Il matrimonio per Fca è in alto mare, mentre i profitti di PartnerRe sono in contrazione. Per cui la redditività della holding, su cui prospera la folta famiglia Agnelli-Elkann, pare meno granitica
di Vincenzo Beltrani
Per ora è soltanto un piccolo indizio. E, si sa, uno solo non fa una prova. Ma la deludente performance di Ferrari negli ultimi mesi, unitamente ai panni sporchi lavati in pubblico a beneficio delle telecamere e media da parte dell’alta dirigenza della casa di Maranello (l’arrivo di Louis Camilleri come ceo è un tentativo per riportare un po’ di ordine nella scuderia), hanno riaperto la domanda che analisti e media specializzati si erano posti all’indomani della scomparsa di Sergio Marchionne: riuscirà il valido ma pur sempre giovane John Elkann a pilotare Exor senza più il prezioso amico e alleato al suo fianco?
Oppure inevitabilmente le complesse dinamiche famigliari rispecchiate nella delicata governance del gruppo olandese faranno nuovamente capolino dopo anni di granitico silenzio da parte dei membri della famiglia? La risposta, inevitabilmente, si chiama pay out: ovvero, fino a quando le partecipazioni di Exor garantiranno un copioso flusso di dividendi alla Giovanni Agnelli BV (la holding anch’essa di diritto olandese e cassaforte a monte dell’impero, ex Giovanni Agnelli Sapaz) non ci dovrebbero essere frizioni all’interno della gran tribù dei discendenti della blasonata casata torinese, che a oggi conta oltre 100 membri.
Fino ad oggi la strategia del tandem Marchionne-Elkann è stata quella di addormentare qualsiasi forma di narrazione pubblica sulle vicende famigliari. I presunti dissidi tra Elkann e l’abile e ambizioso presidente della Juventus , Andrea Agnelli, sono stati messi prontamente a tacere da svariate dichiarazioni congiunte degli interessati. Anche perché è bene ricordare che John Elkann è tuttora numericamente il capo indiscusso della dinastia: la Dicembre, che rappresenta gli interessi degli eredi diretti dell’Avvocato, detiene il 36,38% degli interessi della Giovanni Agnelli Bv, mentre per gli eredi di Umberto Agnelli la quota di possesso è dell’11,35%. Limitandosi ai soli due principali rami famigliari.
La politica di appeasement famigliare quindi ha fin qui funzionato egregiamente. Ma il quadro potrebbe complicarsi. La scelta di Elkann, perfettamente condivisa in questi anni da Marchionne, è stata infatti quella di fare di Exor una holding light con partecipazioni nel segmento della riassicurazione (PartnerRe) e in quello editoriale (Gedi ) che, ottimamente condotte dal management interno, potessero dare soddisfacenti ritorni economici anticiclici sostanzialmente stabili e lustro alla casata. Una linea in piena continuità con la tradizione degli Agnelli. Ma prima della tragica malattia e scomparsa di Marchionne, i media (soprattutto anglosassoni) già mettevano in evidenza come il manager abruzzese una svolta smessi i panni di ceo di Fca avrebbe dovuto indossare prontamente quelli di consigliere in Exor , per venire coinvolto nelle scelte decisionali riguardo ai futuri investimenti. E questo rende oggettivamente Elkann ancora più solo davanti alle scelte decisive per il futuro della holding di famiglia.
Naufragata la sperata fusione tra Fca e GM con la porta chiusa ancora questa estate in faccia a Mike Manley (successore di Marchionne in Fca ) e una nebulosa ipotesi di merger con la coreana Hyundai o con Ford, non c’è neppure molto da consolarsi con quelle partecipazioni che sembravano la ricetta per profitti certi e costanti.
PartnerRe, società di riassicurazioni domiciliata alle Bermuda nonché unica partecipazione posseduta al 100% da Exor , costata 7 miliardi di dollari, si trova alle prese con una drastica diminuzione degli utili apportati alla holding, pari alla fine del primo semestre 2018 a soli 5,7 milioni contro i 2012,5 milioni del corrispondente periodo del 2017. E complessivamente gli utili affluiti in Exor dalle partecipate alla fine del primo semestre 2018 pur essendo ancora notevolmente consistenti (772 milioni di euro) sebbene in leggero calo tendenziale (-9,4%) sono dovuti in larga parte all’apporto di Fca per 509,8 milioni di euro.
Considerato che la casa automobilistica di Detroit è destinata a lasciare il gruppo, sancendo così lo storico sganciamento della famiglia Agnelli dall’auto dopo 119 anni, il volto di Exor cambierà inevitabilmente, perdendo quegli ultimi connotati di pesantezza industriale e avviandosi verso una maggiore libertà nell’interpretare il suo autentico ruolo: quello di una holding la cui principale missione è tutelare gli interessi della famiglia Agnelli. Anzi, della tribù.
Riuscirà Elkann in questo compito difficile? «It’s time to his to show what he has», ha detto Luca Montezemolo di lui ai media internazionali a ridosso della scomparsa di Marchionne. Che in italiano suona: deve mostrare quello che sa fare, aggiungendo che, senza il manager italo-canadese al suo fianco, «sarà gioco forza per lui essere in prima linea». Contando ovviamente che anche lo Stato Maggiore famigliare lo sostenga come ha fatto finora nelle sue battaglie più importanti. (riproduzione riservata)
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