducenti slogan lanciati da Herbert Marcuse in un celebre pamphlet (Marcuse, Fine dell’utopia, Bari 1967).
Il filosofo berlinese, però, certamente non conosceva i giuristi nostrani.
Li avesse conosciuti, non sarebbe stato così audace. La basoche, da noi, di fantasia ne ha così tanta che nessuna regola sembra resisterle. Altro che “l’immaginazione al potere”; per taluni interpreti si dovrebbe piuttosto parlare di “potere all’immaginazione”.
Emblematica di questa straordinaria e fertilissima “fantasia creatrice”1 mi sembra il caso recentemente deciso, in grado di appello, dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (sentenza 6 luglio 2021 n. 2349, in ww.iusexplorer.it).
Accadde dunque che un automobilista, al momento di rinnovare il contratto di assicurazione della r.c.a., apprese che la compagnia assicuratrice aveva aumentato il premio. L’assicurato pagò ugualmente il premio maggiorato e subito dopo convenne l’assicuratore dinanzi al Giudice di pace competente per territorio, chiedendone la condanna alla restituzione della maggiorazione (per la cronaca, 130 euro e mezzo).
A fondamento di questa invero singolare pretesa l’assicurato dedusse che l’aumento di premio non gli era stato “previamente comunicato”; che se l’assicuratore non comunica l’ammontare del (nuovo) premio al momento di rinnovo del contratto, perde la facoltà di pretendere un aumento; che al momento in cui seppe dell’aumento non vi era più il “tempo utile” per rivolgersi ad altro assicuratore; che in definitiva aveva accettato l’aumento di premio “non per libera scelta ma per necessità”.
Dirò tra breve per quali ragioni una simile pretesa dovesse apparire stupefacente; qui intendo sottolineare che ancor più stupefacente fu il fatto che una domanda così singolare sia stata accolta dal Giudice di pace.
La legalità è stata ripristinata dal Tribunale, quale giudice d’appello, il quale accogliendo il gravame dell’assicuratore ha affermato – del tutto correttamente – che “non esiste alcuna normativa che imponga l’applicazione del premio dell’anno precedente nell’ipotesi in cui la società assicuratrice abbia omesso di fornire informazioni sull’aumento del premio assicurativo”.
Affermazione corretta, si diceva, ma che merita una chiosa: l’inadempimento degli obblighi informativi precontrattuali gravanti sull’assicuratore in generale, e sull’assicuratore della r.c.a., in particolare, può determinare varie conseguenze (civili, amministrative, disciplinari), sino a produrre la nullità del contratto: ma in nessun caso può produrre una reductio ad aequitatem del contratto, attraverso il “blocco” del premio.
Né, del resto, una simile eventualità sarebbe immaginabile nemmeno de iure condendo. Sia perché il premio è determinato dall’andamento dei sinistri, sicché costringere l’assicuratore ad accettare un premio inferiore a quello che risulta dal corretto rapporto tra premi e sinistri lo esporrebbe al rischio di incapienza, e dunque alla violazione dell’obbligo di sana e prudente gestione.
Sia perché qualsiasi “blocco” dei premi appare di dubbia compatibilità con le regole del diritto comunitario, e già in passato l’Italia venne condannata per un provvedimento normativo che aveva “calmierato” per un anno i premi dell’assicurazione r.c.a. (Corte di giust. UE, sentenza 25.2.2003, Commissione c. Italia, in causa C-59/01). È questa dunque l’occasione per ricordare brevemente quali informazioni l’assicuratore della r.c.a. sia obbligato a dare, quando debba darle ed a chi.
2. Un quadro composito
Quel monumento di tecnica legislativa che è il nostro codice civile già prevedeva norme che, da sole, sarebbero bastate a disciplinare la fase prodromica alla stipula di qualsiasi contratto: l’obbligo di correttezza (art. 1175 c.c.); l’obbligo di buona fede durante le trattative (art. 1337 c.c.) e dopo la stipula del contratto (art. 1375 c.c.).
Ciononostante il legislatore ha ritenuto di introdurre accanto a queste previsioni generali una miriade pulviscolare di ulteriori previsioni (di rango primario, secondario e terziario: leggi, regolamenti IVASS e circolari), disperse tra fonti diverse, e cioè:
• l’art. 120 cod. ass., che detta gli obblighi informativi generali a carico degli intermediari;
• l’art. 183 cod. ass. che detta le regole generali di condotta precontrattuale a carico delle imprese;
• gli artt. 131 e 132 bis cod. ass., che stabiliscono gli obblighi informativi precontrattuali a carico – rispettivamente – delle imprese e degli intermediari nel ramo r.c.a.;
• il regolamento ISVAP 9.5.2008 n. 23, di attuazione dell’art. 131 cod. ass.;
• il regolamento ISVAP 4/2006, sugli obblighi informativi in caso di rinnovo del contratto e sull’attestato di rischio.
Queste norme pongono agli intermediari ed alle imprese assicuratrici sostanzialmente tre obblighi: rendere conoscibile il contenuto del contratto; rendere conoscibile la misura del premio; informare l’assicurando sulle condizioni praticate da altri assicuratori, per consentirgli una scelta più consapevole.
Per quanto interessa in particolare il ramo r.c.a., va ricordato come l’art. 131 cod. ass. pone all’assicuratore e/o agli intermediari l’obbligo di:
a) rendere noto il contenuto oggettivo del contratto, obbligo che va adempiuto “mettendo a disposizione del pubblico” (sic) le condizioni generali;
b) rendere nota la misura del premio, obbligo che va adempiuto mediante “preventivi personalizzati”;
c) rendere nota la misura delle provvigioni, mediante “affissione nei locali ove l’intermediario opera”.
La legge, dunque, non impone all’assicuratore alcun obbligo di previa comunicazione del premio, ma solo quello di “mettere a disposizione”, ovvero “affiggere”, le condizioni di contratto; oppure rilasciare un preventivo a domanda dell’assicurando.
Se dunque l’assicurato vuole, può chiedere un preventivo; se non lo chiede, l’unico obbligo dell’assicuratore sarà quello di evidenziare nella polizza, e non altrimenti, la misura del premio (cfr. l’art. 131, comma 2 ter, cod. ass.: “i preventivi e le polizze indicano, in modo evidenziato, il premio di tariffa, la provvigione dell’intermediario, nonché lo sconto complessivamente riconosciuto al sottoscrittore del contratto”).
2.1. Con specifico riferimento alla pubblicità dei premi, poi, la determinazione in dettaglio delle modalità di pubblicizzazione delle con dizioni generali e dei preventivi, demandata dall’art. 131, comma 3, cod. ass., ad un regolamento Isvap2, è stata disciplinata dall’organo di vigilanza negli artt. 5 e 6 del regolamento 9.5.2008 n. 23.
Tali norme disciplinano contenuto ed effetti del preventivo richiesto dall’assicurando.
Quanto al contenuto, il preventivo deve indicare:
(a) un numero univoco identificativo, al fine di confrontare – ove il contratto sia effettivamente concluso – la corrispondenza tra questo ed il preventivo (art. 5, comma 4, reg. Isvap 23/008);
(b) il premio applicato, la provvigione dovuta all’intermediario e lo sconto eventualmente applicato (art. 131, comma 2 ter, cod. ass.; la norma è inutilmente replicata dall’art. 5, comma 3, reg. Isvap 23/2008);
(c) l’esistenza di eventuali “clausole di esclusione e rivalsa”.
Se il preventivo è fornito via internet, l’assicuratore ha l’obbligo di mettere in evidenza nella pagina principale del proprio sito (home page) il rinvio (link) alla sottopagina per la creazione del preventivo, e di consentire l’inoltro di reclami on line sulle eventuali disfunzioni della procedura di elaborazione del preventivo. Il preventivo deve avere una validità non inferiore a 60 giorni, né superiore a quella prevista per il premio che l’assicuratore sta praticando.
Se l’assicuratore prevede di innalzare i premi successivamente alla data di decorrenza del contratto richiesta dall’assicurato, nel preventivo dovrà essere indicato il nuovo premio (art. 5, comma 5, reg. Isvap 9.5.2008 n. 23).
La norma sulla “validità” del preventivo è in verità piuttosto ambigua. Ed a volerla interpretare in modo razionale, al fine di superare tale ambiguità, essa diviene inutile.
Vediamo il perché. Dire che un preventivo è “valido” per un periodo di tempo prestabilito non può voler dire altro che l’assicuratore non può stipulare a condizioni diverse da quelle indicate nel preventivo, se il contratto viene concluso prima della scadenza della suddetta “validità”.
Ma se questo è il senso della norma essa è perfettamente inutile. L’assicuratore ha infatti l’obbligo di contrattare in base alle condizioni ed alle tariffe che obbligatoriamente vanno predisposte in via preventiva per ogni tipo di rischio derivante dalla circolazione (art. 132 cod. ass.).
In un sistema in cui tariffe e condizioni vanno stabilite ex ante in linea generale, e nel quale l’assicuratore non si può sottrarre alla loro applicazione, che un preventivo sia dichiarato “valido” per 1, 10 o 100 giorni non cambia nulla: l’assicuratore sarà sempre obbligato a stipulare in base alle condizioni ed ai premi prestabiliti ai sensi dell’art. 136 cod. ass., anche se nel preventivo ne abbia indicati di diversi.
Per recuperare un senso alla norma si potrebbe, in teoria, ritenere che prevedendo una “validità” minima del preventivo il legislatore abbia inteso quest’ultimo alla stregua di una proposta irrevocabile, per effetto della quale il contratto si perfezionerebbe per effetto della accettazione del preventivo da parte dell’assicurando.
Tale conclusione tuttavia è impedita da ostacoli insormontabili. In primo luogo essa contrasta con il sistema previsto dallo stesso codice delle assicurazioni, che qualifica espressamente la dichiarazione precontrattuale dell’assicurando come “proposta”, e mai come accettazione (art. 136 cod. ass.).
In secondo luogo, osta alla qualificazione del preventivo in termini di proposta irrevocabile la stessa previsione dell’art. 5, comma 5, reg. Isvap 23/2008, il quale non impedisce affatto alle imprese di mutare condizioni e tariffe nel corso di “validità” del preventivo, ma anzi prevede espressamente che il mutamento della tariffa comporta la perdita di validità del preventivo.
2.2. Gli art. 131 e 136 cod. ass., dunque, pongono a carico degli assicuratori e degli intermediari adempimenti più formali che sostanziali (“mettere a disposizione”, “affiggere”, rilasciare “preventivi”).
Obblighi altrettanto formali sono quelli previsti dall’art. 132 bis, comma 1, cod. ass., il quale impone all’intermediario di far conoscere all’assicurando le condizioni ed i premi praticati da tutte le imprese di assicurazione di cui fosse mandatario, al fine di consentire al cliente una più consapevole scelta (è stata invece abrogata, nel 2017, la bizzarra norma che imponeva all’intermediario, a pena di nullità del contratto, di informare il cliente sulle condizioni contrattuali proposte da almeno tre diverse compagnie assicurative non appartenenti a medesimi gruppi).
3. Qual i sanzioni?
Quali le conseguenze della violazione delle norme sin qui esaminate? Distinguiamo le conseguenze disciplinari, amministrative e civilistiche.
Sul piano disciplinare, la violazione dell’obbligo di mettere a disposizione le condizioni generali o la nota informativa è punita (ovviamente se commessa dagli intermediari) con il richiamo, la censura o la radiazione, a seconda della gravità (art. 324 cod. ass.).
Sul piano amministrativo, la violazione dell’obbligo di mettere a disposizione le condizioni generali o la nota informativa, così come l’omessa indicazione del premio o la violazione dell’obbligo di rilasciare preventivi è punita dall’art. 324 cod. ass. con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 5 milioni di euro, se commessa da società (art. 324 e 324 bis cod. ass.); oppure da 1.000 a 700.000 euro, se commessa da persone fisiche.
Sul piano civilistico, l’art. 132 bis, ultimo comma, cod. ass., commina la nullità al contratto stipulato “senza la dichiarazione del cliente di aver ricevuto” le informazioni prescritte dal primo comma della stessa norma: e dunque il premio e le condizioni generali di polizza. Ovviamente a tale conseguenza, espressamente prevista, va affiancata quella generale al risarcimento del danno, risultante dal combinato disposto degli articoli 1175 e 1337 c.c., nel caso di violazione dei doveri di correttezza e buona fede durante le trattative.
4. Previsioni di dubbia efficacia
Così ricostruito il quadro degli obblighi precontrattuali gravanti sull’assicuratore della r.c.a., è ora il momento di trarre alcune conclusioni.
La prima conclusione è che nessuna norma di legge o di regolamento impone all’assicuratore di non aumentare il premio.
La seconda conclusione è che nessuna norma di legge prevede a carico dell’assicuratore una decadenza dal diritto di aumentare il premio, se non comunica il nuovo premio all’assicurato prima della scadenza del contratto.
Irrilevante, a tal riguardo, è la previsione di cui all’art. 3 reg. ISVAP 4/06, il quale si limita a stabilire che nella comunicazione da inviare all’assicurato prima della scadenza del contratto di assicurazione della r.c., l’assicuratore deve informarlo della data di scadenza del contratto, delle modalità di esercizio della disdetta e delle “indicazioni in merito al premio di rinnovo della garanzia”.
Una norma, dunque, che prevede solo un obbligo di comunicazione, la cui violazione non può che rilevare sul piano disciplinare od amministrativo, ma non su quello civilistico.
Per avvedersene, ipotizziamo la seguente situazione: il contratto sta per scadere; l’assicuratore ha in animo di aumentare il premio; l’assicuratore non manifesta tale intenzione; l’assicurato, al momento del rinnovo, si vede presentare la richiesta di un premio maggiorato rispetto a quello pagato per il periodo assicurativo appena concluso.
In questa ipotesi le regole del diritto civile non ammettono alternative: se l’assicurato paga il nuovo e maggior premio, tiene una condotta concludente che manifesta la volontà di accettazione dei nuovi patti.
E poiché protestatio contra factum proprium non valet (c.d. principio di autoresponsabilità, in virtù del quale le dichiarazioni negoziali immesse nel traffico giuridico producono gli effetti secondo il loro significato oggettivo, e non secondo il significato che il dichiarante attribuisce loro in pectore), colui il quale accetta liberamente di pagare un determinato premio non può poi dolersi di non essere stato previamente avvisato della misura di esso.
Ché se poi l’assicurando rifiutasse di stipulare il contratto alle nuove condizioni, e circolasse senza copertura assicurativa, mai potrebbe dolersi di essere stato costretto a farlo.
Il danneggiato non può infatti pretendere il risarcimento dei danni che avrebbe potuto evitare con l’uso dell’ordinaria diligenza (art. 1227 c.c.), e certamente non può ritenersi diligente quegli che, in violazione di un preciso obbligo di legge, si ponga alla guida di un veicolo privo di copertura assicurativa.
Un danno teoricamente risarcibile potrebbe essere quello causato dalla forzosa rinuncia all’uso del veicolo, impedito dalla mancanza di un contratto assicurativo; anche in questo caso tuttavia l’assicuratore ben potrebbe eccepire, ai sensi dell’art. 1227 c.c., che l’assicurando avrebbe potuto agevolmente stipulare altrove un’altra polizza a copertura della propria r.c.a..
In definitiva, nel caso di condotta non trasparente dell’assicuratore (o dei suoi intermediari) durante le trattative, quando non segua la stipula del contratto, mi pare che l’unico danno concretamente risarcibile ex art. 1337 c.c. sia quello costituito dai maggiori oneri assicurativi, e cioè rappresentato dal fatto dell’assicurando che, fiducioso nella prossima conclusione del contratto con la compagnia Alfa, abbia rinunciato ad offerte assicurative vantaggiose formulate dalla compagnia Beta, revocate prima che l’assicurando abbia potuto prenderle in considerazione.
L’unica conseguenza civilistica prevista dalla legislazione di settore, nel caso di violazione degli obblighi informativi precontrattuali, resta dunque la nullità del contratto, comminata dall’articolo 132 bis, quarto comma, cod. ass., nel caso in cui l’intermediario non informi “il consumatore” (noto incidenter tantum: una norma, dunque, che non dovrebbe applicarsi quando a stipulare il contratto di assicurazione della r.c.a. sia un professionista o un’impresa) “sui premi offerti da tutte le imprese di assicurazione” di cui fosse mandatario. Una sanzione, tuttavia, più teorica che reale: ed infatti la nullità del contratto, operando retroattivamente, lascerebbe l’assicurato privo di copertura, privandolo di qualsiasi diritto all’indennizzo.
Quanto all’ipotesi dell’annullabilità per errore o dolo del contratto che dovesse comunque essere concluso in esito a trattative condotte in mala fede dall’assicuratore o dal suo intermediario, secondo le regole generali di cui al codice civile, tale strada è certamente praticabile, ma l’assicurato avrà il non agevole compito di provare la riconoscibilità dell’errore nel primo caso, e la dolosa induzione a contrarre nel secondo caso.
Ove comunque tale prova dovesse essere fornita, l’assicurato avrà diritto alla restituzione del premio ed al risarcimento del danno: quest’ultimo potrà consistere sia nei maggiori oneri assicurativi che l’assicurato dovrà sostenere per dotarsi di una nuova copertura; sia nel costo dei sinistri che si dovessero essere medio tempore verificati.
L’annullamento del contratto infatti opera retroattivamente, e di conseguenza l’assicurato è tenuto a risarcire personalmente i sinistri avvenuti nelle more tra la stipula e l’annullamento.
Tale esborso costituisce un danno risarcibile causalmente discendente dalla violazione dell’obbligo di buona fede durante le trattative.
Se, infatti, tale obbligo fosse stato rispettato, il contratto si sarebbe formato in modo valido ed efficace, e l’assicurato sarebbe stato tenuto indenne dei danni causati a terzi.
1 Secondo la celebre definizione di Orestano, Introduzione allo studio del diritto romano, Bologna 1987. Il volume, ad onta del titolo, si occupa molto poco del diritto romano, e costituisce piuttosto un’analisi storico-filosofica del formarsi dell’esperienza giuridica europea.
2 Anche in questo caso ci troviamo dinanzi ad una forma di delegificazione in assenza di direttive o criteri generali