Istanza di ristoro in 3 anni dalla conoscenza del danno
di Dario Ferrara

Il decreto Lorenzin ha riconosciuto la tutela dell’indennizzo a tutti i danneggiati da vaccinazione antipoliomelitica non obbligatoria. E quindi per opporre all’autorità sanitaria il diritto al ristoro la domanda deve essere presentata entro tre anni da quando l’avente diritto ha assunto conoscenza del danno: il termine di decadenza, dunque, decorre dal momento in cui il paziente diventa consapevole di essere afflitto da una malattia che per nesso causale può essere ricondotta alla somministrazione del vaccino. È quanto emerge dalla sentenza 27101/18, pubblicata il 25 ottobre dalla sezione lavoro della Cassazione.

Norma in bianco. Bocciato il ricorso del ministero della Salute: corretta la condanna a pagare anche se la motivazione della Corte d’appello va corretta in base allo norma sopravvenuta rappresentata dal decreto vaccini nel senso che il diritto all’indennizzo va riconosciuto in base a una lettura costituzionalmente orientata dell’articolo 1, comma primo, della legge 210/92, tenuto conto dell’articolo 5 quater del decreto legge 73/2013, convertito dalla legge 119/17, con applicazione del termine triennale per la proposizione della domanda, previsto dall’articolo 3, comma primo, della legge 210/92. In soldoni: fino al 2017 la vaccinazione antipoliomielitica non obbligatoria la tutela indennitaria è stata fondata su una norma in bianco come la legge 210/92, il cui ambito soggettivo di beneficiari derivava esclusivamente da una norma, espunta dall’ordinamento per abrogazione, ma della quale era sopravvissuto nel tempo il periodo di vigenza.
Interesse collettivo. Ora, dopo gli interventi del giudice delle leggi e l’avvento del decreto Lorenzin, una tutela indennitaria limitata nel tempo per i soli danneggiati da vaccinazione antipoliomelite non obbligatoria risulta irragionevole rispetto alla tutela accordata alle altre vittime di vaccinazioni obbligatorie ma raccomandate. D’altronde la scelta di aderire ai consigli delle autorità sanitarie è votata anche a salvaguardare l’interesse pubblico: è dunque legittimo che sia la collettività a farsi carico dei danni.

Solidarietà sociale. Pesano sulla decisione della Suprema corte sia la sentenza costituzionale 268/17 sia le campagne di comunicazione del ministero della Salute che invitano i cittadini a vaccinarsi. Il diritto all’indennizzo non deriva dal fatto che la persona poi rimasta danneggiata si sia sottoposta a un trattamento obbligatorio in quanto tale ma scaturisce da esigenze di solidarietà sociale: negare il ristoro economico solo perché il vaccino che ha causato la malattia è soltanto raccomandato si risolve in una violazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione. In effetti disporre l’obbligo di somministrazione è soltanto uno degli strumenti a disposizione delle autorità sanitarie pubbliche per tutelare la salute collettiva. E non c’è differenza qualitativa con la semplice raccomandazione. Le spese di giudizio sono compensate integralmente perché il decreto Lorenzin è stato approvato a causa in corso.
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