Secondo il report Digital Economy Outlook 2017 realizzato dall’Ocse, l’Italia sconta un deciso ritardo nel processo di digitalizzazione. Infatti, il nostro Paese si trova in coda alla classifica dei Paesi avanzati che tiene conto del grado di avanzamento della trasformazione tecnologica.
L’analisi dell’Ocse si concentra sul settore Ict (Information and Communication Technology), considerato il fattore chiave del processo innovativo.
Parliamo infatti di un segmento che a livello globale assorbe la maggior parte della spesa delle imprese in Ricerca e Sviluppo e oltre un terzo delle richieste di brevetto.
Il ritardo italiano riguarda soprattutto gli investimenti, così come l’accesso e l’uso delle tecnologie più avanzate, sia da parte delle imprese che della popolazione. In base ai dati Ocse, le imprese italiane dedicano alla spesa su ricerca e sviluppo solo lo 0,76% del Pil, contro il 2% delle concorrenti tedesche e il 3,6% delle aziende di Israele, che guidano la graduatoria davanti a Corea e Giappone.
Inoltre, le imprese italiane dedicano solamente il 14% della spesa totale alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict), contro il 75% della Cina Taipei, il 53% della Corea, il 45% di Israele e il 35% degli Usa.
L’Italia rimane sotto la media Ocse anche per il numero di aziende in possesso di un sito web: solo il 71% delle imprese italiane nel 2016 aveva una home page (il 69% nel caso delle piccole aziende) contro la media Ocse del 77% e contro valori attorno o superiori al 90% degli altri big occidentali (Finlandia 95% e Germania 89%).
Anche sul fronte dell’occupazione, l’Ict italiano è sotto la media Ocse (2,5% del totale contro il 3% circa), valore che si è mantenuto comunque stabile rispetto al pre-crisi, il che dimostra la resilienza del settore in tempi difficili. L’impatto della recessione si è invece sentito nell’export di servizi Ict, dove la quota italiana è scesa dal 2,54% del totale mondiale del 2008 all’1,9% del 2016.
L’Italia è decisamente a fondo classifica tra i Paesi industrializzati nell’utilizzo di internet: naviga in rete meno del 69% della popolazione contro la media Ocse dell’84%, con percentuali inferiori agli altri Paesi anche tra i più giovani (il 90% tra i 16-24enni contro il 96,5% Ocse) e un divario ancor più evidente nella fascia d’età più avanzata (42% tra i 55-74enni contro il 63% Ocse). Solo Messico, Turchia e Brasile hanno percentuali inferiori.
Il rapporto dell’Ocse non è comunque tenero con i Paesi industrializzati. Il segretario generale Angel Gurria ha infatti sottolineato che “La trasformazione digitale non sta avvenendo allo stesso ritmo nelle aziende e nelle famiglie e questo si traduce in una disparità di opportunità. I Paesi devono aumentare gli sforzi ed investire maggiormente nell’istruzione e nelle competenze e incoraggiare a un maggiore uso delle tecnologie avanzate per rendere la rivoluzione digitale più inclusiva”.