Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali
La ragnatela dei data-base reputazionali e della rete internet è impegnata da anni in attività di rating e scoring.
Al nome e cognome di una persona si abbinano report che formulano sintetiche espressioni valutative, da cui dipende la possibilità di avere un finanziamento o un mutuo. Il profilo virtuale rintracciabile on line è sfornato da siti che offrono risposte immediate e gratuite. La quantità delle informazioni è enorme, non sempre la loro qualità. E bisogna aggiungere che la capacità delle leggi e delle tutele per l’interessato non sempre raggiunge gradi apprezzabili di effettività.
Come sempre ci sono diversi interessi in gioco e, ovviamente, ci possono essere strumentalizzazioni: talvolta la privacy è l’ostaggio del cattivo pagatore che vuole far dimenticare la sua dolosa propensione a coltivare colpevoli morosità; talaltra volta un esasperata forzatura dell’esigenza di proteggere il sistema del credito è il velo per un maltrattamento di dati personali, anche sensibili o per una pesca a strascico di informazioni utilizzate per tutt’altro.
Danno da mobbing da provare. Infatti è onere del lavoratore dimostrare di aver subìto continui atti vessatori da parte del datore di lavoro, tali da ledere la sua dignità umana e professionale, al fine di spingerlo a presentare le dimissioni. Al riguardo, la prova dell’elemento intenzionale e vessatorio del datore di lavoro deve essere fornita dal lavoratore, anche sulla base di presunzioni, purché queste siano gravi, precise e concordanti. Dunque, per rivendicare danni da mobbing a nulla rilevano le semplici affermazioni del lavoratore. A stabilirlo è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 22928, con cui i giudici della Suprema corte si sono espressi in merito a un presunto caso di mobbing subìto da una lavoratrice.
- Ventitré morti in tre weekend “Basta stragi, più controlli”
Il più grande ha 40 anni, il più giovane 15: la maggior parte tra i 20 e i 24 anni, tutti ritornavano da una serata passata in un locale. Soltanto negli ultimi tre fine settimana, sono 23 i giovani morti in incidenti stradali, le auto in cui viaggiavano spezzate in due, o accartocciate contro un guardrail; alta velocità nonostante la pioggia, conducenti ubriachi o passeggeri senza cinture di sicurezza le circostanze che fanno aumentare il numero delle vittime. Numeri che fanno dire all’Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale che è tornata l’emergenza delle stragi del sabato sera, fenomeno che si sta anche «pericolosamente estendendo al Sud», a causa di «condizioni di controllo che si abbassano, soprattutto per alcol e stupefacenti». Una conferma arriva dai dati della Polizia Stradale, secondo i quali nei fine settimana dall’1 gennaio al 30 settembre 2019 ci sono stati 566 incidenti mortali con 620 vittime, 194 delle quali avevano meno di 30 anni d’età. Nello stesso periodo del 2018 i morti erano stati 588. A causare gli incidenti, nel 35,5 per cento dei casi, è la perdita di controllo dell’auto da parte del conducente e, visto che la maggior parte degli schianti mortali (175, con 203 vittime) si verifica tra le 22 e le 6 del mattino, ipotizzare che chi guidava non era nelle condizioni ideali è consequenziale. Le caratteristiche degli incidenti hanno più volte portato la Polizia stradale a sottolineare che i controlli e la repressione possono davvero poco di fronte a una cultura che ancora non ha assimilato quale pericolo si corre a non usare le cinture di sicurezza o guidare ubriachi. I dati dicono però che i controlli con etilometro sono stati il 2,4 per cento in meno rispetto all’anno scorso e le pattuglie impiegate nel 2019 sono lo 0,1 per cento in meno del 2018, (352.710 contro 352.998).
L’Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli mostra il forte impatto sui costi previdenziali nel lungo termine di questi due fattori. Anche perché le ipotesi su produttività e occupazione della Ragioneria non sono realistiche
L’esercito silenzioso dei caregivers, uomini e donne che assistono un familiare bisognoso di cure o non autosufficiente, ammonta in Europa a 100 milioni di volontari, secondo i calcoli dell’Osservatorio del diritti, onlus sui diritti umani. In Italia superano i 7 milioni, nelle stime Istat: per oltre 2 milioni l’impegno assistenziale è quotidiano e in ogni caso va oltre le 20 ore settimanali. Si tratta di cittadini senza diritti né stipendio. Dopolalavoristi, loro malgrado, perché in tanti affiancano questa attività al lavoro principale.
Con l’acquisizione di Apulia Vita la compagnia si espande anche nel canale della bancassurance
L’obiettivo di Alberto Di Tanno, fondatore e presidente dl Nobis Assicurazioni, è molto ambizioso: raddoppiare l’attuale raccolta premi, intorno ai 250milioni, portandola a 500. E scalando cosi la classifica delle compagnie Italiane, che ora la vede al venticinqueslmo post. «Potremmo salire dl due o tre posti», spiega Di Tanno. E davvero un caso quello di Nobis, compagnia nata da un progetto automotive nei 2008 ma con una capacità dimostrata sul campo di crescere e di fare notevoli salti dimensionali in una manciata di anni. Anche con acquisizioni finanziate con aumenti di capitale.
- Quota 100, meno spesa per evitare nuove tasse
L’ultima incognita sulla strada della manovra è il destino di Quota 100, il meccanismo che consente la pensione a chi ha 38 anni di contributi e almeno 62 anni di età. Italia Viva, il partito di Matteo Renzi, si oppone infatti all’aumento di alcune tasse previsto nell’impianto della manovra e sostiene che, piuttosto, sia meglio tagliare i fondi per l’uscita previdenziale anticipata. La stessa posizione sta emergendo nel Movimento 5 Stelle, anch’esso restio ad un aumento delle tasse. Si fa strada, così, l’ipotesi di un compromesso: un taglio parziale dei fondi riservati a Quota 100 per evitare l’aumento della pressione fiscale. Per limitare le uscite di Quota 100, e quindi risparmiare sulla spesa (si parla di 600 milioni di euro) si ipotizzano “finestre” di uscita limitate, e spostate in avanti nel tempo.
- Lo schianto dopo la disco, 4 morti. In auto senza cinture di sicurezza
Per quattro ragazzi le luci e l’allegria di una notte in discoteca si sono spente di colpo ad uno svincolo sotto l’Etna nel violento impatto fra una Seat Leon e uno spartitraffico che ha spezzato in due l’auto lasciando salvo per miracolo soltanto l’uomo alla guida, Giuseppe Cusimano, 40 anni, fratture ovunque, sedato al Cannizzaro di Catania dove ai medici sussurra in pena: «Non so cos’è successo, ho perso il controllo della macchina…». Ma deve averlo perso per la velocità o per un colpo di sonno alle 4.30 del mattino, nel rientro verso Adrano, sulle pendici dell’Etna, dopo balli e bevute fra i giardini e le piste del Banaker, l’affollatissima discoteca di Acicastello, la più gettonata fra Catania e Taormina. Tutti morti nello schianto avvenuto sulla rampa nella zona industriale di Belpasso, con l’automobile che viene letteralmente spezzata in due facendo schizzare ruote, sportelli, fari e corpi. Uno scenario spettrale dove forse poco conta che le cinture di sicurezze fossero sganciate. In attesa degli esami alcolici su Cusimano, indagato per omicidio stradale, si ricostruisce la dinamica di un’altra strage che lascia cinque famiglie nella disperazione.
- Il dramma al volante per un colpo di sonno
Un ragazzo di 22 anni è morto l’altra notte in via Casilina, alla periferia di Roma, all’altezza del civico 1797, in zona Borghesiana, alla periferia di Roma. Viaggiava da solo a bordo della sua auto, una Smart. Tra le ipotesi della polizia locale, il giovane potrebbe aver avuto un colpo di sonno mentre viaggiava ad alta velocità e senza cintura di sicurezza. Nell’incidente non sono stati coinvolti altri veicoli, e la vittima non è stata sbalzata fuori dall’abitacolo al momento dell’impatto: ha perso il controllo intorno alle 5 del mattino della notte tra sabato e domenica e si è schiantato uscendo di strada. Secondo i dati forniti da Polizia e Carabinieri, le multe per guida senza la cintura da gennaio a settembre di quest’anno sono aumentate del 10 per cento: sono state 82.840 in nove mesi.
Se avete imparato a conoscere le Fintech, adesso c’è da scoprire il mondo Insurtech. Quel matrimonio tra compagnie assicurative di tutto il mondo e giovani startup, promosso dalla rivoluzione digitale. Alla festa del business partecipano anche (meglio, si autoinvitano) i Tech-giants come Amazon, Google, Facebook, Alibaba che hanno già annusato l’affare.
A scattare una fotografia della situazione attuale ci hanno pensato Everis, società che offre alle aziende clienti i servizi di outsourcing e applicazioni tecnologiche e la capogruppo Ntt Data. Giunto alla terza edizione l’Insurtech outlook 2019 regista numeri di crescita impressionanti. Nel periodo 2016-18 gli investimenti in startup attive nel campo delle assicurazioni hanno toccato quota 11,2 miliardi di dollari. Più del doppio di quanto raccolto (5,5 miliardi) nei cinque anni precedenti, a partire dal 2010. Quali sono i settori maggiormente finanziati, quindi considerati a più alto potenziale di crescita? Sicuramente il comparto salute che nel triennio ha raccolto 3,5 miliardi (più 153%) seguito dal business con le nuove nicchie di mercato come i processi di pagamento da assicurare (2,7 miliardi) e poi l’automobile (1,5 miliardi) seguita da casa e ramo vita (0,8 miliardi ciascuno).
- Pensioni e quota 100. La nuova flessibilità
Sacchi (Inapp): è una misura sbagliata ma è meglio aspettare la sua fine naturale nel 2021. Sarebbe opportuno progettare al più presto un ammorbidimento dello scalone che si andrà a realizzare nel 20210 e 2022.
- L’Italia dei reati: Milano resta prima, Firenze in forte rialzo