di Carlo Valentini
Il turismo fatica a risollevarsi dopo il lockdown. La stagione estiva è stata double face: fino alla fine di luglio c’è stato un encefalogramma piatto, in agosto si è registrato un rimbalzo ma assai parziale e che non è riuscito a recuperare il perduto, settembre è ritornato poi col segno quasi completamente negativo. L’ acuirsi dei contagi sta mettendo seriamente a rischio pure la prossima stagione invernale. Dice l’albergatore Franco Vanucci, presidente del consorzio Riccione turismo: «La mancanza di sicurezza mette in difficoltà. Le notizie spaventano e per prenotare una vacanza di Natale i turisti aspettano di essere certi che sia tutto in ordine. Siamo nella nebbia».

L’importanza del turismo su tanti comparti e infine sul pil è notevole ma spesso sottovalutata nonostante nel 2019 i soli alberghi abbiano versato 2 miliardi di Iva. Stefano Dall’Ara, vicepresidente della Federazione turismo di Confcommercio, sottolinea che solo un decimo dei bonus vacanze è stato utilizzato e chiede che i fondi in eccesso vengano destinati a sostenere un’industria così colpita, con gli albergatori che pur di tenere aperto hanno abbassato le tariffe, anche se non remunerative. Secondo l’Unione nazionale consumatori il calo medio dei prezzi è stato addirittura del 22% a Venezia, del 10% a Rimini, del 7,5% a Firenze, del 4,5 % a Roma. Mentre i ristoranti per sopperire in parte ai maggiori oneri delle misure anti-contagio hanno aumentato i prezzi mediamente del 2,1%. «Ma con questi numeri i bilanci vanno in rosso e le strutture potrebbero non riaprire più. Un dramma», dice Francesco Nicotri, esperto di turismo. Ci sono già i primi casi. L’hotel 5 stelle Villa La Vedetta di Firenze, situato nelle colline di viale Michelangelo, ha chiuso e licenziato i 15 dipendenti. Mentre Townhouse, catena di piccoli alberghi di lusso che a Milano gestisce un hotel in Galleria e un boutique hotel in via Goldoni ha chiesto il concordato preventivo.

All’estero spiccano i casi della catena britannica di hotel e ristoranti Whitbread che ha annunciato di avviare trattative con i dipendenti che potrebbero portare «fino a 6 mila esuberi», dopo aver chiuso il primo semestre del 2020 con ricavi «significativamente in calo anno su anno», scesi di oltre il 70%, e della tedesca Tui, primo tour operator al mondo, che ha annunciato un piano di taglio dei costi del 30% che coinvolgerà in vario modo 8 mila dipendenti. Per la prossima stagione invernale Tui prevede un calo di business del 40%.

La preoccupazione per uno dei pilastri della nostra economia è notevole. «Per tenere aperto senza andare in rosso bisogna contare su un numero minimo di presenze, quasi impossibile con fiere e congressi a zero», dice Francesco Nicoletti, che gestisce un albergo a Rimini ed è a capo di un consorzio di albergatori. La Romagna, coi suoi 3.167 alberghi, è tra le capitali italiane del turismo. Federalberghi, sede di Rimini, fornisce un dato che crea panico: ci sono 400 alberghi in vendita lungo la riviera. Un due stelle a Rimini è messo sul mercato a 250 mila euro, a Miramare un tre stelle si compra a 550 mila. Dice Stefano Rabaiotti, che gestisce a Rimini un’agenzia immobiliare specializzata in hotel: «Il prezzo degli alberghi è molto più in crisi rispetto al residenziale, siamo al 50% in meno». Aggiunge un altro agente immobiliare romagnolo, Pasquale Grassi: «Molti alberghi sono sul mercato a prezzi stracciati, perciò alla ricerca dell’affare stanno arrivando anche gruppi stranieri».

Nel secondo trimestre dell’anno il turismo ha registrato (dati Istat) 841 mila lavoratori in meno rispetto allo stesso periodo del 2019, la ristorazione capeggia la classifica con -158 mila, segue l’accoglienza con -88 mila.

A fronte di questa crisi non vi sono stati validi interventi di supporto: «Tutti i rinvii che abbiamo avuto sui mutui e sulle tasse ora stanno arrivando alla scadenza e bisogna pagare», dice Egisto Dall’Ara, di Gatteo Mare, a capo del settore turismo della locale Confcommercio. «Tante sono state le parole spese per aiutarci, ma fino ad ora non si è visto nessun euro». Protestano anche le agenzie di viaggio: «Abbiamo trascorso mesi molto duri e ne abbiamo di fronte altri assai complessi, nei quali sarà a rischio la stessa sopravvivenza delle nostre imprese», dice Pier Ezhaya, presidente di Astoi Confindustria Viaggi. «Tracciando un breve riepilogo delle misure e dei provvedimenti adottati, la sensazione è che, nonostante sia di tutta evidenza che il turismo è il settore più colpito, ci sia ancora un’ampia sottovalutazione del problema da parte delle Istituzioni».

La crisi non riguarda solo l’Italia. Zurab Pololikashvili, segretario generale dell’agenzia per il turismo delle Nazioni Unite, ha redatto un dossier: nella prima metà del 2020 si è registrato nel mondo un calo complessivo del giro turistico del 65%, con una perdita di 440 milioni di arrivi internazionali e di circa 460 miliardi di dollari di entrate. Una cifra pari a 5 volte la perdita registrata nella crisi del 2009. Commenta: «A livello mondiale stimiamo che, essendo tornati ai valori di 20 anni fa, ci vorranno dai 2 anni e mezzo ai 4 per riprenderci completamente». Concorda Carmela Colaiacovo, vicepresidente di Confindustria Alberghi: «Pesa l’assenza del turismo internazionale che per l’Italia vale più del 50% delle presenze e 44,3 miliardi di ricavi. Questa crisi sta mettendo in ginocchio il settore alberghiero e tutto l’indotto turistico soprattutto nelle città d’arte».

Demoskopea ritiene che siano 50 mila le imprese legate al turismo che rischiano il fallimento. L’istituto ha calcolato che si siano recati in vacanza, la scorsa estate, solo 33 milioni di italiani, 10 milioni in meno del 2019, con una spesa pro-capite di circa 550 euro. Secondo le stima di un altro Istituto, Demoskopica, il Veneto, con un tasso di internazionalizzazione pari al 65,3%, ha registrato una riduzione degli arrivi di 9,3 milioni (-63,3% rispetto al 2019), segue la Lombardia con una contrazione di 6,6 milioni di arrivi (-55,8%) , la Toscana con meno 6,1 milioni (-59,2%) e il Lazio con meno 4,8 milioni (-54,7%) . «Il governo decida se il turismo è davvero un settore strategico per l’economia», conclude il presidente di Demoskopica, Raffaele Rio. «Si attivi, nella forma e nella sostanza, per condividere con i portatori di interesse del comparto un piano di ripresa del turismo italiano».

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