di Anna Messia
Quelli di fine anno sono tradizionalmente mesi di rinnovo per i contratti assicurativi e dopo la fuga dei grandi riassicuratori mondiali dai rischi legati al Covid-19 anche le poche polizze che le imprese italiane avevano per difendersi dalla pandemia rischiano di saltare. Per non parlare del futuro, con un’offerta di coperture che si è azzerata. Eppure, dice a MF-Milano Finanza Vittorio Veronesi, responsabile della divisione tecnica di Assiteca, primo broker assicurativo italiano, «le imprese sarebbero ben disposte a spendere per coprirsi da questi rischi. Per questo è decisamente apprezzabile l’iniziativa dell’Ania che ha avviato un tavolo per individuare una soluzione pubblico-privata per i rischi pandemici da presentare al governo». Iniziativa che, come riportato ieri da questo giornale, si trova però a fare i conti con il passo indietro di colossi come Swiss Re e Munich Re che – dopo aver incassato perdite miliardarie per il Covid – hanno deciso di frenare sul nuovo business. «Le poche coperture che i nostri clienti avevano per l’interruzione d’attività, inclusa la pandemia, erano con operatori internazionali e sono oggi in stand by, a rischio di rinnovo», continua Veronesi. Sulle coperture per interruzione d’attività (diffuse soprattutto all’estero) c’è stato anche un fiorire in questi mesi di cause legali. In Gran Bretagna, per esempio, ma anche in molti altri Paesi (soprattutto in Usa), le compagnie avevano negato i risarcimenti a molti esercizi commerciali (bar, ristoranti e hotel) chiusi nel corso del lockdown. Decisioni prese nonostante l’esistenza di polizze per l’interruzione dell’attività, motivate dall’assenza di danni fisici come la rottura di un macchinario o l’inagibilità dei locali per crollo dell’edificio. Ma nei giorni scorsi l’Alta Corte britannica si è pronunciata a favore delle tante imprese ricorrenti, respingendo al mittente le obiezioni delle compagnie. Una mossa che ha spinto i Lloyd’s di Londra, leader mondiali nel mercato specializzato dell’assicurazione e della riassicurazione, a pubblicare un nuovo rapporto. «Costruire prodotti assicurativi più semplici per proteggere meglio i clienti» e sostenere così gli sforzi del settore assicurativo globale, evitando così sanguinosi contenziosi legali. «Trasparenza che sarebbe consigliabile per ogni tipo di copertura», continua Veronesi, secondo il quale servirà almeno un semestre «per avere un quadro più chiaro sulle nuove possibili coperture per le pandemie e consentire così agli attuari di fare un calcolo ragionato dei possibili costi dopo la conta dei danni subiti dal sistema», e non è affatto scontato che si arrivi ad una soluzione. Del resto non possono passare inosservate dichiarazioni come quelle arrivate nei giorni scorsi da Beta Strebel, capo di Swiss Re per Medio Oriente e Africa, secondo il quale «i costi delle pandemie globali come il Covid-19 superano le capacità del settore assicurativo globale, rendendoli rischi non assicurabili». Come uscire da questa impasse? «Stiamo consigliando alle aziende di lavorare molto sulla gestione dei rischi legati alla pandemia, ad esempio facendo un’attenta valutazione della loro dipendenza dalle filiere produttive», continua Veronesi. Il manager segnala anche un altro problema che si è venuto a creare con il Covid: il possibile aumento dei costi delle coperture D&O, per la responsabilità degli amministratori. «Non solo perché sono aumentati i rischi legati alla gestione del virus nelle aziende o negli uffici, ma anche perché l’incertezza economica dei bilanci aziendali fa aumentare il rischio». (riproduzione riservata)
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