COMPAGNIE PRONTE A SOSTENERE CON I LORO INVESTIMENTI LA TRANSIZIONE ECOLOGICA
di Anna Messia
L’industria assicurativa, con oltre 30 mila miliardi di dollari gestiti a livello mondiale, è pronta ad avere un ruolo determinante per investire in attivi sostenibili e di lungo termine, contribuendo a finanziare la transizione verso economie a emissione zero. Obiettivo che, come noto, è tra le priorità che la presidenza italiana ha voluto porre al centro dei lavori del G20 di quest’anno, che ruota intorno al trinomio delle tre P (People, Planet e Prosperity), ovvero persone, pianeta e prosperità.
L’argomento è stato ieri al centro della prima giornata dell’Insurance Summit organizzato a Roma dall’Ania, in collaborazione con la Federazione Internazionale delle Associazioni assicurative. Un evento aperto da un messaggio del presidente del consiglio Mario Draghi, che ha ricordato come le assicurazioni possano rivelarsi un alleato essenziale per raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050 e ha sottolineato come in Italia il mondo assicurativo a fine 2020 avesse all’attivo «oltre mille miliardi di euro d’investimenti». Molto interessante, da questo punto di vista, è «la recente emissione da parte della Commissione Europea di 250 miliardi di green bond», ha sottolineato la presidente di Ania, Maria Bianca Farina, aggiungendo che le compagnie «possono dare un supporto sostanziale anche come fornitori di adeguate coperture assicurative, agendo da catalizzatore per orientare la clientela verso comportamenti virtuosi e innovativi». Anche il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha sottolineato come le assicurazioni possano avere un ruolo per una transizione verso un’economia più inclusiva e verde. Il settore assicurativo, ha spiegato, può «contribuire a una crescita economica che rispetti l’ambiente con l’assunzione e la gestione del rischio»
Restano però alcuni nodi da sciogliere. Il primo riguarda la definizione stessa di investimenti green, che non è ancora del tutto chiara. Ieri il direttore generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass, Luigi Federico Signorini, ha sottolineato come le policy sugli investimenti finanziari sostenibili non siano né armonizzate né facilmente verificabili. I sistemi di punteggio sono eterogenei, ampiamente soggettivi e talvolta opachi. Gli investimenti Esg «differiscono tra le agenzie molto più dei rating creditizi, a causa di profonde differenze concettuali e metodologiche; pesano diversamente le singole componenti», ha ammesso Signorini, aggiungendo che «la confusione è destinata ad aumentare e il fenomeno del greenwashing (un ecologismo di facciata, ndr) è un rischio che non dovrebbe essere preso alla leggera. Da qui l’importanza di dati di alta qualità, granulari e comparabili a livello internazionale».
Da parte sua la commissione Europea sta lavorando alla nuova tassonomia, per definire uno standard europeo univoco per le obbligazioni e gli investimenti verdi, con le prime misure incentrate sulla lotta al cambiamento climatico che dovrebbero entrare in vigore all’inizio dell’anno prossimo, ha ricordato Mairead McGuinness, Commissaria Ue per i servizi finanziari e la stabilità finanziaria. Sul tavolo non c’è solo la questione della definizione, ma anche quella sul capitale. Tra le compagnie assicurative più attive sugli investimenti Esg c’è di certo Generali che, come ha ricordato ieri il group ceo Philippe Donnet, ha già speso un miliardo della dotazione complessiva da 3,5 miliardi del fondo Fenice, veicolo che punta su investimenti sostenibili. Più volte Donnet ha sottolineato la necessità di prevedere un costo del capitale più leggero per gli investimenti green ma i tempi non sembrano ancora maturi: il presidente dell’Ivass Signorini, che ieri ha sottolineato che le agevolazioni potranno essere accordate solo quando sarà dimostrata un’effettiva riduzione del rischio. (riproduzione riservata)
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