di Oscar Bodini (MF-DowJones)
In funzione delle dimensioni che la banca ha raggiunto progressivamente, da pochi giorni Credem è stato inserito dalla Bce nel novero dei conglomerati finanziari vigilati. Il direttore generale Nazzareno Gregori ha spiegato che cosa comporterà questo passaggio per l’istituto di credito emiliano.
Domanda. Dalla Bce un riconoscimento che garantisce onori e oneri. Partiamo dai primi.
Risposta. Il nuovo status è il riconoscimento di come il nostro modello stia funzionando; siamo cresciuti nel tempo, diventando un gruppo sempre più strutturato. La trasformazione è iniziata oltre vent’anni fa, quando abbiamo scelto di costruire apposite fabbriche all’interno del gruppo, ad esempio sul fronte assicurativo. La nostra convinzione era ed è che non servano solo le competenze distributive per servire i clienti ma occorra crearsi anche competenze sui prodotti. Riteniamo che il nostro modello debba avere questo posizionamento, anche se sappiamo che comporta costi e una certa complessità.
D. Quali costi dovrete affrontare per rispondere alle richieste che un controllo più stringente dei regolatori comporterà?
R. Stiamo ancora valutando gli oneri del nuovo status, che dal punto di vista operativo non pensiamo sia destinato ad avere un grande impatto. Sarà invece pressoché inevitabile che questa classificazione imponga un maggiore carico di attività informativa. Ci sarà un po’ più di lavoro da svolgere, ma lo riteniamo tranquillamente assorbibile. Anche dal punto di vista patrimoniale crediamo che non ci dovrebbero essere impatti.
D. Qual è stato l’elemento che ha portato la Bce a includere il Credem tra i conglomerati finanziari?
R. Il nostro posizionamento. La Bce analizza quanto avviene nelle banche vigilate e noi sotto la Vigilanza europea eravamo già entrati a gennaio 2016. Analizzando la nostra situazione, a Francoforte hanno visto il ruolo che l’assicurazione Vita ha nel nostro gruppo e hanno pertanto deciso di considerarci un conglomerato finanziario a tutti gli effetti.
D. Il vostro impegno nel mondo assicurativo parte da lontano…
R. In effetti, la prima società di assicurazione l’avevamo costituita quasi 25 anni fa: una partnership stretta assieme a una mutua francese, Azur-Gmf, di cui abbiamo rilevato tutte le quote nel 2008. Oggi presidiamo il ramo Danni con una jv paritetica con Reale Mutua, perché riteniamo che su quel fronte un partner assicurativo possa portarci valore. Al contrario, nel Vita facciamo tutto noi perché possiamo fare leva sulla cultura finanziaria che abbiamo sviluppato negli anni grazie alla nostra matrice finanziaria.
D. In un momento di particolare effervescenza per la bancassicurazione com’è il rapporto con il partner nella joint-venture?
R. Siamo contenti della collaborazione con Reale, un accordo che ci sta dando soddisfazioni.
D. In tempi recenti avete annunciato un progetto che entro metà 2018 dovrebbe portarvi ad assumere 150 giovani. In quali aree della banca verranno inseriti?
R. Abbiamo una strategia improntata alla crescita in termini sia di impieghi sia di raccolta e la politica di assunzioni andrà pertanto di pari passo. Parte di questi giovani verranno inseriti nell’Information Technology, dal momento che la digitalizzazione sta diventando un tema portante. Altri opereranno invece in aree d’interesse come risk management e compliance. In queste attività la crescita è indispensabile perché i regolatori stessi ci inducono a strutturarci in misura adeguata. In più, sono previsti ingressi di esperti e il rafforzamento della consulenza finanziaria.
D. Negli ultimi anni avete quasi sempre privilegiato la crescita per linee interne. La dinamicità del settore bancario potrebbe farvi aprire qualche dossier in ottica m&a?
R. In questa fase la crescita per linee esterne effettuata da molti concorrenti avviene per scelte emergenziali più che industriali. Al contrario, noi proseguiamo nella crescita per linee interne senza tralasciare la possibilità di valutare queste scelte in condizioni più industriali. Ci piacerebbe trovare realtà culturalmente vicine al nostro approccio sul rischio di credito; il che, giocoforza, limita la scelta.
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