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i Daniele Cirioli
Matrimonio fatto tra Rita e lavoro. La disoccupazione o inoccupazione è requisito necessario solo per ottenere la rendita temporanea dal fondo pensione (Rita) che, quindi, deve sussistere soltanto al momento della domanda. Se, dopo averla ottenuta, si trova un nuovo lavoro o una nuova occupazione, non si perde il diritto alla Rita che diventa cumulabile con il nuovo reddito da lavoro in attesa della pensione dell’Inps (per cinque o dieci anni). È quanto altro precisa la Covip nella circolare prot. 4209/2020 (si veda ItaliaOggi del 19 settembre).
La Rita. Sta per «Rendita integrativa temporanea anticipata»: introdotta dalla legge Bilancio 2017 tra le misure di prepensionamento, offre ai lavoratori iscritti alla previdenza integrativa (soltanto a questi, ovviamente) la possibilità di ricevere una «rendita temporanea» dal proprio fondo pensione in attesa d’intascare la pensione pubblica. La sua finalità, infatti, è quella di offrire ai lavoratori un sostegno finanziario in attesa di maturare i requisiti per la pensione obbligatoria (quella dell’Inps o di altro ente previdenziale obbligatorio). La misura, originariamente, faceva coppia con l’Ape sociale, tanto che doveva restare operativa in via sperimentale per lo stesso periodo temporale, cioè dal 1° maggio 2017 fino al 31 dicembre 2018; successivamente la Rita è stata resa «strutturale» dalla legge Bilancio 2018, cosicché non più una scadenza temporale.
In pensione prima. A conti fatti, la Rita rende possibile mettersi a riposo già a 57 anni. Non si tratta di un vero e proprio pensionamento, ma della facoltà di ricevere questa «rendita temporanea»: l’erogazione anzitempo, cioè, di quanto un lavoratore ha versato e accumulato presso un fondo pensione. Condizione basilare è la perdita di un posto di lavoro. Solo e soltanto in questi casi, la Rita può essere richiesta fino a 5 anni prima della maturazione dell’età per la pensione di vecchiaia (67 anni, oggi) e addirittura fino a 10 anni prima (a 57 anni) qualora si è disoccupati da oltre 24 mesi (in tal caso non è neanche richiesto il possesso di 20 anni di contributi versati nella previdenza pubblica).
I beneficiari. La Rita si rivolge ai lavoratori iscritti alla previdenza integrativa, ovviamente, ma non a tutti: solo a quelli iscritti alle forme pensionistiche complementari (altro modo per indicare i fondi pensioni) in regime di contribuzione definita (si sa quanto si paga di contributi, ma non si sa quanto sarà la prestazione). Ne sono esclusi, invece, i lavoratori iscritti a fondi pensione in regime di prestazione definitiva (si sa quale sarà la prestazione, ma non è la contribuzione che varia nel tempo). Inoltre, ne possono beneficiare (secondo la Covid, nota prot. 888/2018) solo gli iscritti a fondi pensioni titolari di reddito di lavoro (ciò in quanto le condizioni pongono, tra l’altro, che i richiedenti «abbiano cessato l’attività lavorativa» o che «siano rimasti inoccupati», situazioni dunque relative a soggetti-lavoratori. Riassumendo, due le vie alternative (o l’una o l’altra), con specifici requisiti, per ottenere la Rita, come indicato in tabella, che devono essere posseduti al momento della presentazione della domanda.
Il requisito del «non lavoro». Nella recente nota n. 4209/2020, la Covip precisa che il requisito della cessazione dell’attività lavorativa, accompagnata nel caso da inoccupazione superiore a 24 mesi, spiega la Covip deve sussistere al momento della presentazione della domanda di Rita, non essendo precluso all’iscritto, in assenza di specifica norma che lo vieti, intraprendere successivamente un’attività lavorativa in qualsiasi forma (dipendente, autonomo ecc.). Quindi è da ritenersi possibile lo svolgimento di attività lavorativa nel corso dell’erogazione della Rita.
Disoccupato o inoccupato. Relativamente alle modalità con cui attestare il requisito dell’inoccupazione, specie per la Rita decennale, la Covip, in un primo momento, aveva ritenuto che assumesse rilievo la sussistenza dello status di disoccupazione (di cui al dlgs n. 181/2000): stato di colui che, dopo aver perso un posto di lavoro o aver cessato l’attività di lavoro autonomo, sia alla ricerca di occupazione. Dunque inoccupazione e disoccupazione erano concetti (status) considerati identici. Intanto, però, il quadro normativo di riferimento è mutato (si veda box): per la Covip, è indifferente che l’iscritto richiedente la Rita o anche qualunque altra prestazione legata al requisito di «non lavoro» (per esempio: riscatto totale o parziale della posizione maturata) sia un disoccupato in senso tecnico e, cioè, abbia presentato la DID, ovvero sia un inoccupato: ciò che conta è che abbia cessato l’attività lavorativa svolta in precedenza.
L’attestazione del requisito. Per quanto concerne l’attestazione del requisito, la Covip suggerisce queste modalità:
• per lo stato di disoccupazione occorre dimostrare di aver presentato la DID; in alternativa, se il fondo pensione acconsente, può essere presentata una dichiarazione sostituiva di certificazione, essendo lo stato di disoccupazione menzionato tra gli stati autocertificabili (ex art. 46 del dpr n. 445/2000);
• la condizione di non occupazione (status di chi non intende registrarsi come disoccupato) può essere certificata mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.
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