di Luca Gualtieri
Non c’è solo il dossier Crédit Agricole sulla scrivania di Giuseppe Castagna. Se in queste ultime settimane i rumors su un avvicinamento tra la banque verte e Banco Bpm si sono infittiti, la strada appare tutt’altro che tracciata. Al contrario, Piazza Meda (assistita da Lazard) avrebbe scelto di tenere aperte un paio di opzioni che continuerà ad esplorare con grande attenzione, quelle relative a Unicredit e Bper.
Che nel futuro di Banco Bpm ci sia un matrimonio è strategia che Castagna non ha mai nascosto, soprattutto negli ultimi mesi: «Il nostro lavoro è essere pronti per cogliere qualsiasi opportunità», ha recentemente dichiarato il banchiere che nel 2016 fu il regista della prima fusione nell’Europa della vigilanza unica. Se il blitz di Intesa Sanpaolo su Ubi ha privato il gruppo del suo partner naturale, già prima dell’estate Banco Bpm ha iniziato a sondare il mercato in cerca di alternative.
La prima opzione è Unicredit. L’opas della Ca’ de Sass ha spiazzato anche la banca guidata da Jean Pierre Mustier, riportando sotto i riflettori il tema della strategia in Italia. L’acquisizione di Banco Bpm avrebbe molto senso per Unicredit, non solo perché consentirebbe di infittire la presenza del gruppo in una regione chiave come la Lombardia, ma anche perché si sposerebbe con la riorganizzazione societaria prevista dal piano industriale. Piazza Meda potrebbe infatti rafforzare l’anima italiana del gruppo dopo la separazione e la possibile quotazione degli asset esteri. L’idea non dispiace a diversi stakeholder di Unicredit, soprattutto ad alcuni soci storici che hanno una presenza anche nell’azionariato di Banco Bpm e che spingono per un rilancio delle attività italiane del gruppo.
La seconda opzione passerebbe invece attraverso una banca storicamente molto vicina al Banco, la Bper. Il gruppo modenese guidato da Alessandro Vandelli si è più volte avvicinato e allontanato da Piazza Meda, come sa bene chi ricorda l’abortita fusione del 2007. In quel caso a mettersi di traverso furono i potenti sindacati interni, mentre nel 2016 i progetti di fusione furono mandati a monte dall’intraprendenza del Banco Popolare di Pier Francesco Saviotti. Oggi però l’ipotesi di un nuovo avvicinamento non viene scartata, anche perché, se è vero che Bper è impegnata nell’acquisto delle 532 filiali di Intesa-Ubi, il gruppo partecipato da Unipol ha l’ambizione di crescere ancora e Banco Bpm potrebbe essere un target molto interessante.
C’è poi l’opzione Crédit Agricole che al momento non viene anteposta alle altre. Certamente comprando Piazza Meda la banque verte irrobustirebbe notevolmente la propria presenza in Nord Italia completando un arco che parte dalla Liguria e arriva al Friuli. Sul dossier però Parigi preferisce non sbilanciarsi, soprattutto perché non c’è ancora unità di vedute all’interno del gruppo. Qualche amministratore avrebbe infatti sollevato dubbi sull’opportunità di fare shopping in Italia in piena pandemia e con l’economia in forte flessione.
Di certo per ora c’è una partita che è rimasta fuori dal radar di Banco Bpm, quella di Mps. Del resto, se mai il processo di privatizzazione di Rocca Salimbeni dovesse prendere slancio, l’interlocutore quasi obbligato del Tesoro sarà Unicredit. Finora non si può dire che in Piazza Gae Aulenti l’ipotesi abbia infiammato gli animi e c’è chi ritiene che un Banco Bpm ancora celibe possa costituire un facile alibi. Una buona ragione, osserva qualcuno, per soffiare sul fuoco della speculazione e candidare Piazza Meda a un matrimonio imminente. (riproduzione riservata)
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