Le tabelle di risarcimento servono alla riparazione delle conseguenze ordinarie, cioè inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe.
Ad avviso della sentenza di legittimità le tabelle di risarcimento possono essere utilizzate per la riparazione delle conseguenze ordinarie, cioè inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe. Il giudice, quindi, può stabilire un importo superiore a quella previsto dalle consuete tabelle solo se precisa le peculiarità del caso in esame, che sono solo quelle legate all’«irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale».
Per tali ragioni è stata cassata con rinvio una sentenza della Corte d’appello di Roma che aveva incrementato gli importi liquidati dal primo giudice in favore di un motociclista e di sua moglie, riconoscendo poste aggiuntive.
La Terza Sezione ha ricordato che la categoria del danno non patrimoniale presenta una natura composita, dal momento che si suddivide in una serie di voci (o aspetti), la cui funzione è meramente descrittiva, quali: a) il danno morale; b) il danno biologico; c) il danno esistenziale. Da un lato occorre tener presenti tali diverse voci in sede di liquidazione (onde rispettare il principio dell’integralità del risarcimento) ma, dall’altro lato, bisogna rispettare il carattere unitario della liquidazione (che deve ritenersi violato quando lo stesso aspetto venga computato più volte sulla base di diverse denominazioni, solo formali).
Nella liquidazione del danno da parte del giudice vanno quindi distinte due fasi: la prima identifica le conseguenze ordinarie che subirebbe normalmente qualsiasi vittima di analoghe lesioni; la seconda individua le eventuali conseguenze peculiari, ovvero quelle che non sono necessariamente sempre presenti, ma che si sono verificate nello specifico caso.
Se le prime vanno necessariamente liquidate con criterio uniforme (con conseguente utilizzo delle tabelle), le seconde necessitano invece di un criterio ad hoc, senza l’utilizzo di alcun automatismo.
Cassazione civile sez. III, 21/09/2017 n. 21939