di Fabrizio Vedana
I prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale e di servizi di portafoglio digitale saranno obbligati a adempiere gli obblighi antiriciclaggio. Lo prevede il dlgs 125/2019 che recepisce la V direttiva antiriciclaggio (si veda ItaliaOggi di ieri), in vigore dall’11 novembre 2019. Esso prevede, tra l’altro, l’ampliamento della platea dei destinatari degli obblighi antiriciclaggio. Per meglio comprendere i motivi della scelta, occorre considerare l’emergere di nuove tendenze, evidenziate da alcuni attentati terroristici e dagli studi effettuati da varie autorità, sia a livello internazionale e che nazionale, riguardo alle modalità con cui i gruppi terroristici finanziano e svolgono le proprie operazioni anche mediante il ricorso a sistemi finanziari alternativi. Per questo motivo il legislatore europeo, e ora quello italiano con il dlgs 125, ha ritenuto necessario estendere agli operatori in valuta virtuale gli adempimenti antiriciclaggio posti da tempo a carico di banche, intermediari e professionisti. La nuova normativa, estendendo gli obblighi antiriciclaggio ai prestatori di servizi la cui attività consiste nella fornitura di servizi di cambio tra le valute virtuali e le valute aventi corso legale (cosiddetti exchanger) e i prestatori di servizi di portafoglio digitale (cosiddetti custodial wallet), ha anche dato cittadinanza giuridica ed economica al fenomeno delle criptovalute provandone a dare una prima regolamentazione almeno sul piano del contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Il dlgs 125 li ha inclusi tra i soggetti obbligati, muovendo dal presupposto che, non essendo ad oggi chiamati a individuare e segnalare le attività sospette, potrebbero consentire il potenziale uso improprio per scopi criminali dei servizi da loro erogati, con la conseguenza che i gruppi terroristici potrebbero essere in grado di trasferire il denaro verso il sistema finanziario dell’Ue o all’interno delle reti delle valute virtuali dissimulando i trasferimenti o beneficiando di un certo livello di anonimato che queste piattaforme offrono. Sul punto, nella nuova normativa (in primis europea) viene evidenziato che l’inclusione dei prestatori dei servizi sopra elencati non risolverebbe completamente il problema dell’anonimato delle operazioni in valuta virtuale, dato che gli utenti potrebbero comunque effettuare tali operazioni anche senza ricorrere a tali soggetti. A tal proposito, una soluzione per contrastare i rischi legati all’anonimato è individuata nella previsione di misure specifiche in tema di trasparenza, che possano consentire alle Unità nazionali di informazione finanziaria (Uif) di ottenere informazioni per associare gli indirizzi della valuta virtuale all’identità del suo proprietario. Con riguardo alle nuove categorie di soggetti obbligati si evidenzia, peraltro, che in Italia, già con il recepimento della quarta direttiva avvenuto con il dlgs 72/2017, erano stati inseriti gli obblighi di adeguata verifica della clientela a carico dei prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valuta virtuale ma limitatamente allo svolgimento dell’attività di conversione di valute virtuali da ovvero in valute aventi corso forzoso. Con il dlgs 125 tale obbligo viene esteso a entrambe le categorie e se ne prevede l’iscrizione in una sezione speciale del registro dei cambia valute presso l’Organismo degli agenti e mediatori (Oam).
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