Pagine a cura di Bruno Fioretti
Senza tener conto delle quote di Banca d’Italia sottoscritte (circa un miliardo di euro), le Casse di previdenza hanno messo a disposizione delle imprese italiane nell’insieme 6,3 miliardi di euro (6,2 nel 2015). Tradotto: circa lo 0,2% delle loro passività finanziarie, di cui 3,3 miliardi (3,2 nel 2015) sotto forma di strumenti obbligazionari e 3 miliardi (invariato rispetto al 2015) di strumenti azionari. Tuttavia, era il 2016 e ancora il nuovo vantaggio fiscale messo a disposizione dal Governo per incentivare gli investimenti in economia reale non era ancora entrato in vigore. Per il ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan, comunque, gli enti dei professionisti possono fare di più. E anche se il 2017 sembra promettere uno scatto in avanti in questo senso, resta il fatto che nel 2016 gli investimenti domestici si sono ridotti. Secondo l’annuale monitoraggio della Covip, l’anno scorso gli investimenti delle Casse nella nostra economia ammontavano a 32,9 miliardi di euro (il 41,1% delle attività), in diminuzione di 1,7 punti percentuali rispetto al 2015. Di poco superiori gli investimenti non domestici, che si attestavano a 33,1 miliardi (il 41,4% del totale), registrando invece un aumento di 1,7 punti percentuali rispetto al 2015. Passando ai fondi di previdenza complementare, anch’essi chiamati a fare la loro parte nel «Sistema Paese», gli investimenti domestici si attestavano a 39,9 miliardi di euro (32,5% delle attività totali). Mentre quelli non domestici totalizzavano 68,9 miliardi di euro (il 56,2% delle attività). Confrontando i dati con il 2015, si osserva una riduzione della quota di investimenti domestici di circa 2 punti percentuali, in larga parte imputabile ai titoli di Stato (1,5 punti percentuali). È questa la fotografia scattata dalla Covip nella sua recente relazione dal quale emerge che il risparmio previdenziale canalizzato verso Casse e forme pensionistiche complementari ha raggiunto dimensioni ragguardevoli. A fine 2016, il totale complessivo delle risorse si attestava a 231,3 miliardi di euro (il 14,1% del pil), così suddiviso: 80 miliardi di euro appannaggio delle Casse e 151,3 miliardi dei Fondi pensione. La disponibilità di informazioni su questo patrimonio permette di ricostruire la rispettiva propensione all’investimento in attività domestiche (c.d. «Sistema Paese»), tema che riveste notevole importanza nel dibattito corrente.
Il confronto tra Casse e fondi pensione. Osservando la composizione degli investimenti a fine 2016 delle Casse e dei fondi pensione (si veda tabella in pagina) emerge che negli enti previdenziali è ancora rilevante il peso degli investimenti immobiliari (poco meno di un quarto del totale delle attività).
Fra le altre principali attività figurano i titoli di debito (circa il 24%, di cui circa tre quarti costituiti da titoli di Stato), gli Oicvm (circa il 21%) e i titoli di capitale (circa il 10%). Nei fondi pensione, invece, prevalgono i titoli di debito (quasi il 60% del totale delle attività, di cui i tre quarti costituiti da titoli di stato) seguiti dai titoli di capitale (circa il 16%) e dagli Oicvm (circa l’11%). Al contrario, gli investimenti immobiliari costituiscono una componente residuale (meno del 4%) e perlopiù concentrati nei fondi pensione preesistenti.
Quale economia reale. Stando alla fotografia scattata dalla Covip, ci sono i margini di crescita degli investimenti in economia reale.
Da più parti, nel mondo delle Casse, però, si fa notare l’assenza di una strategia complessiva sul tema da parte del Governo ricordando, per esempio, il mai decollato progetto «Social Housing». Era il 2014 e gli enti di previdenza risposero all’appello dell’Esecutivo di partecipare al finanziamento del Fondo investimenti per l’Abitare (Fia) per l’edilizia privata sociale, promosso e gestito da Cassa depositi e prestiti (società per azioni a controllo pubblico).
Oggi, pur in presenza di un nuovo slancio su questa materia, tuttavia, le Casse non sembrano trovare così tante opportunità sulle infrastrutture (porti, autostrade ecc.).
Dunque, ok al vantaggio fiscale (rendimenti esentasse su investimenti fino al 5% del patrimonio) ma manca la bussola. Anche sul sostegno alla piccola e media impresa tutti si trovano d’accordo, ma dove e come sostenerla? Con un fondo gestito da Cassa depositi e prestiti a sostegno delle pmi le cose potrebbero cambiare. Insomma, in assenza di indicazioni, gli enti pensionistici più audaci vanno in ordine sparso.
Le prospettive. Al netto del possibile miglioramento dell’incentivo fiscale (si veda ItaliaOggi del 4/10/2017), nel corso del 2017 si sono già manifestati segnali di maggiore interesse per quanto riguarda il sostegno al «Sistema Paese».
Prima dell’estate la Cassa di previdenza degli avvocati e il Fondo europeo per gli investimenti (Fei) hanno siglato un «accordo destinato da una parte a identificare nuovi approcci comuni nel settore degli investimenti equity in Europa, con particolare attenzione al finanziamento delle pmi e delle mid-caps attraverso investimenti di fondi e, dall’ altra, a discutere, in seminari o tavole rotonde, le questioni relative al finanziamento di pmi e mid-caps in Europa». Mentre la cassa dei dottori commercialisti è pronta a investire il 5% del suo patrimonio in economia reale: fra 350 e 400 milioni di euro.
C’è poi il caso di Arpinge, la società di investimento in infrastrutture con vocazione all’industria e al cantiere costituita a fine 2013 dalle Casse di previdenza di geometri (Cipag), periti industriali (Eppi) e architetti e ingegneri (Inarcassa) che ha chiuso il 2016 con nove iniziative di investimento approvate nei primi tre anni di attività, impieghi per oltre 70 milioni di euro ripartiti tra progetti di efficientamento energetico, energie pulite e parcheggi.
© Riproduzione riservata
Fonte: