Secondo Accenture, le opportunità offerte dall’evoluzione digitale per le compagnie assicurative mondiali possono creare 375 miliardi $ di ulteriori ricavi. La parola ai protagonisti del settore
di Anna Messia
Le opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica e dallo sviluppo del mondo digitale potrebbero creare per le compagnie assicurative mondiali circa 375 miliardi di dollari di nuove fonti di ricavo e anche per le italiane la fetta della torta è golosa: vale circa 20 miliardi di dollari, più di 17 miliardi di euro. In pratica, in questo nuovo contesto di mercato, secondo le stime di Accenture, chi saprà muoversi per primo nella giusta direzione ha davanti a sé la possibilità di creare velocemente volumi che corrispondono ai premi di una compagnia italiana medio grande.
Un’opportunità imperdibile anche se trovare le mosse giuste da fare non sarà facile e lo scenario che si prospetta non appare privo di pericoli. Un interrogativo preoccupante è già sul tavolo: le nuove tecnologie consentono di creare prodotti sempre più su misura e di limitare e conoscere con sempre maggiore precisione i rischi dei proprio clienti. Basti pensare alle scatole nere o ai sistemi che consento di verificare lo stato di salute e le abitudini degli assicurati. Oppure ai nuovi strumenti per la domotica che prevedono un pronto intervento in caso di incendio o di una perdita di gas nell’abitazione. Al punto che c’è chi inizia a domandarsi se questi strumenti non siano destinati a minare il principio della mutualità e della condivisione del rischio che è alla base del mercato assicurativo.
Temi che restano sullo sfondo, emersi durante l’Insurance Day organizzato al Centro Congressi Cariplo di Milano giovedì 4 ottobre da MF-Milano Finanza in collaborazione con Accenture. Ma nell’immediato le occasioni di crescita non sembrano mancare, in Italia più che in altri Paesi. «Il trend dei primi mesi del 2018 è tornato ad essere positivo», ha detto Daniele Presutti, senior management director, Insurance Lead per l’Europa di Accenture, aggiungendo che «il return on equity, il roe, del ramo Danni in Italia è dell’11%, circa il doppio degli altri Paesi europei e il combined ratio è di circa il 91%, decisamente migliore del 95% medio del resto d’Europa».
Ma per continuare a crescere anche in futuro bisogna adattarsi ad un mercato che sta profondamente cambiando le sue regole, con i clienti che cercano nelle assicurazioni nuove esperienza di consumo, mutuandole anche da altri settori. «Bisogna seguire dei modelli virtuosi», ha aggiunto Presutti, creando per esempio «una struttura di costi e servizi sempre più flessibile, ma anche aprendosi a culture e opinioni diverse».
Cambiamenti tecnologici che implicheranno necessariamente anche riorganizzazioni della forza lavoro. «Man mano che utilizziamo nuove tecnologie alcune delle figure professionali presenti oggi spariranno e abbiamo calcolato che nel giro di due-tre anni il lavoro svolto oggi da circa 150-200 non sarà più necessario», ha dichiarato Alberto Minali, da 15 mesi al timone di Cattolica Assicurazioni come amministratore delegato. Rivoluzioni profonde che «ci richiedono di muoverci in tempo per riconvertire queste figure professionali», ha aggiunto Minali, e qualcosa sta già iniziando a muoversi. Un cambiamento in atto in tutta l’industria è per esempio l’evoluzione degli attuari verso la specializzazione di data scientist, perché l’analisi dei dati e delle informazioni sarà fondamentale per il successo del settore.
«Spesso le compagnie non sono ancora in grado di usare i tanti dati di cui dispongono» ha spiegato Minali, aggiungendo di non essere tanto preoccupato dalla concorrenza di operatori come l’Insurtech americana Lemonade, che offre polizze in tempo reale, quanto piuttosto da quella di potenziali concorrenti come Amazon e Google, che hanno fatto dell’elaborazione dei dati la propria forza, entrando in settori come quello farmaceutico. «Nel comparto assicurativo c’è una forte regolamentazione e questo crea barriere all’ingresso di nuove imprese ma questo non ci mette in sicurezza», ha concluso il manager.
A spingere forte sull’innovazione tecnologica è anche Unipol che al suo interno ha creato società come Alfa Evolution, centro di competenza telematica delle compagnie del gruppo e Leithà, che si occupa proprio della gestione dei dati. «La trasformazione tecnologica è stata al centro del piano industriale che si conclude quest’anno e sarà anche il perno del nuovo business plan», ha anticipato Matteo Laterza, direttore generale di UnipolSai Assicurazioni. A spingere il cambiamento sono le società Insurtech che stanno contribuendo al processo di digitalizzazione del settore assicurativo, ha aggiunto il manager, spiegando che l’evoluzione è verso «un’offerta sempre più personalizzata cui si aggiunge la richiesta di un’immediatezza della relazione».
In Generali Italia hanno addirittura creato una società dedicata all’innovazione, Jeniot, guidata dall’amministratore delegato, Francesco Bardelli. Un polo tecnologico che prevede un investimento di circa 100 milioni, con l’obiettivo di avere un cliente su cinque connesso entro il 2020. «Abbiamo creato un’unità di advenced Analytics per gestire internamente il processo di elaborazione dei dati», ha spiegato il manager di Generali Italia che negli anni passati ha anche guidato il processo di semplificazione della compagnia. «Non vogliamo solo mettere tecnologia nei prodotti assicurativi ma siamo pronti ad aprirci a nuovi modelli di business, integrandoli con altri player di altri settori, come utilities, telco o società automobilistiche».
Anche in Poste Italiane , dove il piano industriale Deliver 2022 prevede una forte spinta sul l’assicurazione Danni, con il debutto nella Rc auto, sono pronti al cambiamento tecnologico ma consapevoli che in Italia il ruolo dei consulenti e delle reti di vendita resta fondamentale. «In Uk le compagnie dirette sono arrivate a gestire il 70% del mercato auto», ha dichiarato Maurizio Cappiello, amministratore delegato di Poste Assicura e direttore generale di Poste Vita «mentre in Italia sono ferme alla soglia del 10% perché gli italiani hanno bisogno di parlare con qualcuno». Ma c’è necessità di spingere sulla tecnologia per rendere più rapide e veloci le operazioni di preventivazione o di vendita, ha aggiunto il manager, dicendosi convinto che, almeno per ora, Amazon e Google, non sono una minaccia per gli assicuratori della Penisola, perché «il mercato italiano sarebbe complicato per loro».
Anche in Intesa Sanpaolo non hanno fatto mistero di voler diventare la prima assicurazioni Danni Italia, dopo la leadership già conquistata nel ramo Vita. Anche se la sfida non è facile. «Sempre più beni e servizi hanno costi di produzione in calo e questo significa premi e margini in costante riduzione, con conseguente spinta alla concentrazione, all’innovazione di processo obbligatoria e alla ricerca estrema di efficienza», ha dichiarato Massimo Camusso, ceo di Intesa Sanpaolo Life Ireland, aggiungendo che «le coperture sanitarie, per esempio, sono arrivate a superare il concetto del semplice indennizzo, per includere anche la prevenzione ed i servizi, elementi che in qualche modo superano anche la normativa che regola oggi il settore assicurativo».
Quanto le compagnie siano però ancora lontane da un’analisi efficiente lo dimostra il caso delle polizze dormienti (grazie all’Ivass sono stati restituiti 3,5 miliardi), ha dichiarato Alberto Vacca, chief business & Investment officer di Aviva. E in effetti si trattava di enormi cifre bloccate, che le compagnie non avevano alcun interesse a tenere li (visto che il loro destino era di andare ad alimentare il fondo per le truffe finanziarie). Aviva non vuole essere solo acquirente di tecnologia ma sta investendo direttamente risorse importanti in start up innovative, ha aggiunto Vacca.
Intanto, anche in Italia, non mancano progetti innovativi, come il broker Yolo, guidata da Gianluca De Cobelli, o la start up Insurtech Neosurance, con Pietro Menghi alla guida, che puntano a offrire polizze istantanee sullo smartphone, a fare della protezione un’esperienza quotidiana di vita contribuendo anche a ridurre il gap di storica sottoassicurazione degli italiani rispetto agli altri europei, senza porsi come alternativa ai canali tradizionali degli agenti o delle banche, ma in maniera complementare. La confidenza con il web e con le nuove tecnologie, intanto continua a crescere tra gli italiani. «Il peso dei comparatori sul nuovo business aumenta in maniera costante», ha sottolineato l’amministratore delegato di Facile.it, Mauro Giacobbe, «anche se si limita per ora all’Rc Auto, ma chi prova anche gli altri rami assicurativi resta soddisfatto e non torna indietro». (riproduzione riservata)
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