Di Roberta Castellarin e Paola Valentini
A caccia delle migliori sgr e dei migliori gestori sull’Italia e sull’Europa. L’azionario del vecchio continente è infatti in cima alle scelte di portafoglio di gestori e analisti per questa ultima parte del 2017. Dati macroeconomici in miglioramento e una politica monetaria che resta favorevole stanno sostenendo le borse di quest’area. E anche l’euro più forte rispetto a qualche mese fa, anche se nell’ultimo periodo ha stornato un po’, non sembra mettere a rischio i conti delle aziende che hanno imparato ad assorbire i contraccolpi delle valute.
Quali sono le società di gestione che hanno permesso ai loro clienti di approfittare meglio di questo rally, grazie a team di eccellenza? E chi è invece in fondo alla classifica? Una differenza non da poco visto che la distanza tra primi e ultimi può essere vicina ai 40 punti percentuali. Nella classifica a un anno i migliori fondi Europa sono Atlante, Main First, Invesco e AcomeA, mentre i peggiori in termini di performance sono stati Ubs Lux, Ubp e Morgan Stanley. (vedere tabella a pagina 10). Sull’azionario Italia, sempre a un anno, brillano invece ancora AcomeA, Azimut , Albemarle, Atlante e Zenit con rendimenti anche superiori al 60%, mentre soffrono Pioneer, del team con a capo Roberto Campani, Fidelity di Alberto Chiandetti e Nextam del team guidato da Nicola Ricolfi, tutti sotto il 30% di performance a fronte di un Ftse Mib che in 12 mesi ha guadagnato poco meno del 40% (vedere tabella a pagina 9).
Scegliere le case che hanno saputo reclutare i gestori più brillanti fa la differenza, eccome. E in testa tra le migliori per investire sull’equity in Europa negli ultimi tre anni, grazie all’abilità e alla strategia dei loro gestori, ci sono boutique di nicchia come Comgest e Fidecum insieme a Schroders, Jupiter, Wellington e Main First. L’elaborazione è della società di analisi inglese Citywire, che ha identificato le società di gestione con il miglior track record nell’asset class delle azioni europee. Ma non solo, ha individuato anche i migliori gestori perché i ranking di Citywire sono basati sul total return a tre anni di ciascun money manager, calcolato attraverso la performance mensile cumulata dei comparti gestiti. Nel caso in cui un money manager segua due o più fondi nello stesso settore, viene considerata la media dei total return dei fondi gestiti. Mentre se ci sono interruzioni di carriera, quando un gestore ritorna a gestire un fondo nello stesso settore, per l’intervallo di tempo in cui non è stato attivo, viene considerata la media del total return dei colleghi del settore considerato.
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L’inizio del periodo di gestione deve essere antecedente o coincidente con l’inizio del periodo considerato e il gestore deve seguire il fondo per tutta la durata dello stesso periodo. I co-manager sono considerati parimenti responsabili della performance del fondo e conseguentemente il total return è attribuito a ciascuno di essi singolarmente. Il numero complessivo di gestori analizzati da Citywire nell’azionario Europa è di 180, il loro total return medio è stato del 19,8% a tre anni (dati calcolati a fine agosto) e quelli con il total return sotto la media sono un centinaio. I migliori hanno ottenuto un total return più del doppio della media.
Ecco allora i nomi individuati da Citywire. Al primo posto spicca la coppia formata da Eva Fornadi e Rebecca Kaddoum che gestiscono il comparto Growth Europe Opportunities, un fondo con masse per 284 milioni della boutique francese Comgest. Il tandem ha registrato un total return a tre anni del 51%. Tra i principali titoli nel portafoglio (che ha a fine agosto deteneva 35 nomi) figurano Wirecard, Ryanair, Sartorius Stedim Biotech , Asml Holding e Lonza Group. «Il titolo Wirecard si è apprezzato decisamente nell’ultimo trimestre, in risposta ai solidi risultati e al miglioramento delle previsioni di business. Wirecard continua a beneficiare della crescita strutturale del mercato dei pagamenti online. Recentemente abbiamo anche costruito una posizione sull’operatore logistico internazionale danese Dsv e abbiamo anche avviato una posizione in B&M, rivenditore al dettaglio britannico», spiegano i gestori del Growth Europe Opportunities. Che, invece, sul fronte dei titoli su cui sono meno positivi segnalano di aver chiuso l’esposizione verso Hikma per via delle pressioni negative sui prezzi negli Stati Uniti che continuano a peggiorare, così come quella in Telit, dopo che ha riportato un utile e uno sviluppo del flusso di cassa debole nel primo semestre dell’anno. Paysafe, invece, è stata venduta in risposta ad un’offerta di acquisto. «Siamo ben posizionati per conseguire di solide performance. Il migliorato scenario economico non è il principale fattore, ma può aiutare. La digitalizzazione, e come questa trasforma le società e i loro ecosistemi, continua a plasmare molte storie di crescita presenti nel portafoglio. Detto ciò, la digitalizzazione crea anche nuove sfide, come minori barriere all’ingresso in certe industrie e nuovi rischi come la violazione dei dati», concludono i money manager di Comgest.
Segue in classifica un altro duo, quello formato da Richard Burkhardt e Anko Beldsnijder del gruppo tedesco Fidecum, società di gestione, come Comgest, indipendente e di nicchia. I due money manager sono responsabili della gestione del fondo Avant-Garde Stock Fund e il loro total return nel triennio è del 44,5% battendo di 25 punti percentuali il benchmark, lo Stoxx Europe 600, che nello stesso periodo ha registrato circa il 19%. A 12 mesi il fondo ha reso più del 24%, il doppio rispetto all’11,8% dell’indice. Da inizio 2017 segna il 17% contro il 5,8% dello Stoxx Europe 600. Beldsnijder fino a fine 2015 lavorava nella sgr tedesca MainFirst, dove è stato 11 anni, e poi ha deciso di passare in Fidecum. Si è trasferito portandosi dietro anche il fondo Avant-Garde Stock (che seguiva dal 2004) insieme al suo co-gestore Richard Burkhardt. I due hanno continuato sotto le nuove insegne di Fidecum a gestire il fondo con lo stesso approccio precedente. Si tratta di una strategia denominata Qgarp (Quality growth at a reasonable price), ovvero una filosofia di investimento che cerca di identificare i leader di mercato nei rispettivi settori, quindi società che mostrano una crescita stabile e sostenibile. Una modalità che porta, ad esempio, spiegano i due gestori a preferire Stm su Infineon , e a non investire su L’Oreal ed Essilor che «sono eccellenti società, ma non rientrano nei nostri parametri per via di prospettive di crescita non brillanti». Per costruire il basket di titoli del fondo Avant-Garde Stock sono presi in considerazione anche fattori legati alla capitalizzazione di mercato, alla volatilità e al momentum del titolo. La strategia punta ad avere il portatoglio totalmente investito in ogni momento, ma a volte ii fondo utilizza anche future sugli indici per ridurre i rischi di mercato. Nell’ultimo aggiornamento del portafoglio del fondo Avant-Garde Stock figurano ai primi posti Asetek, Bam Group, Lufhtansa, Genmab e Glencore. Il comparto ha asset contenuti (18,9 milioni di euro), dimensioni che lasciano ai due gestori stock picker maggiori flessibilità di manovra sui mercati. L’universo di investimento comprende circa 250 società europee che vengono seguite da vicino (i due gestori fanno in media oltre 200 incontri all’anno, oltre ad appoggiarsi ad analisti esterni, circa due o tre specialisti per settore).
Tra i primi della classe anche l’asset manager britannico Jupiter, grazie al lavoro di Alexandre Darwall. Dal gestore dipendono le sorti del fondo European Growth che segue da dieci anni e con il quale ha ottenuto un total return del 42%. È un comparto piuttosto grande dato che ha masse per oltre 2,2 miliardi. Nella top ten del suo portafoglio spiccano Wirecard, Relx, Novo Nordisk, Carnival e Deutsche Boerse .
Mentre Carl Dirk Enderlein, stock picker con total return del 40%, opera nel gruppo Usa Wellington Asset Management dove è approdato nel 2010 dopo aver lasciato Allianz Global Investors. Anche il fondo gestito da Enderlein ha asset attorno ai 2 miliardi e spazia molto tra i settori: tra titoli più rappresentati ci sono Ubs, Legrand, Beckitt Beckinser, Julius Baer ed Heineken.
Subito dopo Enderlein si piazza un altro prodotto di Comgest gestito da Franz Weis che ha ottenuto un rendimento del 40% con il fondo Growth Europe.
Anche Schroders è ai vertici grazie ai money manager Leon Howard-Spink e Paul Griffin, entrambi con total return del 38% relativo al fondo European Special Situation. Secondo la visione di Schroders da qui ai prossimi tre anni gli investitori potrebbero vedere un apprezzamento dell’azionario Europa del 30% rispetto ai livelli attuali. Alla base di questa convinzione, per il gruppo britannico, ci sono due elementi: i tassi di interesse e i margini di profitto. «E negli ultimi mesi la nostra convinzione è cresciuta ulteriormente. Il calo del 7% dei mercati rispetto al picco di maggio rappresenta un punto di ingresso, dal nostro punto di vista», spiega Rory Bateman, a capo dell’azionario europeo di Schroders, «innanzitutto, da un punto di vista macroeconomico, è evidente che l’economia europea sta attraversando un trend di miglioramento e ci aspettiamo che tale tendenza continui. Ciò che è cambiato negli ultimi mesi è che il Trump reflation trade (l’aspettativa, con la vittoria di Trump, di politiche volte a stimolare la domanda e di conseguenti rotazioni di portafoglio da parte degli investitori, ndr) si è esaurito e i rendimenti obbligazionari stanno tornando ai livelli precedenti all’elezione di Trump. Non solo il presidente Usa sta incontrando grandi difficoltà nel far approvare politiche reflazionistiche, ma c’è anche una crescente accettazione del fatto che nel mondo sviluppato l’inflazione salariale semplicemente non stia verificandosi». Secondo Bateman «senza inflazione la Fed e la Bce non hanno incentivi ad alzare troppo i tassi perché ciò bloccherebbe soltanto la ripresa economica in atto».
Un terzetto è invece alla guida del fondo Top European Ideas Fund della sgr tedesca MainFirst. Si tratta di Olgered Eichler, Evy Bellet e Alexandre Dominicus che hanno registrato nel Top European Ideas un total return del 38%. Il comparto ha appena compiuto dieci anni e in questi due lustri ha superato del 70% il benchmark, in una fase non facile per i mercati. «Un’azione è inclusa nel portafoglio del fondo solo se il team di fund manager è convinto che abbia un elevato potenziale di rialzo, in alcuni casi anche oltre il 100%», spiegano da MainFirst. Da inizio anno il fondo (masse per 1,25 miliardi) ha reso il 24,7% contro il 9,9% del suo indice, lo Stoxx Europe 600, e il primo titolo in portafoglio è Unicredit con un peso del 9,48% (dati di fine agosto). E proprio l’Italia risulta la miglior borsa d’Europa di questi nove mesi con il Ftse Mib che segna un rialzo di oltre il 17%, più del doppio rispetto all’indice azionario europeo Stoxx 600 che fa l’8%.
Uno dei più brillanti money manager del mercato azionario italiano è Fausto Artoni di Azimut , che segue il fondo Trend Italia. Comparto che, non a caso figura tra i primi per rendimento a 12 mesi tra gli azionari Italia (dati Fida) con una performance di quasi il 50%. La distanza con i peggiori, come emerge dalla tabella, è elevata dato che il fondo della classifica vede agli ultimi posti società di gestione i cui comparti azionari Italia hanno ottenuto rendimenti attorno al 30%. Tra questi ci sono i prodotti di Nextam, Pioneer (ora nel gruppo Amundi) e Fidelity. Anche nell’azionario Europa i primi a un anno staccano il gruppetto di coda di alcune decine di punti percentuali.
Si trova in questa classifica anche Mainfirst con il fondo Top European Ideas. Fa bene anche Schroders (European Alpha Focus (31%), AcomeA che è presente al top sia tra gli azionari Italia sia nell’equity europeo, come Atlante Funds, la sicav di Albemarle, società di gestione inglese che si piazza ai primi posti, con i due fondi specializzati, nelle due categorie. «Nell’ultimo anno la performance del listino italiano è stata particolarmente positiva anche se a dieci anni, quindi da ottobre 2007, la borsa italiana ha registrato un – 44,4% mentre quella europea -19,3%, con una differenza di circa 25 punti», afferma Artoni. Che ora resta ottimista. «Nel breve termine le prospettive su Piazza Affari sono ancora positive. Nello specifico, le valutazioni più attraenti riguardano l’indice principale Ftse Mib rispetto a quello delle medie capitalizzazioni, quest’ultimo cresciuto grazie anche all’effetto Pir, che ha fatto aumentare in modo considerevole le società quotate medio-piccole», prosegue Artoni. Secondo il gestore all’interno dell’indice, meritano attenzione i titoli industriali tra i quali ad esempio Fca , Cnh , Prysmian . «Restano interessanti anche i titoli bancari, a condizione che la Commissione Europea non penalizzi ulteriormente il settore con norme più stringenti sulla copertura dei futuri npl. Opportunità di investimento sono presenti anche nel settore infrastrutture, utility, autostrade e torri», sintetizza il gestore. Che si sofferma sulle ipo di Piazza Affari, in un anno, il 2017, che ha visto andare in borsa diverse società, da ultima Pirelli che è tornata sul listino proprio nei giorni scorsi. E il merito è anche dei Pir. «In generale, è interessante constatare che su impulso dei Piani individuali di risparmio sta aumentando il numero di imprese decise a intraprendere il processo di quotazione. In questo momento, infatti, grazie ai flussi provenienti dai Pir la borsa offre alle imprese maggiori capitali e migliori valutazioni rispetto anche ai fondi di private equity. Un volano sicuramente favorevole, perché più società quotate significa maggiore attrattività per la nostra borsa, che può spingere il passaggio da un capitalismo famigliare tipico dell’Italia a un capitalismo più evoluto con aziende dotate di una migliore governance e di strategie di lungo periodo», sottolinea il gestore. Che, in questo scenario favorevole per Piazza Affari, segnala una nota dolente. «L’unico elemento di preoccupazione è legato alle elezioni politiche del prossimo anno. Le incertezze sulla legge elettorale e il difficile equilibrio per la formazione di un governo che i sondaggi indicano, potrebbero incidere negativamente sull’andamento della borsa italiana rispetto alle altre borse europee». Ma questa è una storia che sarà tutta da scrivere nel 2018. (riproduzione riservata)
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