di Luca Gualtieri
Sarà una coincidenza ma uno degli ultimi tasselli al nuovo gruppo Banco Bpm è stato posto a un anno esatto dalle assemblee sula fusione. Era il 15 ottobre 2016 quando i soci delle ex Popolare di Milano e Banco Popolare approvarono l’integrazione da cui nacque il terzo gruppo bancario italiano. Ieri il consiglio di amministrazione del nuovo gruppo (assistito dall’advisor Kpmg) ha concesso l’esclusiva di due settimane a Cattolica Assicurazioni per trattare sulla nuova partnership di bancassurance. La decisione, non semplice, arriva dopo una lunga trattativa curata personalmente dai due amministratori delegati Giuseppe Castagna e Alberto Minali che, con il piglio deciso che li caratterizza, hanno trasfuso il massimo impegno nell’operazione.
Fino all’ultimo la gara con il concorrente Covéa è stata un serrato testa a testa. I francesi infatti sono gli storici partner della ex Popolare di Milano di cui è stata socio in Bipiemme Vita, che controlla la compagnia danni Bipiemme Assicurazioni. Ma Cattolica ha avuto comunque una marcia in più e non senza ragione. La cooperativa veronese è recentemente uscita dall’alleanza con la Popolare di Vicenza e vede oggi in bilico quella con la Cassa di risparmio di San Miniato, appena finita nell’orbita del Crèdit Agricole. Restano le partnership con Iccrea e con Ubi, dove però gli spazi di manovra sono ristretti visto che il gruppo lombardo è alleato anche con altre compagnie. Ecco perché un’alleanza con Banco Bpm (non ancora fatta, ma davvero vicina) consentirebbe a Cattolica quel salto di qualità a cui sta tenacemente puntando Minali. Da qualche giorno del resto il mercato è tornato ad apprezzare le potenzialità della compagnia, dopo l’ingresso della Berkshire Hathaway di Warren Buffett nel capitale con una quota del 9%. Si sa che l’oracolo di Omaha non investe mai in modo avventato e, secondo fonti ben informate, a favore dell’ingresso in Cattolica avrebbero giocato diversi fattori: la sottovalutazione del titolo rispetto ai peer, la buona politica di dividendi e soprattutto i margini di crescita del settore danni in Italia. Nonostante il calo delle tariffe negli ultimi anni, la redditività del comparto continua ad aumentare e oggi investire rappresenta decisamente un’opportunità.
Tornando a Banco Bpm , gli effetti econonici dell’operazione dipenderanno comunque dall’esito dell’arbitrato con Unipol . Il gruppo bolognese guidato da Carlo Cimbri ha ricevuto in eredità la quota in Popolare Vita da Fonsai che nel 2007 aveva negoziato l’alleanza con l’allora amministratore delegato del Banco Popolare, Fabio Innocenzi. Il costo del divorzio non è ancora stato fissato e le posizioni sono lontane: se Banco Bpm offre 350 milioni Unipol chiede il doppio, cioé 700 milioni. L’esito della partita risulta insomma ancora troppo incerto per stabilire se ci sarà o meno una plusvalenza come avvenuto qualche mese fa con la cessione di Aletti Gestielle. (riproduzione riservata)
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